Oriana Fallaci: la giornalista che ha sfidato il mondo
“Io non sono obiettiva. L’obiettività è un mito: io sono onesta.”

Figura emblematica e controversa del giornalismo del Novecento, Oriana Fallaci si distingue per aver raccontato con voce alta e vibrante il mondo reale, sfidando critiche e antipatie.
“Scrivo perché voglio capire. E per capire bisogna guardare in faccia le cose, anche quando fanno paura.”
Oriana Fallaci nasce a Firenze il 29 giugno 1929, in una casa dove la libertà ha il volto di suo padre, partigiano fino al midollo. Cresciuta nella culla dell’Umanesimo, tra le pietre antiche del centro e l’eco della Resistenza, è soltanto un’adolescente quando vive la guerra sulla sua pelle.
Portando messaggi ai partigiani collabora con la Resistenza, nel tentativo di porre un freno alla drammaticità dei suoi tempi difficili. Esperienza che darà impulso alla sua carriera, esercitata per tutta la vita con piglio deciso e con il rifiuto di piegarsi alla sopraffazione e al volere altrui.
A distinguerla dalle altre giornaliste, in un’epoca in cui queste occupavano solo ruoli marginali nel mondo della carta stampata, Oriana è una cronista a ‘tutto tondo’. Partecipando al dibattito culturale del suo tempo fa suo l’impegno civile, che la porta a raccontare gli eventi in maniera cruda e realistica.
“La verità non è mai gentile. È solo necessaria.”
A segnare i suoi inizi sono collaborazioni con il settimanale Epoca, per approdare poi all’Europeo, testata che le affida inchieste e reportage sempre più audaci. Che lei accetta senza remore, perché forte del bisogno di vedere con i propri occhi i fatti di cui diventerà testimone. Anche perché non si pone limiti: inviata in molte parti del mondo, copre con la sua presenza molte zone di guerra.
Dal Vietnam al Medio Oriente, dall’America Latina all’India, armata soltanto di un taccuino e di una penna, oltre che della sua sete di verità. Oriana Fallaci non disdegna di sporcarsi le mani in luoghi dove i conflitti sono particolarmente accesi, intervistando generali o guerriglieri, dittatori o vittime di guerra.
Oriana è una donna di carattere che non si guarda indietro, procede sulla sua strada armata dell’urgenza di raccontare la realtà come le si presenta, ovvero in tutta la sua immediata durezza.
“Non mi interessa piacere. Mi interessa capire, scoprire, dire.”
Inviata di guerra in Vietnam, Pakistan, India, Messico, Medio Oriente, racconta i conflitti con il coinvolgimento umano e morale di chi sta in prima linea, e non con il distacco della cronista.
Durante la guerra del Vietnam, rischiando la vita sul campo, Fallaci è l’unica donna a salire a bordo di un bombardiere americano, ed è la prima giornalista italiana a entrare nel paese.
I suoi reportage sono frammenti di guerra raccontati con sguardo umano, profondo, che consegnano ai suoi lettori gli orrori che ogni guerra porta con sé, senza però spettacolarizzazioni di alcun genere.
Nel 1969 si trova in Messico durante la strage di Tlatelolco: seppur ferita gravemente, imperterrita continua a dare atto dei tragici eventi. Perché, per la Fallaci scrivere è una forma di resistenza.
“Scrivere è un atto politico, sempre.”
Le sue parole sono scomode, taglienti, ma necessarie. Lei non cerca il consenso di alcuno, cerca soltanto la verità, anche se questa spesso la mette in situazioni rischiose. La sua scrittura è pungente, e gode della sua abilità di entrare nei meandri delle vicende; aspetti che ne fanno una firma unica del giornalismo internazionale.
