“Cézanne. Ritratti di una vita” di Phil Grabsky: il docufilm che prende spunto dalla mostra itinerante Cézanne Portraits
“Nella pittura ci sono due cose: l’occhio e il cervello, ed entrambe devono aiutarsi tra loro”. – Paul Cézanne
Un altro docufilm della Nexo Digital, in collaborazione con Sky Arte, è approdato sul grande schermo. Un nuovo capolavoro per celebrare Paul Cézanne, testimone di un importante innovazione che partecipa al panorama artistico del ‘900.
Cezanne. Ritratti di una vita è film di Phil Grabsky che prende spunto dalla mostra itinerante Cézanne portraits’, la quale ripercorre sia il percorso pittorico dell’artista sia quello di vita.
L’esposizione, che vede l’opera del pittore francese assoluta protagonista, è raccontata con tale dovizia di dettagli da far conoscere, se mai ce ne fosse bisogno, un’icona della pittura moderna quale è stato Cézanne.
Nella mostra, un posto di privilegio è riservato ai ritratti. Numerosi e singolari, occupano un ampio spazio nella produzione di Cézanne.
Fra i 200 realizzati dal pittore francese, nei quali ha immortalato alcune delle persone che hanno fatto parte della sua vita, ne sono stati scelti oltre 50.
In alcuni casi, Cézanne ne ha fissato i volti sulla tela anche più di una volta, perché i personaggi raffigurati hanno condiviso con lui momenti importanti delle sue giornate.
Ma il significato custodito nei volti rappresentati non è di così di immediata fruizione per lo spettatore che non sia un addetto ai lavori. I quadri sono, infatti, da interpretarsi volgendo l’attenzione agli sguardi e all’espressività custodita nei tratti che Cézanne ha impresso ai dipinti. Quindi, una lettura diversa da quella che si potrebbe attribuire ai soggetti, tramite un’occhiata meno attenta e poco profonda.
Accanto ai ritratti anche alcuni autoritratti, circa una trentina; alcuni di questi raffigurano l’artista posto di fronte allo spettatore e mostrano i suoi ‘ferri del mestiere’, ovvero la parte posteriore del cavalletto: escamotage questo, già presente in altri pittori.
Ed è mediante un cospicuo carteggio, commentato dalla voce fuori campo dello stesso Cézanne, che lo spettatore ha occasione di avvicinarsi all’animo e al pensiero di colui che Picasso e Matisse definivano ‘il padre di tutti noi’.
Ad accompagnare lo spettatore in quest’avventura, che parte della National Portrait Gallery di Londra, ed attraversa città importanti quale Parigi, New York e Washington, voci e volti di esperti, strettamente legati a queste realtà museali, al fine di guidare il pubblico all’interno della mostra. Un progetto ambizioso, quindi, a cui prende parte anche Philippe, il pronipote di Cézanne.
“Con una mela voglio stupire Parigi.” ‒ Paul Cézanne
Nato ad Aix-en-Provence nel 1839, Paul Cézanne rimarrà sempre legato al suo luogo d’origine dove, a periodi alterni, continuerà a esercitare la sua passione per la pittura, malgrado i suoi insuccessi iniziali.
Durante il suo percorso liceale stringe amicizia con Emilé Zola, amicizia che lo accompagnerà per un lungo periodo della sua vita.
A differenza di Cézanne, che da giovinetto prediligeva le materie umanistiche, Zola, importante interprete della letteratura francese dell’800, aveva una spiccata attitudine per il disegno.
Cézanne, invece, amava i grandi del passato fra cui Omero, Virgilio, Victor Hugo ed altri esponenti della letteratura. Sarà anch’egli artefice di alcuni poemi in latino, a confermare la sua passione per la lingua latina.
“Avevamo libri in tasca e nelle borse. Per un anno, Victor Hugo regnò su di noi come un monarca assoluto. Ci aveva conquistato per forti andature di gigante, ci rapiva con la sua retorica potente.” ‒ Paul Cézanne
Quando Zola va a Parigi, Cézanne, a causa di particolari sfumature caratteriali, ne subisce un tracollo e dà inizio a una fitta corrispondenza con l’amico di sempre.
Disegni, versi e acquarelli sono l’argomento del carteggio che si stabilisce fra i due giovani.
Ed è a questo punto che Cézanne, di temperamento piuttosto fragile e indeciso, su suggerimento di Zola, manifesta un acceso interesse per la pittura, che lo spinge a decidere di raggiungere anch’esso Parigi, all’epoca capitale dell’arte.
“I miei versi possono essere anche più puri dei tuoi, ma i tuoi sono sicuramente più poetici, più rari. Tu scrivi con il cuore, io con la mente…” ‒ Zola a Cézanne
A Parigi Cézanne frequenta con assiduità il Louvre per ammirare e studiare i capolavori dei grandi del passato. Segue inoltre i corsi dell’Académie Suisse dove ha modo di conoscere Monet, Manet e Camille Pizzarro, di cui diventerà grande amico.
Ed è grazie all’amicizia con Camille Pissarro, con il quale dipingeva all’aria aperta, che aderisce all’impressionismo. Ma la sua adesione al movimento non sarà di completa condivisione.
Entrerà poi in contatto con Degas, Renoir, Monet e altri esponenti dell’impressionismo, ma la sua pittura intraprende un cammino che lo differenzia notevolmente da loro.
Isolato, lavorando in solitaria, approfondisce i principi dell’impressionismo di cui condivide solo alcuni aspetti. Rifiuta infatti la dissoluzione formale del colore, tipica dell’impressionismo e, a differenza degli impressionisti, ama rendere le immagini solide, modellandole plasticamente con i colori di cui si serve in maniera incondizionata, e trascurando gli strumenti tradizionali del disegno o della prospettiva.
