“L’Imperatore prigioniero” di Omar Coloru: Valeriano, la Persia e la disfatta di Edessa

“Nella terza campagna, quando Noi ci muovemmo contro Carre ed Edessa e assediammo Carre ed Edessa, Valeriano Cesare venne contro di Noi, [segue la lista delle province da cui provengono i soldati romani] e al di là di Carre ed Edessa Noi ingaggiammo una grande battaglia con Valeriano Cesare e con le nostre mani prendemmo prigioniero Valeriano Cesare e gli altri, il prefetto del pretorio, i senatori e gli ufficiali che erano al comando di quell’esercito e li deportammo in Persia.” ‒ Iscrizione trilingue di Shapur alla Ka’ba-e Zardosht

L’Imperatore prigioniero. Valeriano, la Persia e la disfatta di Edessa

Chiunque abbia studiato la Storia Romana, specialmente quella del Tardo Impero, ricorda il 260 d. C. lo ricorda per due ragioni e nessuna delle due, i tempi dei fatti, è stata foriera di gioia e gloria. Anzi, l’opposto.

Quello che fu certo è che il mondo che tutti conoscevano avrebbe fatto un salto verso qualcosa di diverso.

In quella data ebbe luogo la battaglia di Edessa, il suo assedio e la disfatta dell’esercito romano ad opera dell’imperatore Valeriano.

A parlarci di quello che portò a questo epilogo è Omar Coloru nel suo volume edito per Laterza, nel 2017: “L’Imperatore prigioniero. Valeriano, la Persia e la disfatta di Edessa”.

L’autore, Omar Coloru, è ricercatore associato al laboratorio HAROC (Histoire et Archéologie e l’Orient cunéiforme) dell’Università di Paris X.

La sua attività di ricerca si focalizza sulle relazioni culturali e politiche tra il mondo greco-romano e l’Oriente, con particolare attenzione all’Iran e all’Asia Centrale ellenistici.

Questa storia ha molto da raccontare anche agli appassionati di storia e Omar Coloru riesce a trasportare i suoi lettori, attraverso un linguaggio tecnico ma chiaro, in un mondo fatto di contrasti dove, tra le luci e le ombre dell’Impero Romano, è difficile capire chi abbia sbagliato e cosa si sarebbe potuto salvare.

Questo libro inizia parlandoci di come, in breve, si sia formata e abbia preso il potere la dinastia Sasanide. Attraversando storia e tradizioni discordanti su come Shapur I prese il potere e diventò uno dei più acerrimi antagonisti del vicino Impero Romano.

Durante il III secolo d. C. Roma sembrava affrontare un profondo stato di precarietà, che in molti conoscono come la Crisi del III secolo. Basandoci sulle fonti antiche abbiamo, certo, l’impressione che l’impero romano fosse sul punto di crollare da un momento all’altro, ma gli studi più recenti tendono a sfumare i confini così netti che questa definizione ci ha, da sempre, fatto intendere.

Da questo periodo possiamo estrapolare le linee guida che, dovrebbero, farci comprendere quale fosse la situazione che l’Imperatore Valeriano si trovò a dover gestire.

L’esercito, già all’epoca di Settimio Severo, iniziava ad avere un ruolo predominante all’interno della politica dell’impero e, di conseguenza, calmierare i soldati e costituire, per così dire, una sorta di assicurazione sulla vita del capo dello stato era diventata una necessità non trascurabile.

Naqsh-e Rostam

Questo e altri fattori, tra cui due enormi epidemie di peste, hanno portato: un forte calo della popolazione, una grossa crisi economica e una crisi sociale.

Quest’ultima viene spesso scambiata con una crisi dei valori in cui i romani hanno sempre creduto e, ancora più di frequente in quegli anni, è capitato che si desse la colpa a quella che stava diventando una compagine religiosa sempre più numerosa: i Cristiani.

Valeriano dovette affrontare tutto il lascito degli anni che lo hanno preceduto e non sempre la necessità di tenere in piedi l’enorme mole dell’impero è andata di pari passo con quello che noi chiameremo democrazia e diritto alla libertà.

L’imperatore, a giudizio di noi posteri, sicuramente ha commesso degli abusi ai diritti di una parte dei suoi cittadini ma nessuno di noi sa cosa farebbe in una situazione simile, io credo.

La rapida espansione del potere di Shapur I e la necessità di stabilizzare i confini romani vennero a scontrarsi più volte negli anni precedenti alla battaglia di Edessa ma, prima di allora, solo la disfatta di Carre del 53 a.C. e quella di Teutoburgo del 9 d.C., avevano un lascito così tremendo sulla memoria della Storia Romana.

Le ultime battaglie che vi ho citato, in un qualche modo, erano state “lavate” da abili manovre politiche e di propaganda ma Edessa lascio un pozzo nero lungo la linea della storia grandiosa di Roma.

Valeriano venne preso prigioniero, insieme a tutto il suo stato maggiore, da Shapur I e mai più rimise piede su suolo romano.

Quello che accadde, dopo a quello che era la persona più importante dell’impero, non si sa con assoluta certezza. Alcune fonti parlano del fatto che Shapur I, nelle occasioni ufficiali, lo usasse come sgabello per salire a cavallo, che Valeriano venne impiegato per costruire una diga.

Omar Coloru

Sembra che Valeriano, secondo le usanze in vigore tra i suoi carcerieri venne mutilato per rimarcare la sua inadeguatezza a poter regnare e, alla fine dei suoi giorni, data che può essere stata agevolata da un omicidio o da altri fattori, il suo corpo e la sua pelle vennero usati come spaventapasseri per lo spasso diplomatico del re che amava ricordare che lui e lui solo poteva considerarsi il vero re dei suoi territori.

La fine e la vita di Valeriano sono passate alla storia per i motivi più vari, dall’essere sinonimo di inettitudine alla, triste e vera, anche se con le dovute reticenze, fama di essere un persecutore feroce di Cristiani.

Quello che è certo è che l’uomo sotto alla corona abbia fatto degli errori e che, con assoluta certezza, nonostante la tempra da soldato, fu tremendamente umiliato e debba essersi sentito solo e abbandonato dalla Roma per la cui difesa lottò al meglio delle sue forze.

A mio parere, in un mondo che professa il perdono e la convivenza pacifica, dire che se lo sia meritato è come affermare che altri si siano meritati di essere fagocitati da bestie feroci.

 

Written by Altea Gardini

 

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Twitter Omar Coloru

 

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