Selfie & Told: Mercalli racconta l’album “Una casa stregata”

“Io ti chiedo come stai/ tu mi chiedi come sto/ ma stiamo male e si vede/ Tu mi chiedi di mia madre/ io ti chiedo del tuo cane/ che è scappato un anno fa/ Dove lavori adesso?/ […]” ‒ “Ciclisti”

Mercalli

A volte la nascita di un gruppo è solo questione di selezione naturale, di adeguamento, di evoluzione delle cose. In realtà tutto sembra scritto nella storia dei Mercalli, al secolo (ma anche al secolo scorso) Igor Grassi, Fortunato Sebastiano ed Enrico Riccio. La loro storia potrebbe essere raccontata come l’incipit di certe barzellette: c’erano un grafico, un enologo e un avvocato. Tutti e tre però con il cuore immerso nella musica.

E quei tre, dopo anni trascorsi a scambiarsi musica e a suonare in posti più o meno improbabili, a sperimentare, ricercare, si ritrovano nel 2013 per dare vita ad un percorso musicale condiviso. Un discorso già tentato in passato, quando c’erano stati degli approcci compositivi d’insieme, che però erano rimasti solo piccole pennellate di idee mai esplose. Le traiettorie della vita di ognuno aveva disegnato percorsi strani, fino a che i tre non si ritrovano una sera, ad una festa tra amici.

E da lì, senza neanche la necessità di mettersi d’accordo, l’inizio di un percorso che ha portato alla nascita di “Una casa stregata”, con l’aiuto del batterista Francesco Margherita, che ha spinto il gruppo fuori dalla sala prove. L’incontro con il produttore Francesco Tedesco della I Make Records, e il contributo di Jonathan Maurano alla batteria hanno fatto il resto.

Ed ora beccatevi la loro auto-intervista per la rubrica Selfie & Told!

 

M.: Una casa stregata è un prodotto corposo, con i suoi undici brani. Ambizioso, prolisso o pretenzioso?

Mercalli: Nulla di tutto ciò. I brani che compongono l’album sono stati composti per avere ognuno una vita propria, ma ci siamo accorti, mentre riascoltavamo le tracce che avevamo già completato, che c’era un filo conduttore tra le canzoni, qualcosa di più di una semplice atmosfera che le legava. E quando accade una cosa del genere, non c’è alcuna possibilità di escludere un brano piuttosto che un altro unicamente in nome della maggiore fluidità e fruibilità del disco. Le undici tracce suonano come se fossero una in dipendenza dell’altra, e toglierne qualcuna dall’album lo avrebbe reso monco.

 

M.: Quindi si tratta di un concept album?

Una casa stregata – Mercalli

Mercalli: Assolutamente no. Un concept nasce con un obiettivo chiaro, con una storia da narrare in modo diffuso in tutte le tracce. È come scrivere un romanzo suddiviso in capitoli. Il nostro invece è un lavoro assimilabile ad un libro di racconti, ognuno con vita propria, anche se poi magari vi si legge all’interno una traccia, un filo conduttore che li unisce. Una casa stregata è questo. E la cosa strana è che queste linee comuni sono emerse solo dopo la composizione dei brani. Potremmo definirlo un concept album “postumo”.

 

M.: Il filo conduttore dei brani sembra chiaramente essere la narrazione di storie d’amore, magari un amore differente rispetto a quello raccontato nelle classiche canzoni pop che abbondano sul tema…

Mercalli: Certamente, ma non solo. Ogni canzone di Una casa stregata si muove in un contesto spaziale ben preciso, dalla camera senza vista sul mare di “Cicilisti” che apre l’album, fino a “La stessa stanza” che lo chiude. C’è la casa stregata di “Un letto stretto per due”, l’ambiente domestico e familiare de “La sedia in bilico”, il mare di “Un posto per nascondersi”, “Comete” e di “Gesti”, ma anche finestre, soprammobili, la scuola, i diversi piani di uno stesso appartamento. Per cui, sì: è facile individuare nell’amore il filo rosso del nostro lavoro, ma per noi il collegamento tra tutte le storie che raccontiamo è costituito dal fatto che ognuna di esse ha un suo ambito esatto, definito, in cui si svolge. Ed in quel preciso ambiente noi la abbiamo spiata e raccontata.