Oriana opta per un modo inedito di riportare la cronaca, fatto di parole affilate e viscerali, che diventano documento e denuncia insieme, sempre accompagnate da uno sguardo profondamente umano. La Fallaci non si nasconde dietro alle parole, le affronta con coraggio, rivelandosi come una giornalista fuori dagli schemi. Con lei, la scrittura diventa gesto etico: non ci sono concessioni al perbenismo o alla moda.
“L’intervista non è un favore. È un dovere verso la verità.”
Poi, nel giornalismo della Fallaci arriva un momento in cui la parola non è più cronaca, ma diventa sfida, con il volto, la voce e la penna di chi come lei ama ‘osare’. Senza cercare alcun tipo di approvazione, arrivando piuttosto in certi casi a un punto di rottura.
Le sue interviste a personaggi chiave del Novecento, diventate poi leggendarie, più che interviste sono veri e propri duelli verbali, scontri dialettici, che fanno di lei una celebrità del giornalismo. Soprattutto per il suo stile diretto, provocatorio e a volte spietato.
Oriana non corteggia l’intervistato: lo sfida, lo punge, lo mette a nudo; e spesso riesce a tirare fuori l’essenza della persona dietro il ruolo ricoperto. Lo mette sotto pressione, quasi lo interroga con domande che non sono mai accomodanti: la Fallaci perché crede nella forza della parola come strumento per stanare la verità.
Grazie alla sua ampia vena narrativa ricostruisce le atmosfere, descrive l’ambiente delle conversazioni, annota le pause e i silenzi dei suoi interlocutori, dipinge con le parole i loro i volti e le loro emozioni. Le sue interviste sono vere e proprie performance teatrali, in cui non si limita a fare domande. Poi, lì dove il giornalismo si fonde con la letteratura diventano saggi di politica, scritti in prima persona e con il tempo presente. Narratrice delle contraddizioni del secolo breve, si può definire la Fallaci come l’artefice dell’intervista in un’arena in cui la verità è la sola protagonista.
“Io non sono obiettiva. L’obiettività è un mito: io sono onesta. E l’onestà richiede di schierarsi.”
È soprattutto tra gli anni Sessanta e Settanta, che Oriana si impone come una delle più grandi giornaliste al mondo per le sue celebri interviste a uomini quali Henry Kissinger, Yasser Arafat, Golda Meir, Indira Gandhi, lo scià di Persia, Gheddafi e Khomeini. Henry Kissinger, in quei giorni segretario di Stato, è uno degli uomini più potenti del mondo. Nella sua intervista Oriana lo inchioda, mentre lui si lascia andare, affermando una frase rimasta leggendaria.
“Io gioco al cowboy solitario che cavalca da solo nell’Ovest contro i cattivi.”
Anni dopo, Kissinger definirà quell’intervista “la cosa più disastrosa mai fatta”.
A Golda Meir chiede se è capace di provare odio.
“Odio con tutta me stessa chi uccide i bambini.”
Ad Arafat, Oriana osa dire:
“Lei è un terrorista, non un capo di Stato.”
Con lo Scià di Persia ha un’intervista dura, senza reverenze.
“Maestà, in Iran chi la contraddice sparisce.”
Lo Scià prova a difendersi, ma Oriana ha ottenuto la risposta che voleva.
Con Indira Gandhi ha uno scambio sincero tra donne.
Oriana chiede a Indira Gandhi:
“La solitudine è più dura per una donna?”
E Indira Gandhi risponde:
“Se non sai stare sola, non devi comandare”
Con l‘Ayatollah Khomeini, nel 1979, la Fallaci raggiunge l’apoteosi del confronto. L’intervista a Khomeini, leader della rivoluzione islamica in Iran, resta nella storia: Fallaci lo sfida apertamente, indossa il chador, e dopo averlo accusato di essere un despota alla fine dell’intervista se lo toglie platealmente davanti a lui, con un gesto che rimane nella storia.
Lasciandolo senza parole, Oriana afferma:
“E io me lo tolgo questo stupido, medioevale straccio!”

