“Libertà, solo libertà” di Behrouz Boochani: il sistema disumano di detenzione in Australia
«Non ci accontenteremo mai di niente di meno della libertà. Libertà, solo libertà» (p.164), è il proclama che Behrouz Boochani vuole diffondere in tutto il mondo.
“Libertà, solo libertà” è al contempo un manifesto politico e una testimonianza della violenza sistematica subita, tra il 2013 e il 2020, dai richiedenti asilo in Australia, Behrouz Boochani in testa, nel tentativo di fuggire a situazioni di grave pericolo.
“Libertà, solo libertà” raccoglie una serie di testi di vario tipo, dell’autore, anzitutto, e di tanti altri: giornalisti, critici culturali, storici e operatori umanitari. È un libro abbastanza sconcertante, perché mette in luce un sistema di detenzione davvero disumano.
Boochani racconta ancora, attraverso questa raccolta di testi, dopo “Nessun amico se non le montagne”, la sua esperienza di prigionia in un campo situato nell’isola di Manus (Papua Nuova Guinea) senza avere commesso alcun reato e, soprattutto, senza un processo e il diritto di avere un’assistenza legale.
Un altro aspetto, non secondario, che Boochani ha messo in luce è il fatto che alla popolazione australiana non veniva detta tutta la verità riguardo a questo regime offshore. Anzi, politici senza scrupoli hanno etichettato i profughi come criminali, stupratori e assassini. Una strategia politica questa, afferma ancora Boochani, basata su un’ideologia di stampo razzista.
L’aspetto forse più aberrante da un punto di vista psicologico di questa detenzione deriva dal fatto di non sapere per quanto tempo i profughi sarebbero stati incarcerati. Oltre a non conoscere un perché!
Di fatto per Boochani, ad esempio, la detenzione è durata sei anni, prima di riuscire a fuggire ed ottenere asilo in Nuova Zelanda, il paese in cui gli è stata garantita una protezione permanente.
Boochani era fuggito dall’Iran a causa del suo impegno giornalistico a favore del popolo curdo del quale faceva parte.
In Italia c’è stata davvero poca informazione rispetto a questa “soluzione” di tipo neocoloniale della gestione dei confini adottata dal governo australiano. Una soluzione che comporta esilio, carcerazione, stupri e molestie sessuali, tortura, tanto psicologica quanto fisica, mancanza di appropriata assistenza medica e, in diversi casi, anche la morte.
Credo che Boochani sia stato straordinario nel comunicare in modo non banale, con i mezzi quasi inesistenti a sua disposizione, la drammatica situazione in cui si era venuto a trovare insieme a tanti altri compagni di sventura.
Omid Tofighian, docente e ricercatore universitario australiano, nel suo breve testo facente parte della raccolta, spiega quella che Boochani chiama la “Teoria della prigione di Manus” nella quale rivestono un ruolo centrale anche la speranza, la gioia, l’orgoglio e l’amore, assurti a veri e propri atti politici. Tofighian traduce inoltre un altro concetto di Boochani con l’espressione “Sistema Kyriarcale”, per descrivere l’interconnessione di sistemi sociali creati a scopo di dominio e oppressione che si rafforzano vicendevolmente e si moltiplicano.
Boochani attraverso i suoi scritti ci fa capire le spaventose e tremende dimensioni del regime di frontiera dell’Australia. Uno degli elementi fondamentali, più volte evidenziati nnei vari testi della raccolta, come già accennato, è costituito certamente dalla denuncia della crudeltà insita nell’incarcerare i richiedenti asilo a tempo indefinito. Un altro elemento basilare del sistema oppressivo e neocoloniale off-shore, riservato ai profughi, sono le possibilità extraterritoriali ed extragiudiziali di controllo e isolamento che questa modalità permette.
Nel 2012 il governo australiano ha iniziato a trasferire i profughi sull’isola di Manus (ex colonia) e su quella di Nauru (ex protettorato). Dal 2013, Kevin Rodd, Primo Ministro, ha reintrodotto la politica “dell’esilio” in base alla quale le persone che arrivano in Australia via mare senza visto vengono bandite dal paese a vita.
Boochani racconta quindi tante e paurose storie di detenzione, a partire ovviamente dalla sua. La storia di un giornalista curdo costretto a fuggire da un paese teocratico e totalitario nel quale non esiste alcuna libertà di critica e di dissenso: l’Iran.
Quando Boochani partì, non immaginava certo la degradazione a cui sarebbe stato sottoposto per ben sei anni. Come l’essere identificato con un numero anziché con il suo nome.
Moones Mansoubi, entrata a suo tempo in Australia come studentessa e ora impegnata nell’assistere i detenuti di Manus, scrive nella sua testimonianza: «Scoprii che in Australia, come in qualunque altro posto, i politici creano “nemici” immaginari e usano la propaganda e la paura dell’altro per acquisire potere» (p.51).
Boochani, per svelare la politica adottata dall’Australia, utilizza anche la teoria di Giorgio Agamben dello “Stato di eccezione”. Sostiene Agamben: «Per instaurare lo stato di eccezione i governi inquadrano le minacce e i cittadini nel linguaggio della sicurezza o dell’interesse nazionali: un’operazione politica in cui il linguaggio della guerra viene utilizzato per giustificare un aumento dei poteri… Lo stato di eccezione investe una persona o un governo del potere sugli altri, un potere che si sostituisce ai diritti costituzionali, umani e civili, negandoli» (p.79).
Oltretutto i profughi sono costretti a vivere su un’isola, come quella di Manus, nemmeno voluti dalla popolazione locale. Scrive Boochani: «È evidente che una tale situazione può solo creare grossi problemi sia per i profughi sia per i locali» (p.128).
Quale sia lo scopo del governo australiano con la gestione offshore dei profughi è facile intuirlo, come ci spiega sempre Boochani: «Creare condizioni così dure da costringere i profughi a tornare nei loro Paesi d’origine» (p.197). Come se fosse un’opzione, quest’ultima, realmente percorribile da chi era fuggito da situazioni di grave pericolo per la propria esistenza.
Un altro aspetto che viene evidenziato nel libro da Elahe Zivardar e Meheran Ghadiri è quello della cosiddetta “industria delle frontiere” che sfrutta i rifugiati, tenuti prigionieri a tempo indefinito, in strutture che necessitano di vigilanza, manutenzione, attività e servizi di tutti i tipi. Un vero business, per certi versi.
Il rapporto di tipo neocoloniale instaurato con la Repubblica di Nauru, ad esempio, ha comportato che l’afflusso di denaro dall’Australia abbia fatto aumentare la corruzione e l’appropriazione di fondi pubblici da parte dei funzionari di governo. Tanto che, nonostante l’afflusso di tanto denaro, le condizioni di estrema povertà della popolazione di Nauru non sono in alcun modo migliorate.
Per concludere, data la situazione che stiamo vivendo oggi, in Europa e in Italia, è davvero importante capire quali potranno essere le conseguenze negative delle scelte politiche che i governi nazionali stanno già facendo per la gestione dei confini e dei richiedenti asilo; politiche sempre più orientate a imitare quelle adottate già da tanti anni in Australia, così ben analizzate e descritte nel libro “Libertà, solo libertà” da Behrouz Boochani.
Written by Algo Ferrari
Bibliografia
Behrouz Boochani, Libertà, solo libertà, a cura di Moones Mansoubi e Omid Tofighian, Add editore, 2024