“La donna che visse due volte” film di Alfred Hitchcock: la vertigine come metafora esistenziale

“Era troppo tardi. L’avevo già perduta. L’avevo perduta perché l’avevo amata troppo.”

La donna che visse due volte film di Alfred Hitchcock
La donna che visse due volte film di Alfred Hitchcock

Considerato uno dei film più influenti nella storia del cinema, La donna che visse due volte (Vertigo in originale) è un capolavoro del 1958 diretto da Alfred Hitchcock.

Densa di simbolismi, ambiguità e introspezione psicologica, che ha rivoluzionato il modo di raccontare l’identità sul grande schermo, la narrazione vede John Ferguson (James Stewart), ex detective di San Francisco, colpito da acrofobia (paura delle altezze) dovere affrontare una situazione molto conflittuale. Ingaggiato da un conoscente per sorvegliare la propria moglie, Madeleine (Kim Novak), che sembra posseduta dallo spirito di una sua antenata, John Ferguson, Scottie per gli amici, affetto da vertigini, si innamora della donna. Ma non sarà in grado, a causa del suo handicap, di fronteggiare un momento altamente drammatico, che vede Madeleine soccombere al suo tragico destino.

Il doloroso episodio getta l’investigatore nello sconforto più profondo, a cui segue un crollo psicologico da cui si risolleva a fatica.

James Stewart rappresenta l’anti-eroe per definizione, vulnerabile quanto basta per mostrarlo in tutta la sua fragilità; mentre la presenza di Kim Novak è magnetica, nel doppio ruolo di femme fatale e vittima.

Trascorsi alcuni mesi dall’incidente, Scottie fa la conoscenza di Judy, una donna che somiglia in modo impressionante a Madeleine. Da quel momento la sua ossessione, vittima di un circolo vizioso di tormento e di controllo, lo porta a voler trasformare Judy in una copia perfetta di Madeleine.

Plasmare Judy, per farne il duplicato di Madeleine, diventa l’unico scopo di vita di Scottie. Che lo porta a sfiorare gli abissi della sua mente nel tentativo di ricomporre in modo compulsivo l’amore perduto. Compito che si rivela impossibile per Scottie e per il suo amore tormentato, che altro non è se non il desiderio nostalgico di qualcosa ormai finito.

Emblematica è la scena che si svolge in un negozio di abiti, quando Scottie costringe Judy a indossare un vestito che gli ricorda Madeleine; scena che rappresenta plasticamente come l’amore possa essere talvolta una proiezione egoistica, e non sempre in riferimento alla persona reale. Come in questo caso, lì dove Judy viene sacrificata per seguire l’ombra di un fantasma. Elemento su cui agisce la narrazione filmica, giocando con l’ambiguità tra ciò che è reale e ciò che è soltanto apparente.

Costretta a interpretare un ruolo che non le appartiene, Judy si rivela come una persona diversa da quella immaginata, soprattutto quando svela a Scottie l’inganno ordito a suo tempo alle sue spalle.

Motivo per lui di fonte di delusione che lo allontana per sempre da Judy.

“Se ti perdo, sarà come aver perduto me stesso.”

Nella narrazione del film Hitchcock gioca con lo spettatore, rendendolo complice dell’ossessione di Scottie, rivelando poi che spesso il desiderio è solo un’ombra, o forse una vana ricerca di un passato che non esiste più.

Il regista, inoltre, mostra come l’amore può essere una prigione psicologica, dove Scottie, e con lui lo spettatore, diventa vittima delle proprie manie.

Ricco di significati stratificati, che vanno oltre la trama misteriosa, La donna che visse due volte ha in sé molti elementi simbolici. Con la spirale, per esempio, uno di questi. Che la si può rintracciare in un’acconciatura di Madeleine, così come nella scala che porta alla torre nella scena più drammatica del racconto filmico.

Durante la quale la vertigine, disfunzione di cui soffre Scottie, può essere intesa come metafora esistenziale, tanto fisica quanto emotiva.

Che non è soltanto una questione legata alla fisicità del protagonista, ma è riferita soprattutto alla sua paura di cadere nel vuoto, al timore di perdere il controllo, e non ultimo quello di affrontare la verità.