 

M.: In che senso “spiata”? Non raccontate di voi?

Mercalli: Sì e no. È ovvio che quando si scrive si parta da una ispirazione, che a volte può essere anche un episodio autobiografico. Noi per esempio ci siamo ritrovati a volte a scrivere cose in cui si identificava qualcun altro di noi tre. Ci siamo detti: cavolo, questa canzone avrei voluto scriverla io. E questo perché fondamentalmente a noi piace raccontare l’amore degli altri, con le sue gioie e le sue derive e le sue grandi e numerose cadute. E l’osservazione avviene in modo discreto, come spiando da un buco della serratura.

 

M.: Si è compreso il senso anche di una parte del titolo dell’album, la casa. Ma perché stregata?

Mercalli: “Sei una casa stregata” è la frase iniziale di uno dei brani dell’album, “Un letto stretto per due”, forse la canzone in cui ambienti ed oggetti sono più presenti che in qualunque altra. La casa stregata è quella che condiziona la vita di chi ci sta dentro, con i suoi scricchiolii, le crepe sui muri, l’aria che lascia entrare dalle finestre, il caffè del mattino che la sveglia e la rende viva, ma è anche quella “entità” che condiziona le relazioni di chi ci vive dentro. Ecco, quella vita di cui vive la casa di Un letto stretto per due è l’emblema degli ambienti che esploriamo nell’album e ne è diventato il titolo simbolico.

 

M.: Vi infastidisce di più se vi dicono che ricordate la musica cantautorale o se vi accostano alla nuova scena musicale, quella più attuale, anche indie?

Mercalli

Mercalli: Non ci infastidisce né l’una né l’altra cosa. Anzi. L’accostamento a qualcuno o qualcosa, nel nostro caso a uno o più generi differenti, non è mai qualcosa di cui infastidirsi. Diverso sarebbe sentirsi dire che siamo la copia sputata di un artista o che facciamo qualcosa di già sentito e di cui non si avvertiva certo il bisogno. I rimandi ad altri artisti non possono che fare piacere, anche perché è pressoché inevitabile pescare anche nel proprio bagaglio di ascolti e poi magari lasciarsi prendere un po’ la mano quando si scrive una canzone. Qualcuno ha sentito addirittura degli spunti prog in qualche nostro brano, e noi, per quanto ci sforziamo, non riusciamo a capire da dove salti fuori quella suggestione. Questo per rispondere e tornare alla domanda: ben venga essere accostato a qualcuno o essere accostati a qualche genere se questo non inficia l’originalità della nostra proposta.

 

M.: Ma dovendo dare una indicazione sulle reali vostre fonti di ispirazione, in tre nomi, chi indichereste?

Mercalli: Non saremmo capaci di rispondere. Abbiamo sempre ascoltato di tutto. Oddio, non proprio tutto, ma molto. Diciamo che ognuno di noi ha dei riferimenti, ma sarebbe stucchevole stare qui a fare un elenco di chi ci ispira di più e chi meno. È più divertente ascoltare gli altri e sentire quali riferimenti trovano nelle nostre canzoni.  

 

M.: Fatevi una domanda e datevi una risposta.

Mercalli: Può bastare così? Grazie.

 

Sei una casa stregata/ La sera scricchi gli armadi per farmi dormire/ per non farmi russare/ Sei tu che sei tornata?/ O sei tu che ancora fai ghignare le porte?/ La mattina se non faccio il caffè/ tu non ti svegli mai/ […]‒ “Un letto stretto per due”

 

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