Lettera di Lev Tolstoj a Mahatma Gandhi: più forte degli uomini

“Il nostro tempo non può porsi come ideale un qualche mutamento delle forme di violenza, ma unicamente una totale abolizione di essa, abolizione che si potrà raggiungere con il rifiuto d’obbedire come che sia al potere degli uomini.”[1] ‒ Lev Tolstoj

Lev Tolstoj citazioni
Lev Tolstoj citazioni

Più forte degli uomini è il titolo di una interessante pubblicazione di Bordeaux, edita nel 2023, che raccoglie l’epistolario tra il russo Lev Tolstoj (9 settembre 1828 – 20 novembre 1910) e l’indiano Mahatma Gandhi (2 ottobre 1869 – 30 gennaio 1948) con gli inseriti Lettere a Hitler e Lettera a un indù.

La lettera che si propone sottostante è stata scritta poco prima della morte di Lev Tolstoj e rivela il significato del titolo scelto per il volume “Più forte degli uomini”.

Tra Tolstoj e Gandhi c’è stato un rapporto di profondo rispetto, entrambi hanno proposto la non-resistenza cioè il restare fedeli alla legge dell’amore che non lascia spazio ad alcun tipo di violenza. Entrambi discutono della necessità per l’essere umano di entrare nella concezione della pace universale che non prevede vinti e vincitori, eserciti, governi autoritari.

La ricerca di pace non può essere esternata attraverso la guerra, lezione che ancora oggi non si è compresa vista e considerata la divisione dell’opinione pubblica dei “popoli cattivi e popoli buoni” nella quale le varie fazioni considerano sia opportuno giungere alla pace massacrando l’avversario. Oggi come ieri ci si sente in “dovere” di gioire per i morti della fazione avversaria (oggi con esternazioni sui social network, ieri sulle strade) come se quei morti non fossero esseri umani, come se non avessero una famiglia, come se non fossero uguali a qualsiasi altra persona che esegue degli ordini. Hannah Arendt ne parlò in modo sagace ed approfondito nel suo “La banalità del male”.

Lev Tolstoj, da lucido analista della società, si accorse del problema fondante: la contraddizione tra ciò che professano le religioni e le azioni che mettono in pratica. Una contraddizione che parte dal basso del popolo ed arriva nell’alto del governo, una contraddizione che non può essere mutata per la volontà del governo che, per istinto di sopravvivenza, protegge se stesso. Questa pretesa di protezione da parte delle autorità si palesa nella dichiarazione dell’esistenza di un nemico che assume il compito di distrarre le masse: il nemico può essere dunque esterno allo Stato oppure interno e, di norma, rappresentato da una minoranza.

Lev Tolstoj in altre occasioni, ad esempio nella raccolta edita da Mondadori (nel lontano 1998, di cui sarebbe gradita una ristampa) e tradotta da Igor Sibaldi “Perché la gente si droga? E altri saggi su società, politica, religione”, tratterà in maniera diretta ed esaustiva i suoi ragionamenti riguardo all’atteggiamento che il popolo dovrebbe assumere nei confronti della volontà di violenza esercitata dai potenti.

“Il rifiuto della violenza non toglie agli uomini la possibilità di formare unioni, ma unioni che davvero si fondino sulla concordia reciproca potranno prender forma solamente quando saranno distrutte le unioni fondate sulla violenza.”[2] ‒ Lev Tolstoj

“Di chi la colpa? Già, di chi la colpa?”[3] chiede Fëdor Dostoevskij in chiusura de “Memorie dalla casa dei morti”, romanzo che Tolstoj definì nel saggio “Che cosa è l’arte?” un “modello dell’arte superiore, religiosa, proveniente dall’amore di Dio e del prossimo”.

Non ultimo infatti è il compito di ognuno di noi di risolvere il conflitto interiore (la contraddizione interiore di cui parla Tolstoj), il πόλεμος che ci attanaglia. Eraclito, nei pochi frammenti che ci sono pervenuti, pur trattando di questa stessa contesa/lotta interna non palesa grandi prospettive di successo per i molti (οἱ πολλοί) come invece auspica Tolstoj e tanti altri. Ad esempio si legge: “Qual è il loro intuire, il loro sentire? Prestano fede agli aedi delle moltitudini e prendono a maestro il volgo e non sanno che i molti sono spregevoli, eccellenti i pochi[4] od anche “Polemos di tutte le cose è padre, di tutte le cose è re: e gli uni rivela dèi, gli altri umani, gli uni rende schiavi, gli altri liberi[5]. Eraclito non considera possibile la presa di coscienza collettiva proprio perché l’uomo è mortale (θνητός) ed ad ogni vita deve ripercorrere questa contesa tra sé e la società, tra sé e la personalità che ha costruito, tra sé e chi l’ha preceduto: di quale progresso possiamo parlare oggi?

