“Poeti e Scrittori d’Italia”: la prefazione dell’antologia
“Ogni lettura è un atto di resistenza. Di resistenza a cosa? A tutte le contingenze.” ‒ Daniel Pennac
La prima edizione dell’antologia “Poeti e Scrittori d’Italia” (Tomarchio editore, 2024) è un viaggio alla scoperta di poesie e brevi prose percorso da dodici autori che, in armonico confronto, condividono la passione per la scrittura e l’interesse verso il ragionamento sul comportamento umano.
La prima edizione dell’antologia conta al suo interno tredici raccolte: Profumo d’essenza di Fabio Soricone; Scacco matto di Franco Carta; Vita di Franco Carta; Nello spiraglio di luce di Franco Maccioni; La Giusi, l’ITIS e la mostra di quadri di Gian Carlo Storti; Dal cuore di Italo Cappai; Sinestesie identitarie di Jonny Souto; Ripostiglio di Marcello Sgarbi; Cuore di pietra di Marco Leonardi; Un mondo da buttare di Oswaldo Codiga; Intervalli di Paolo Chioda; Ubriaco di poesie, presento me stesso di Rosario Tomarchio; Tuscia di Samuel Fernando Pezzolato.
La copertina dell’antologia celebra il pittore lombardo Ugo Stringa (1923 – 2006) con un’opera del 1960 intitolata “La fucina del fabbro”.
In anteprima, vi presentiamo per gentile concessione della casa editrice la prefazione dell’antologia “Poeti e Scrittori d’Italia”.
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Prefazione “Poeti e Scrittori d’Italia”
L’essere umano, da qualche millennio, si interroga sulla necessità del raccontare ciò che la mente instancabilmente crea. Dall’oralità alla scrittura, dalla preistoria ai giorni nostri non pare esserci stata variazione nel nostro interesse: le parole ‒ atte alla comunicazione con l’altro del nostro “stato” ‒ sono gli elementi che ci permettono di plasmare i mondi interiori. I fogli bianchi diventano il terreno fertile nel quale gettare semi di nero inchiostro intenti a decifrare le immagini ed i sussurri da cui siamo abitati. Per taluni diventa una ossessione, per altri uno svago, per altri ancora una cura benefica: ciò che assimila tutti è la sensazione di aver prodotto qualcosa di unico ed importante, ognuno secondo le proprie possibilità.
La prima edizione del progetto antologico “Poeti e Scrittori d’Italia”, strettamente connessa alla gemella “Poetesse e Scrittrici d’Italia”, presenta dodici autori di varie regioni italiane che, differenziandosi per stile e contenuto, invitano ad entrare in mondi altri nei quali la parola si tinge di èthos e pàthos.
Un soave gusto per la ricercatezza è la cifra stilistica di Fabio Soricone che con “Profumo d’essenza” riproduce l’arcaismo che prende forma nella luce bianca del dilucolo, nell’onda cangiante sovra l’erbe, nel tempo dei silenziosi oracoli, nelle parole ascose nelle intime sciare, nell’apogeo dello spirito.
Nella raccolta poetica “Vita” Franco Carta (Il poeta ibrido) dipinge una notte nella quale la luna giacque capovolta in felicità interrotte che seguono altre rotte. Il sonno è sparito e la parola sfiora la pietra, a sinistra dei fogli, nel desiderio di dire cose che non si possono scrivere: il frutto nascosto della vita. “L’arazzo e la scacchiera” e “Lumache a tavola” sono, invece, i due racconti “antitetici” presenti nella raccolta intitolata “Scacco matto”. Nel primo Franco Carta annota, con profonda sensibilità, le riflessioni di un figlio verso il padre che, dimesso dal manicomio, vive uno stato distaccato dal mondo; nel secondo si racconta, in modo spensierato, una antica ricetta per le lumache fritte.
Franco Maccioni ne “Nello spiraglio di luce” soggioga con i suoi versi l’ignaro viandante mostrando strane figure con occhi intensi che si cercano. Sazi di benedetta acqua, i ricordi che affiorano, alzandosi come steli benedicenti, innalzano dolci parole d’amore nel meraviglioso silenzio che parla e nel dolce profumo di essenze.