Dall’impressionismo e dalle sue fluttuazioni cromatiche ne ricava una visione ‘mentale’ più che materiale.
Di lui si dirà infatti che ‘vedeva più con il cervello che con gli occhi’.
La sua aspirazione è definire la raffigurazione pittorica con il colore, e sintetizzare in esso la visione ottica e la percezione delle cose; anche se non perde di vista la realtà e il suo aspetto visivo.
Gli impressionisti sono interessati soprattutto ai fenomeni percettivi della luce e dei colori; Cézanne, invece, cerca di dare un’interpretazione razionale al fenomeno pittorico, interpretazione che lo porta a rintracciare nella realtà le forme e lo spazio. Perché secondo la sua visione, in natura tutto è modellato in tre forme fondamentali: sfera, cono, cilindro.
Disilluso dall’esperienza parigina torna ad Aix, unico luogo in cui riesce a trovare tranquillità e a dare calma al suo disorientamento esistenziale. Ma la passione per la pittura non gli dà tregua, si fa sentire con veemenza, tanto da indurlo a produrre in quantità oltre che in qualità.
E sarà la stessa passione a spingerlo nuovamente verso Parigi. L’ambiente artistico della capitale è scosso da un piccolo terremoto pittorico in seguito al dipinto di Manet Colazione sull’erba, dove compare un nudo che suscita indignazione nel pubblico; Cézanne invece, a differenza di altri, apprezza il quadro, ulteriore motivo che ne fa un isolato rispetto ai suoi compagni con cui riesce a familiarizzare a fatica.
Tornato alla sua Provenza lavora in maniera indefessa a una gran quantità di dipinti, molti dei quali i già citati ritratti, alcuni dedicati al padre.
Ma lo studio e l’impegno non gli danno risultati proficui, a causa anche della sua tendenza a essere insicuro e indeciso; ha perciò difficoltà ad arrivare al grande pubblico, mentre la critica non gli risparmia accese critiche.
Tuttavia Cézanne non si lascia scalfire dai giudizi negativi, e con entusiasmo continua a dipingere, a testimonianza palpabile della sua passione per l’arte.
Pittore singolare ed enigmatico, da includere a pieno titolo nel periodo postimpressionista, conduce una vita agiata che gli consente di restare indifferente ai problemi della critica e del mercato dell’arte. Anche l’amicizia di Zola a questo punto viene a mancargli, e lui ne soffre enormemente.
“Comincio a rendermi conto di essere superiore a quelli che mi stanno intorno, e tu sai che la buona opinione che ho di me stesso è punto di una ponderata riflessione. Devo sempre lavorare, ma non per raggiungere una rifinitezza ultima, che è l’ammirazione degli imbecilli. Ciò che il volgo apprezza maggiormente non è che il risultato del mestiere di un artigiano, e rende ogni opera non artistica e banale. Se mi sforzo per completare un dipinto è solo per il piacere di raggiungere verità e sapere. E credimi, viene sempre un momento in cui si arriva e in cui si hanno ammiratori molto più ferventi e fedeli rispetto a chi si lascia lusingare da vane apparenze…” ‒ Da una lettera di Paul Cézanne alla propria madre.
Continuando a dipingere come un forsennato, appartato e in maniera silente, Cézanne fa sperimentazione cercando nella scomposizione delle forme geometriche interpretazioni personali.
Ricerca che lo porta a porre le basi di movimenti pittorici a lui successivi, quali cubismo e fauvismo.
La sua pittura ha toni cupi e grevi dovuti allo spessore materico, dovuto a pennellate dense e intense; Cézanne applica infatti il colore con la spatola, procedimento dove si manifesta più l’interesse per la composizione che per lo scopo rappresentativo.
Nelle sue opere oggetti e figure hanno forme essenziali, in quanto il pittore è piuttosto indifferente ai soggetti rappresentati, che diventano un mezzo per esprimersi, e non il fine ultimo della sua arte.
I suoi soggetti preferiti sono paesaggi, nature morte, ritratti e figure, fra cui gli abitanti del posto, gente di provincia con abiti semplici, schegge di quotidianità, il tutto in un contesto sociale in cui il gioco delle carte era il passatempo più comune, come si evince dal suo dipinto I giocatori di carte. Dei suoi paesaggi, entrati nell’immaginario comune, uno dei più noti è la Montagna Sainte Victoire, opera definita straordinaria.
Nella natura morta dipinge piatti da cucina, la brocca dell’acqua, un vaso di terraglia e mele. Le mele del suo frutteto compaiono copiose nei suoi dipinti.
I suoi paesaggi nascono da una grande sensibilità d’animo e sembrano cercare nella natura serenità ed equilibrio, elementi che vanno al di là del tempo e dello spazio.
Con pochi oggetti Cézanne riesce a realizzare squisitamente composizioni all’apparenza imponente per la forza plastica costruita soltanto con il colore. Elementi discriminanti della sua pittura.
Gradualmente poi, sottrae ai suoi dipinti dettagli, come le case e le strade, fino a ridurre il paesaggio a composizioni formate solo di forme e colori. Opera infatti una sintesi fra forma e colore, dicotomia che tenta il superamento dell’impressionismo con un diverso linguaggio espressivo, in conseguenza del quale parte la più grande rivoluzione artistica del XX sec, riconducibile alla pittura cubista.
Si può quindi attribuire a Cézanne l’appellativo di iniziatore dell’arte moderna.
Infine, per esprimere un giudizio su Cezanne. Ritratti di una vita, che sia il più obiettivo possibile, si può affermare che è film dal contenuto cinematografico importante, custode di opere, luoghi e voci che fanno parte dell’universo pittorico e intimo, gravido di emozioni, di uno dei più grandi pittori del XX secolo.
Written by Carolina Colombi
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