La tecnica (τέχνη) prosegue senza sosta ma l’essere umano ‒ il mortale ‒ è fermo malgrado gli insegnamenti dei pochi (ὀλίγοι) che hanno operato per questo professato risveglio che pare sempre prossimo ma che risulta essere prossimo da svariati millenni.

 

Lettera di Lev Tolstoj a Mahatma Gandhi

Kočety, 7 settembre 1910 ‒ a M.K. Gandhi, Johannesburg, Transvaal, Sudafrica

Ho ricevuto il vostro giornale, «Indian Opinion», e mi ha fatto molto piacere venire a conoscenza di tutto ciò che c’è scritto sulla non-resistenza. Per questo desidero comunicarvi i pensieri suscitati dalla lettura degli articoli.

Più vivo ‒ specialmente ora che mi avvicino alla morte ‒ più ho voglia di esprimere agli altri ciò che provo così intensamente e che, secondo la mia opinione, è di enorme importanza. Quella che chiamiamo non-resistenza in realtà non è nient’altro che la disciplina dell’amore senza che essa venga stravolta da false interpretazioni. L’amore è l’aspirazione all’unione e alla solidarietà fra uomini, e tale aspirazione è sempre fonte di nobili iniziative. Esso è l’unica, suprema legge che regola la vita umana, e ognuno lo sente nel profondo della propria anima. Lo possiamo notare con più chiarezza nei bambini. L’uomo ne è consapevole fino a quando non viene accecato dalle false dottrine presenti nel mondo.

La legge dell’amore è stata promulgata dalle filosofie di tutti i popoli ‒ indiani, cinesi, ebrei, greci e romani. Credo che sia stato Cristo a esprimerlo più chiaramente, dicendo che da essa dipendono tutta la legge e i profeti. Ma ha fatto di più; ha previsto lo stravolgimento al quale questa legge è soggetta, ha indicato espressamente il pericolo di tale stravolgimento, consueto alle persone che vivono solo per gli interessi terreni. Più precisamente, il pericolo consiste nell’autorizzare a difendere tali interessi con la violenza; ovvero, come disse lui, di rispondere colpo su colpo, riprendersi con la violenza ciò che ci è stato sottratto e così via. Cristo inoltre sapeva, così come ogni essere umano dotato di ragione deve sapere, che l’impiego della violenza è incompatibile con l’amore, la legge fondamentale della vita. Egli sapeva che se utilizzata ‒ non importa se una volta sola ‒ la legge dell’amore viene meno, cessa di esistere. L’intera civiltà cristiana, così magnifica vista dall’esterno, si è sviluppata sulla base di questo fraintendimento e di questa palese e strana contraddizione, alcune volte con consapevolezza, molte altre senza.

In pratica, non appena la resistenza viene affiancata all’amore, quest’ultimo non esiste più, tantomeno come legge che regola l’esistenza. E se la legge non può esistere allora non ne rimane nessun’altra eccetto quella della violenza, ovvero il diritto dei potenti. È così che hanno vissuto i cristiani per diciannove secoli. Non è un caso che le persone si siano affidate esclusivamente alla violenza per organizzare la società. Ma la differenza tra gli ideali dei cristiani e quelli degli altri popoli è la seguente: nel cristianesimo la legge dell’amore è stata espressa in modo estremamente chiaro rispetto alle altre religioni; il mondo cristiano ha accettato solennemente questa legge, nonostante allo stesso tempo abbia permesso l’impiego della violenza, basando la sua intera esistenza proprio su quest’ultima.

È per questo che nei cristiani è presente una totale contraddizione tra ciò che professano e i principi alla base della loro vita; una contraddizione tra l’amore, riconosciuto come legge suprema, e la violenza, ritenuta inevitabile dalle varie istituzioni; legittimata ed elogiata dai vari governi, tribunali, eserciti, et cetera. Contemporaneamente alla crescita interiore del mondo cristiano è cresciuta anche questa contraddizione che in tempi recenti è giunta al parossismo.

Al momento la questione si pone senza alcun dubbio nel seguente modo; possiamo ammettere di non riconoscere nessuna disciplina, religione o morale, e che nella vita facciamo affidamento solo sulla sopraffazione, o chiedere che tutte le tasse riscosse con la forza, le organizzazioni giuridiche e i corpi di polizia, e soprattutto gli eserciti vengano aboliti.

Questa primavera, in un istituto femminile di Mosca durante l’esame di religione il professore e il vescovo hanno interrogato le ragazze sui dieci comandamenti, in particolar modo sul sesto, «Non uccidere». Quando rispondevano in maniera corretta al professore, di solito il vescovo poneva un’altra domanda: «La legge di Dio proibisce sempre e in ogni caso di uccidere?». E le povere ragazze, deviate dai loro insegnamenti, dovevano rispondere: «No, non sempre, uccidere è permesso in guerra e per punire i criminali». Tuttavia, una di queste sfortunate ragazze (ciò che racconto non è finzione, mi è stato riportato da un testimone oculare) a cui venne fatta la stessa domanda, «uccidere è sempre un crimine?», si emozionò, arrossì e rispose con decisione: «Sì, sempre».

