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“Illmitz”, il romanzo d’esordio di Susanna Tamaro: una fuga da Roma

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“La corriera è partita da circa mezz’ora. Gli ultimi palazzi della periferia coperti da insegne pubblicitarie scorrono alle mie spalle; poi, modulati sulle pieghe del terreno, seguono i campi di grano: in mezzo, come corde scordate da un bambino alla fine del gioco, i fili delle centrali elettriche scintillano tra il verde.”

Illmitz

Illmitz, titolo del romanzo d’esordio di Susanna Tamaro pubblicato da Bompiani nel 2014, è città situata sulla linea di confine tra Austria e Ungheria. Ed è anche meta del viaggio che il principale personaggio del libro decide di intraprendere. Il vero protagonista del romanzo non è Jiri, nome del giovane di cui si viene a conoscenza tramite un suo sogno, ma è il viaggio. Il viaggio che il ragazzo compie alla ricerca del proprio Sé, oltre che delle proprie radici.

Lì, in quella località dove è cresciuto, prima che i suoi genitori si trasferissero sul Carso, zona privilegiata dall’autrice che talvolta l’ha assunta ad ambientazione di alcuni dei suoi romanzi, Jiri cerca di rintracciare frammenti della propria infanzia, portata via dalla polvere del tempo.

Lì, in quello che per lui rappresenta il luogo dell’anima, il giovane vorrebbe rifugiarsi e sottrarsi al male di vivere. Con sé ha pochi oggetti chiusi alla rinfusa in uno zaino, insieme ai numerosi pensieri che gli affollano la mente.

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L’esperienza raccontata dal ragazzo, io narrante del libro, non è un viaggio di piacere, e neppure un viaggio obbligato, ma quasi una fuga da Roma, città in cui vive e dove ha i propri affetti. Affetti che si personificano nella figura di Cecilia, la sua fidanzata, la quale nello sviluppo della narrazione assume il ruolo di cagione del suo disagio.

Descritta come ragazza positiva e piena di vita, Cecilia dà al suo compagno quella forza fisica e psicologica che, per far fronte alla complessità della vita, il giovane non ha a sufficienza.

Ma, che a causa del suo prorompente vitalismo diventa ragione di inadeguatezza per Jiri, il quale si allontana perciò da un amore che gli riempie sì la vita, ma che lui considera una presenza ingombrante.

“Interiormente la vita si è ormai incrinata, non provo più pulsioni violente, non ho più la forza di un gesto estremo: continuo piuttosto a offrire il fianco al male, a essere, in qualche modo, parente delle ombre. Ed è questo sentirsi perennemente alle soglie del naufragio a darmi un’euforia strana, a procurarmi una gioia più profonda di quando mi sentivo in perfetta salute.”

Giunto nella cittadina, determinato a ripartire dalle proprie origini, dal momento in cui tutto ha avuto inizio, il ragazzo non riesce ad allontanarsi dai suoi fantasmi interiori, i quali lo accompagneranno per il resto della sua peregrinazione, che sarà fonte inevitabile di ricordi, i quali emergono con forza dalla memoria del tempo che fu. E, pronti a farsi ombre, rendono ancora più crudele il vuoto della perdita di Agnese, sua sorella, morta mentre attraversava la strada a occhi chiusi per sincerarsi di avere accanto l’angelo custode.

Circondato dalla natura, dal paesaggio che gli rammenta la propria fanciullezza, le giornate trascorse a Illmitz non gli portano però la soluzione cui auspicava, perché colme di un tempo intriso di pigrizia e solitudine, affondato in luoghi in cui non si riconosce più. In questa sua nuova condizione di vita la mente di Jiri è permeata da un crogiuolo di emozioni che si fanno strada anche nel suo cuore, emozioni le quali acuiscono il suo senso di smarrimento, il quale si accompagna a sogni alquanto suggestivi.

Susanna Tamaro

Il percorso per ritrovare se stesso gli si presenta lungo e irto di ostacoli, durante il quale affiora insistente il centro del suo malessere emotivo, inasprito dal pensiero di Cecilia, alla quale spesso rivolge le sue riflessioni, convinto che il fulcro delle proprie difficoltà sia proprio lei.

Ma non solo Cecilia è motivo di turbamento per Jiri, perché la sua sofferenza è di origine interiore, un malessere radicato nella parte più recondita di sé.

 “A volte il mio corpo è percorso da scariche elettriche e l’unica pulsione che mi domina è quella della distruzione. L’impressione è di essere in due, al mio interno, e che il mio secondo non sia una persona affidabile. Nei momenti di umore migliore lo chiamo il mio nostromo e ne parlo con velata ironia, ma, altre volte, il nostromo si ammutina, lasciandomi andare alla deriva.”

In questo romanzo introspettivo sviluppato in una prosa intrisa di mestizia, il lettore accompagna Jiri e il proprio disagio che, ripiegato sull’inquietudine della sua anima, si mostra in tutta la crudezza.

Illmitz non è un libro di facile fruizione, almeno nell’immediatezza delle parole. Ma, aspetto interessante e singolare del testo, offre al lettore l’occasione di partecipare al vortice dei pensieri che animano il giovane, e che nella quiete del suo paese d’origine prendono forma trovando la loro dimensione.

Facendosi così utente diligente di monologhi interiori, quasi amico di vecchia data del personaggio, tanto da assistere ai suoi ricordi e farsi spettatore dei suoi sogni.

La narrazione, in prima persona, è morbida e fluente, pur nella difficile argomentazione di carattere esistenziale attraverso cui si racconta come, tramite un viaggio, un ragazzo diventi uomo.

È con mano lieve che la Tamaro distribuisce pensieri ed emozioni con la sua consueta delicatezza, tanto da rendere la prosa un insieme armonico.

Pur essendo un’opera prima, Illmitz è testo esaustivo, scritto con scioltezza e abilità tanto da aprire spazi a importanti speculazioni: sulla solitudine dell’animo umano, sul rimpianto di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato, sui non facili rapporti che talvolta uomini e donne stabiliscono fra loro. Una lettura coinvolgente dunque, che dà la misura di ogni minima variazione dell’animo del personaggio di cui si racconta in questa storia. Un romanzo ricco di similitudini e metafore che danno pregio alle descrizioni.

“Cara Agnese, è tanto che non ci sentiamo, un po’ per mia negligenza, un po’ per il tuo essere lontana. Se ti dicessi che ti ho pensata spesso mentirei come Pinocchio. In realtà, per molti anni, ho cercato di farlo. La vita mi sembrava carica di interesse e, tutto teso com’ero a conquistami un posto nel mondo, ti consideravo una nota dolente da scordare. Da alcune settimane, però, mi trovo in un luogo isolato e il mio pensiero corre a te, come fossi partita da poco. E forse è proprio così, con la tua ironica prepotenza ti sei avviluppata dentro di me come una vite.”

 

Written by Carolina Colombi

 

 

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