La raccolta “La Giusi, l’ITIS e la mostra di quadri” di Gian Carlo Storti si immerge negli anni ’70 presentando tre racconti che espongono temi quali la lotta di classe nelle fabbriche tipica del socialismo per maggiori diritti ai dipendenti, le occupazioni giovanili nelle scuole che durano tre giorni e le prime mostre di pittura anticonformista.
Le ottave di Italo Cappai racchiuse nella raccolta “Dae coro ‒ Dal cuore” sono state scritte nella variante dialettale sardo logudorese e successivamente tradotte in italiano, occorre dunque notare la rima alternata e baciata nella versione in limba. La tematica principale è la vita campestre, la sua semplicità, bellezza ed armonia.
La silloge “Sinestesie identitarie” di Jonny Souto rammenta al lettore una possibile via da intraprendere nella quale l’umore è il riflesso del trattamento che si riserva agli altri così da esercitare l’abitudine della gentilezza quotidiana con avvedutezza e tenacia anche nei momenti difficili.
Marcello Sgarbi ci propone due titoli emblematici nella sua raccolta “Ripostiglio”: “Falasolfa” e “Scighéra”. Il primo, più breve, è una commedia a lieto fine che immagina, in modo quasi onirico, una città, per l’appunto Falasolfa, nella quale il re Stonatone I ha vietato la musica a tutto il suo popolo. In antitesi il secondo racconto è una vera e propria celebrazione della musica. L’autore ci coinvolge con dei pittoreschi personaggi che, in un locale milanese, alternano sorsi di pinta bionda e di rosso amabile a vere e proprie prove canore e lezioni di astrologia, lasciando al lettore un finale contemplativo.
Il racconto intitolato “Cuore di pietra” di Marco Leonardi trasporta in un hotel a Collesperso accanto al famoso Lago della Strega presso il quale, ogni anno per il 2 novembre, prende alloggio uno scrittore conosciuto con lo pseudonimo di Negromante che si accinge a riscrivere una nuova versione della leggenda locale della contessa arsa viva nel 1519.
“Un mondo da buttare! ‒ Un mond da bütàa via!” è la raccolta poetica di Oswaldo Codiga presentata nel dialetto del Canton Ticino, più comunemente chiamato “il dialetto della ferrovia”, con traduzione in italiano. Tema portante è lo sconforto per l’assenza della pace nel mondo, le poesie alternano le carezze che i bambini dovrebbero ricevere dagli adulti alle lacrime che, invece, stendono perché vittime di guerra, abbandonati in un sistema spietato. Congiunta alla tristezza per i comportamenti di crudeli società umane è la richiesta di non armare più gli eserciti, una richiesta vana come ammette lo stesso Codiga.
Paolo Chioda con la raccolta di aforismi, intitolata “Intervalli”, consiglia di esercitare quotidianamente la gentilezza così da renderla un’abitudine, di combattere l’ozio, di possedere valori e sentimenti che portano l’interiorità a livelli superiori, di mantenere avvedutezza e tenacia nei momenti difficili.
“Ubriaco di poesie, presento me stesso” è il titolo della raccolta poetica di Rosario Tomarchio che offre ad un simulacro di donna amata i travagli dell’assenza e della distanza, della tristezza e della nostalgia, del momento del sogno in cui si festeggia la gioia dell’unione mentre procede a tentoni nella divina arte delle rime.
Samuel Fernando Pezzolato con la silloge poetica “Tuscia” celebra l’antica Etruria con un richiamo nel quale i frutti dei bachi tinti di rosa antico viaggiavano con le nenie tra l’acacia e il sambuco. Un richiamo al quale ha risposto il cielo con lo stemma dell’orologio della torre nella sua forma pura ed eterea e con dune di cipressi sulle rive del castello ove s’affacian colonne scolpite. Pezzolato, nel trabocchetto del braciere, avanza verso il primo strumento che l’amor suonava dove il tempo sa farsi leggero nel sottile contrasto di un tatuaggio bianco.
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Written by Alessia Mocci
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