Oriana Fallaci è ricordata non solo come una reporter eccellente, ma anche come una scrittrice potente. Con il romanzo Lettera a un bambino mai nato (1975) conquista milioni di lettori. È un libro intimo, sofferto, che racconta il dolore della maternità negata, del conflitto tra carriera e vita, tra libertà e destino. Un testo che anticipa il dibattito sul corpo femminile, sulla scelta, sul silenzio, scritto con uno stile lirico e insieme spietato è capace di commuovere, e fa molto discutere.
Poi arriva Un uomo, il libro dedicato ad Alekos Panagulis, il poeta e rivoluzionario greco che ha tentato di uccidere il dittatore Papadopoulos. Oriana lo ama profondamente, e vive con lui una storia di passione e tormento. Quando lui muore in un sospetto incidente d’auto, lei scrive un libro che è insieme biografia, indagine, romanzo politico e confessione amorosa. Un uomo è forse l’opera più struggente di Fallaci, un canto d’amore e di rabbia per chi ha avuto il coraggio di sfidare il potere. Negli ultimi anni della sua vita, Oriana cambia tono, ma non temperamento.
Dopo l’11 settembre 2001 scrive La rabbia e l’orgoglio, pamphlet durissimo sull’Occidente, sull’Islam, sull’identità europea. Il libro divide, accende dibattiti feroci, la porta al centro di polemiche internazionali, diventando bersaglio e chiaroveggente. Alcuni la considerano una visionaria, altri una provocatrice. Ma nessuno può ignorarla. Fino al giorno in cui, dopo una lunga malattia affrontata con lo stesso coraggio con cui ha attraversato la vita, lascia questo mondo per sempre. Era il 15 settembre 2006. Lasciando un’eredità importante, quale esempio di un giornalismo che ha rifiutato il silenzio, la retorica, il compromesso.
“L’arroganza del potere è una malattia. E chi la contrae crede di essere infallibile.” – Oriana, in un commento post-intervista.
Oggi, in un tempo di giornalismo frettoloso, la voce di Oriana Fallaci risuona più forte che mai: una voce su cui ancora ci si interroga. La sua vita è un esempio di fedeltà al suo pensiero, anche quando quel pensiero urta, disturba, divide. Ha fatto del coraggio un mestiere e della penna un’arma, testimoniando che il giornalismo può essere passione e sangue, oltre che idee. Oriana è stata una donna che ha scelto la verità, anche quando faceva male; ed ha pagato un prezzo alto per la sua indipendenza: polemiche, attacchi, solitudine. Ma non ha mai arretrato. Perché ha amato la verità più del compromesso. Perché ha avuto il coraggio di essere Oriana Fallaci.
“La libertà è un dovere, prima ancora che un diritto. E per difenderla bisogna avere coraggio. E amore per la verità.”
E ora che Oriana non c’è più, la sua voce rimane un’eco scolpita nel vento. Una voce scomoda la sua, ma che ha insegnato il valore del coraggio, dell’onestà intellettuale e della libertà di pensiero. Il suo insegnamento, oggi più che mai, è un invito a non cedere alla superficialità, a non tacere di fronte all’ingiustizia, a credere che la parola può cambiare il mondo.
Chi la legge, oggi, incontra non solo una donna, ma un’anima in lotta con il mondo e con sé stessa, capace di amare la verità anche quando ferisce, anche quando fa paura. In un’epoca in cui le opinioni si omologano e la verità spesso si confonde con l’opportunismo, per molti è stata un’eroina del giornalismo d’inchiesta, una scrittrice capace di emozionare e far riflettere. Per altri, una figura controversa, eccessiva, troppo dura. Ma su una cosa tutti concordano: Oriana Fallaci ha lasciato un’impronta durevole nella cultura italiana e mondiale.
“Io non faccio domande per cortesia. Le faccio per necessità.”
Written by Carolina Colombi