Inoltre, sempre nella scena finale della torre, volgendo lo sguardo verso il basso, l’uomo avverte una sorta di disorientamento mostrato allo spettatore in maniera spettacolare, rappresentativo del vuoto che vede nella propria psiche.

Altro tema portato all’attenzione in maniera importante, ed esplicitato dalle due figure femminili, è il tema della doppia identità.

Inizialmente, lo spettatore è portato a credere che Madeleine e Judy siano la stessa persona, mentre la realtà è tutt’altro. Tematica questa che incarna il principio hitchcockiano del “doppio”, inteso come la maschera indossata per mostrarsi agli altri in maniera diversa da quella reale, onde nascondere la vera identità.

Il film, inoltre, si pone l’obiettivo di smascherare l’illusione cinematografica: lo spettatore crede a ciò che vede, così come accade a Scottie, quando la verità gli si svela in tutta la sua crudezza. Momento in cui la scoperta del terribile inganno ordito alle sue spalle farà crollare in lui ogni certezza di poter ritrovare l’amore perduto, e intrecciare con Judy, sostituta di Madeleine, una storia d’amore.

Storia d’amore che si sarebbe potuta realizzare se Judy, inizialmente, non si fosse prestata al gioco sporco di cui Madeleine è rimasta vittima.

“La mia testa era qui… il mio cuore era qui… e ora sono di nuovo qui con te.”

Pellicola dall’alto contenuto simbolico, al centro della narrazione c’è inoltre il tema dell’amore idealizzato e malato.

È dunque un amore mitizzato e squilibrato quello vissuto dal detective, in quanto attratto da Judy in funzione di ciò che rappresenta per lui. Ovvero, raffigurazione iconografica di Madeleine.

Al film La donna che visse due volte si può dare una ulteriore lettura, ovvero quale metafora sulla natura sfuggente della realtà, oltre che sull’amore, inteso come una proiezione propria e sulla conseguente fragilità della psiche umana.

“Solo un’altra vita e non sarò più sola… per sempre.”

Pellicola dal notevole impatto scenico, che gode di innovazioni tecniche davvero interessanti, quali

la tecnica visiva dello zoom dolly, per esempio. Che altro non è se non la ripresa a vortice, o effetto vertigine, per accentuare tensione e disagio mentale nello spettatore, in un’esplorazione psicologica di elementi quali ossessione, identità, illusione e impossibilità di rintracciare il passato.

Definito il maestro del giallo, in questa sua opera, Alfred Hitchcock costruisce un’atmosfera ipnotica, che focalizza completamente l’attenzione dello spettatore in una narrazione filmica di livello, e altamente coinvolgente. Con la sua maestria narrativa e visiva, il regista regala allo spettatore un film che è al tempo stesso un thriller, un dramma psicologico e un’opera sull’impossibilità di amare davvero una persona, se non corrispondente all’immagine fantasma alimentata e creata dalla propria fantasia.

Da sottolineare la colonna sonora che accompagna la pellicola, con la musica di Bernard Herrman che con motivi romantici e pieni di pathos amplifica la drammaticità delle diverse sequenze.

Riguardo alle interpretazioni dei diversi protagonisti, quasi inutile dire che sono eccellenti, da attori consumati di un film che ha fatto la storia del cinema hollywoodiano.

“Un solo istante può cambiare un’intera vita.”

Pellicola da apprezzare per il taglio registico, come per i temi senza tempo portati in scena, e per il finale che si realizza in un’esperienza cinematografica che lascia un segno, soprattutto negli amanti del genere del thriller psicologico.

In merito ai riconoscimenti tributati alla pellicola, alla sua uscita nelle sale cinematografiche non c’è stato alcun un trionfo plateale, in quanto considerato lento e poco coinvolgente. Accolto allora con freddezza, è celebrato oggi per la complessità narrativa e la profondità psicologica.

Opera singolare, La donna che visse due volte rappresenta inoltre un’indagine nell’abisso del desiderio umano, del senso di colpa e del dolore per la perdita.

Per concludere, infine, una curiosità. Il titolo originale, Vertigo, si riferisce sia alla paura del protagonista per le altezze, sia al “capogiro” emotivo dello spettatore, trascinato in un labirinto di inganni.

“Non puoi nemmeno toccarmi. Se mi tocchi, mi dissolverò come un sogno.”

 

Written by Carolina Colombi

 

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