“Mascighé” di Giampaolo Manca: la bellezza non scongiura il dolore

La poesia fiorisce nei piccoli borghi, quelli magici, dove contano i volti, i caffè presi insieme o la bottiglia di vino genuino data in dono. Tutto in un microcosmo incantato, attorno alle persone, dove si può scovare la bellezza in ogni angolo; e la vita intera ha il sapore antico del pane fatto in casa, e il profumo della primavera con ogni tempo.

Mascighé di Giampaolo Manca
Mascighé di Giampaolo Manca

Un piccolo borgo al centro del romanzo di Giampaolo Manca Mascighé (edizioni La Zattera). Un abitato di poche centinaia di anime che l’autore battezza Sant’Ilario, ma che già dal logo del Comune nella copertina si capisce che stiamo parlando di Banari, a trenta chilometri da Sassari.

Però il paese non è un’ambientazione, è il centro della storia, e forse è la storia stessa. Perché tutto quello che trascorre nel romanzo potrebbe succedere solo lì, o in un posto simile. La narrazione è permeata delle antiche vie, delle chiese e delle case sempre aperte: perché un borgo fatato può essere solo accogliente e aperto a tutti.

Per quasi duecentocinquanta pagine la telecamera scorre per Sant’Ilario, in esterna, o negli interni quasi sacri delle case a un piano soltanto. È una continua sorpresa, o forse riscoperta, del valore dell’interiorità. Di quello che veramente conta, come gli abbracci, i legami familiari indissolubili, l’amicizia o la solidarietà.

Al di fuori di Mascighé tutto questo lo crederesti una chimera, un mondo fatato che potrebbe esistere solo nelle favole, ma Giampaolo Manca con sua penna sensibile, intrisa di inchiostro e cuore, lo rende vero, plausibile. Il lettore arriva alla granitica certezza che questi posti esistono, si chiamano “posti dove si sta bene”, e vien voglia di scovarli e di abitarli. Un giorno o un mese, ma sempre andando via con la nostalgia di volerci già tornare.

Per tutto il romanzo lo sguardo si rivolge su se stessi, per capire che quello che fa la bellezza è soprattutto lo sguardo. L’autore sembra uno psicologo che sappia trascinarci a trovare nell’animo il coraggio di scoprire quello che potrebbe farci star bene.

La persona ricca di sentimenti al centro, come vero protagonista, oppure quell’angolo che sa raccontare, o quel sentiero, o quel prato che si rispecchia in noi.

Così va in diretta la bellezza nel paese di Sant’Ilario. Che siccome è davvero reale, arrivano pure le zone d’ombra. Le pieghe oscure dell’animo che portano anche dolore. Perché la bellezza non scongiura il dolore.

In Mascighé si viaggia così, in alto e in basso. E forse il male è quasi un contrappeso dentro una sottotrama gialla, con un duplice delitto e una complicata vicenda giudiziaria. Però a Sant’Ilario i delitti non invadono tutto gli angoli della vita, ma sanno restare nel recinto della sofferenza senza straripare troppo. La bellezza non si può corrompere? Non così, in automatico; deve essere una conquista dello spirito. Ci si deve arrivare con coraggio.

L’autore è particolarmente abile a tirare di fioretto con il male e con il bello senza mai sbandare.

È proprio quando entra in scena il tessuto giallo che grandinano suspense e problemi morali. In un paese fatato come ci si rapporta davanti al delitto? Come si sta in equilibrio tra la fame di giustizia e l’accettazione delle leggi non scritte, che fanno fanno parte del patrimonio umano delle consuetudini? Rispettare gli antichi dogmi della cultura più radicata, o praticare le ferree leggi della giustizia ufficiale?

L’autore, pur essendo avvocato, così come il protagonista, non dà soluzioni preconfezionate, quelle valide in tutte le stagioni. No, la vita, la storia romanzata e la storia reale, sono affari più complessi, che si staccano dalle pagine del libro per fare la somma algebrica della coscienza.

Dove sta il giusto? Dove si può stare bene?

Sicuramente in un posto incantato, bello da volersi fermare, dove l’equilibrio fa pace con la coscienza.

Avvocato, giurista, mascighé (vezzeggiativo di ragazzino), invochi le attenuati generiche! Ma ci sono già, dobbiamo solo vederle.

 

Written by Pier Bruno Cosso

 

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