A tutte le domande insidiose poste dal vescovo rispose con ferma convinzione: disse che uccidere è sempre proibito dall’Antico Testamento, così come da Cristo che non solo proibisce di uccidere ma anche di fare del male al prossimo. A nulla servirono il talento oratorio e l’imponente levatura del vescovo che fu obbligato a battere in ritirata, e la giovane ne uscì vittoriosa.

Certo, sui nostri giornali possiamo discutere del progresso dell’aviazione e di altre scoperte, delle difficili relazioni diplomatiche, dei vari circoli e alleanze, delle cosiddette creazioni artistiche, e rimanere in silenzio su quanto affermato dalla ragazza. Ma il silenzio è inutile in questi casi, poiché qualsiasi fedele cristiano si sente, più o meno, come quella ragazza. Il socialismo, il comunismo, l’anarchismo, l’Esercito della salvezza, la criminalità in aumento, la disoccupazione e il lusso insensato e privo di limiti dei ricchi, la tremenda miseria dei poveri, il terribile aumento dei casi di suicidio: sono tutti segni della presenza di quella contraddizione interiore che non può essere risolta, se non tramite la legge dell’amore e il rifiuto di ogni tipo di violenza.

Per questo la vostra attività nel Transvaal[6], pur sembrando così distante dal nostro paese, è quanto di più fondamentale e importante ci sia per noi, fornisce al mondo una delle prove più significative. E alla vostra opera non vi parteciperanno solo i cristiani ma anche tutti gli altri popoli.

Più forte degli uomini Lev Tolstoj Mahatma Gandhi
Più forte degli uomini Lev Tolstoj Mahatma Gandhi

Penso che vi faccia piacere sapere che anche qui in Russia si sta sviluppando rapidamente un movimento simile, i casi di rifiuto della leva militare aumentano di anno in anno. Per quanto esiguo possa essere il numero dei vostri partecipanti alla non-resistenza, e quello di chi in Russia rifiuta il servizio militare, entrambi possono affermare con coraggio che «Dio è con noi» e che «Dio è più forte degli uomini».

Nella confessione cristiana, anche nella versione corrotta con cui si manifesta a noi credenti, che legittima e ritiene necessario che gli eserciti uccidano su una scala sempre più vasta, esiste una contraddizione così palese ed evidente che prima o poi, e molto probabilmente prima, si manifesterà inevitabilmente per ciò che è; essa o ci condurrà alla rinuncia della religione cristiana e all’affermazione del potere dei governi, o alla rinuncia degli eserciti e a tutte le forme di violenza legittimate dallo Stato e che sono più o meno necessarie a mantenere il suo potere.

Di questa contraddizione ne sono al corrente tutti i governi, compreso quello russo. Perciò, secondo lo spirito del conservatorismo a cui sono avvezzi i governi, sia in Russia sia in India l’opposizione viene perseguitata, più di ogni altra attività antigovernativa. I governi sanno da dove arriva il pericolo maggiore e cercano di difendersi con estremo zelo, non combattono solo per proteggere i loro interessi ma anche per la loro sopravvivenza.

Con tutta la mia stima,

Lev Tolstoj

***

 

Si consiglia l’acquisto del libro cartaceo per aver maggiore conoscenza della corrispondenza tra Tolstoj e Gandhi.

Le case più lontane saranno le prime a bruciare.” ‒ Faneta Nukta

 

Written by Alessia Mocci

 

Note

[1] Lev Tolstoj, Perché la gente si droga? E altri saggi su società, politica, religione, a cura di Igor Sibaldi, Mondadori, 1998, pag. 268

[2] Lev Tolstoj, Perché la gente si droga? E altri saggi su società, politica, religione, a cura di Igor Sibaldi, Mondadori, 1998, pag. 270

[3] Fëdor Dostoevskij, Memorie dalla casa dei morti, traduzione di Enrichetta Carafa d’Andria, Newton Compton editori, 1995, pag. 220

[4] Eraclito, Dell’origine, a cura di Angelo Tonelli, Feltrinelli, 2017, fr. 44, pag. 97

[5] Eraclito, Dell’origine, a cura di Angelo Tonelli, Feltrinelli, 2017, fr. 22, pag. 67

[6] Sul Transvaal condividiamo la pagina di Wikipedia.

 

Info

Acquista il libro “Più forte degli uomini” su Amazon

Leggi la Lettera ad Adolf Hitler di Mahatma Gandhi

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *