“Il minimarket della signora Yeom” di Kim Ho-Yeon: il potere della gentilezza
Negli ultimi anni si è affermato un prolifico filone narrativo; i romanzi del buonumore, apprezzati perché, senza essere leggeri, sono lievi. Insegnano il potere della gentilezza, la forza del sorriso; fanno bene. Una caffetteria, una libreria; perfino una lavanderia sono luoghi terapeutici di rigenerazione.
Lo scrittore coreano Kim Ho-Yeon sceglie un minimarket; un bugigattolo seminascosto in un quartiere di Seoul. Qui si intrecciano vite, si sciolgono nodi; e si compie il miracolo della guarigione interiore. Il minimarket della signora Yeom (Salani Editore, 2024, pp. 269, trad. di Claudia Soddu) è il primo romanzo di Kim Ho-Yeon a essere tradotto in italiano; vincitore di numerosi premi letterari, è stato il più venduto in Corea del Sud nel 2021.
La signora Yeom, insegnante di Storia in pensione, è in treno; la memoria spesso fa cilecca, forse è un’avvisaglia di Alzheimer. Anche adesso non riesce a ricordare; e non riuscire a ricordare la angustia più dell’inconveniente. Si è appena accorta; ha perso la pochette con i documenti. Dove è accaduto? Quando?
Si arrovella senza venirne a capo; il suono del telefono la strappa a quei pensieri affannosi. È un numero sconosciuto; dopo un respiro profondo, la donna risponde. Dall’altra parte solo rumori; sembra che l’interlocutore si trovi in un posto pubblico. Poi una voce parla, roca; quasi non umana, come quella di un orso appena uscito dal letargo. L’uomo la informa che ha trovato la pochette; telefona dalla stazione centrale di Seoul. La signora Yeom sospira di sollievo; assicura che arriverà prima possibile.
Chiusa la chiamata, è assalita dal disagio; a giudicare dalla parlata strascicata, quel tipo è un senzatetto. Arrivata alla stazione, la signora si avvia verso il luogo dell’incontro; l’uomo è rannicchiato, i lunghi capelli incrostati di sporcizia. Sotto gli occhi della donna, scoppia una rissa; il senzatetto ha la meglio sugli aggressori. La pochette è salva; sta per tornare alla legittima proprietaria. Tutto è bene quel che finisce bene? Non ancora.
Il senzatetto vuole accertarsi dell’identità della donna; dopo un paio di verifiche, le restituisce il portadocumenti. Ha agito secondo un senso di giustizia; va premiato. Rifiuta il denaro; da cristiana, la signora Yeom vuole essere una buona samaritana. Lo invita a seguirla presso il suo minimarket; almeno un pasto lo accetterà. Lo guarda mangiare; le sembra un orso che si ingozza di miele prima del letargo. Placata la fame, l’uomo ha recuperato una certa lucidità mentale; è più tranquillo, meno guardingo.
La munificenza della signora Yeom va oltre; «torni pure ogni volta che avrà bisogno». La pia donna ha nutrito un vagabondo; ha compiuto un’opera di misericordia. Ma per i guai di suo figlio non sa che fare; deve ammetterlo, è un bugiardo. Grandi progetti regolarmente sfumati; denaro sperperato; e le frustrazioni annegate nell’alcool. Come aiutarlo? La signora non ne ha idea; può solo pregare per lui. E sperare. I dipendenti del minimarket sono la sua famiglia; le uniche persone su cui può davvero contare sono quelle che la chiamano “capo”.
Il senzatetto ormai è assiduo; rispetto al primo incontro, si esprime con frasi più articolate. È il momento giusto; la signora gli rivolge le domande che prima ha dovuto tacere. Non ottiene alcuna risposta; l’uomo non ricorda nemmeno il proprio nome. Ma devono pur comunicare; allora lo chiama Dokko. “Tok”; forse è scritto con lo stesso carattere della parola “solo”. Quell’uomo evoca proprio solitudine; che l’abbia scelta o gli sia capitata. Il capo deve affrontare un problema; il cassiere del turno di notte dà le dimissioni. Chi lo sostituirà? Non è facile trovare qualcuno che accetti quell’orario massacrante; non c’è altra scelta, tocca alla signora.
La terza notte un gruppo di giovani clienti la mette in difficoltà; la loro strafottenza sta per degenerare in una rapina. Manca poco perché dalla violenza verbale passino a quella fisica; la porta si apre. Una voce tuona nel locale; la mole gigantesca di Dokko blocca l’uscita, fino all’arrivo della polizia. Il suo coraggio aumenta l’ammirazione della signora Yeom; quel tipo è anche sveglio, eccome. L’idea è fulminea; il signor Dokko lavorerà nel negozio. La donna non sa niente di lui; lui stesso non sa niente di sé. Che importa? L’ex insegnante ha buon occhio per le persone; come cassiere andrà benissimo, deve solo smettere di bere.
La fine dell’autunno porta una novità; Sihyeon, la commessa, è incredula. L’uomo che accompagna il capo è proprio Dokko; ma il barbone non c’è più. Volto rasato, capelli corti, abiti decorosi; è un’altra persona. La ragazza si occuperà del suo training; quello del capo è un ordine. Sihyeon non è particolarmente affidabile; non ha amici, è una outsider. La sua vita si divide tra le lezioni e il lavoro; per lei il minimarket è il posto più sicuro.
È decisa; non lo lascerà finché non avrà superato l’esame di stato. Pur riluttante, esegue l’ordine; prepara Dokko a lavorare da solo alla cassa. L’apprendista è diligente; assimila le istruzioni, prende appunti. Sihyeon si sente fiera; ha insegnato tante cose a un uomo che ha almeno vent’anni più di lei. Il peggiore incubo della ragazza entra in negozio; il cliente che vanta la palma dei piantagrane. Come sempre, ha un piglio provocatorio; beffardo, mette alla prova l’apprendista. Non batte ciglio, l’orso; con fermezza ne smonta le intenzioni bellicose. Il piantagrane mastica amaro; non può fare altro che battere in ritirata.
Il training va a gonfie vele; una settimana dopo, Dokko non ha più bisogno di supervisione. Inizierà a lavorare da solo; ha imparato subito tante cose perché Sihyeon è una brava insegnante. Lo ha aiutato; potrebbe aiutare anche altri aspiranti commessi. Perché non mettere delle lezioni su internet? Si può fare. I video hanno un successo inaspettato; le spiegazioni sono sintetiche e chiare. L’outsider ha trovato un contatto con il mondo; Dokko l’ha aiutata a sua volta. A fine anno, Sihyeon riceve una proposta di lavoro; un incarico tanto qualificato quanto remunerativo.
Oh Seonsuk inorridisce se pensa che il nuovo collega è stato un senzatetto; per fortuna non crea problemi. Uno straccio resta tale anche se viene lavato; e le persone non cambiano mai. Fedele a questo principio, Seonsuk non crede alla trasformazione di Dokko; un orso non può diventare un essere umano. La donna sceglie di non fidarsi; lo tratta con freddezza. Durante il suo turno, un ragazzino si aggira tra gli scaffali; Seonsuk conosce quel trucco. Lo afferra per un braccio; gli intima di restituire la refurtiva. Gli animi si scaldano; è l’orso a riportare il sereno. Con gentilezza, Dokko affronta il ladruncolo; l’episodio increscioso finisce con una risata. La rabbia della donna è sbollita in men che non si dica; prova sollievo. Si sente bene; e inizia a fidarsi di Dokko.
I battibecchi con suo figlio sono all’ordine del giorno; è un fannullone che a trent’anni si trastulla con i videogiochi. La madre è esasperata; l’ennesimo litigio è più feroce del solito. Il cuore le fa male; ma non ha nessuno con cui condividere il dolore. Dov’è Dokko? Lo trova nel retro del negozio; Seonsuk prova una fitta di amarezza. Suo figlio è persino peggio di un ex vagabondo. L’uno non fa più parte della società; l’altro ne è diventato membro.
La donna non può trattenersi; come un fiume in piena, inizia la propria confessione. Dokko ascolta; ascolta lo sfogo su quell’imbarazzante figlio; tace e ascolta. Ha parlato troppo, Seonsuk; ma adesso si sente meglio. È questo il punto; quando qualcuno ti ascolta ti senti meglio. Hai mai ascoltato tuo figlio? La donna si rende conto che no; non lo ha mai fatto. Si è preoccupata della cattiva condotta del ragazzo; ma non ha mai cercato di capirne la ragione. Un dolcetto, una lettera; un nuovo inizio tra madre e figlio.
Kyeongman è un cliente fisso del minimarket; il tavolino all’aperto è il suo posto preferito per bere. Ha preso l’abitudine di consumare un pasto prima di tornare a casa dal lavoro; alcool e cibo, freddo e caldo. Quella notte alla cassa c’è uno sconosciuto; un uomo dalla grossa mole. Sarà per gli occhi penetranti, per il modo brusco di parlare; gli incute soggezione. Chi è il nuovo cassiere del turno di notte? Kyeongman ci ragiona su; mette insieme vari indizi e arriva a una conclusione. Non c’è dubbio; quella specie di orso è il proprietario. L’alcool acquista il sapore del fuoco; brucia come il fallimento. La vita di Kyeongman si è sfaldata; prigioniero delle proprie frustrazioni, ha smesso di dedicarsi alla famiglia. Sul lavoro si era sempre distinto per impegno e cortesia; qualità che si fondavano sulla forza fisica. Con l’avanzare dell’età, il vigore è venuto meno; quelle doti sono scadute in incompetenza e codardia.
Il 2019 è agli sgoccioli; nessun taglio allo stipendio, nessuna promozione. Kyeongman annega nell’alcool l’angoscia per il futuro; al tavolo del minimarket, consuma l’unico sollievo. Forse si è appisolato; deve essere stato allora che l’uomo si è seduto davanti a lui. Il proprietario del minimarket lo apostrofa; sembra che lo stia trattando da senzatetto. Gli offre del tè; è buono per smettere di bere. Questo è troppo; quell’orso è un impiccione. Il cliente giura; non metterà più piede in quel locale. Il nuovo anno è iniziato; Kyeongman ormai ha perso la fiducia in se stesso. L’umiliazione che subisce al lavoro, il senso di alienazione che prova a casa; voglia di mollare tutto. Voglia di bere; per una beffa della sorte, il minimarket è l’unico posto alla sua portata. L’orso è ancora lì; è gentile.
Le difese di Kyeongman crollano; sfoga tutta la sua amarezza, sputa il nulla che è. L’orso insiste; deve smettere di bere. L’altro si irrigidisce; di nuovo si chiude in sé. Dopo quella sconcertante conversazione, davvero non tornerà più in quel locale scadente; anche se è l’unico che faccia al caso suo. Un giorno Kyeongman torna a casa prima; non odora di alcool. Non si aspettava un’accoglienza così festosa; l’entusiasmo della famiglia gli dà la spinta. L’uomo ha deciso; ha scelto la strada da seguire. Il peggiore guaio per uno scrittore è il famigerato blocco; Inkyeong ne sa qualcosa. La vena creativa si è inaridita; negli ultimi due anni ha finito solo un paio di lavori. Questa è la sua ultima possibilità; per tre mesi occuperà un appartamento nel quartiere di Cheogpa.
Se non riuscirà a comporre un’opera, mollerà; metterà fine alla propria carriera di scrittrice. Intanto deve placare la fame; il minimarket non offre granché. L’uomo alla cassa sembra un orso; è untuoso come l’inchino che le rivolge. Il secondo incontro è disastroso; la goffaggine di lui fa infuriare Inkyeong. Una settimana dopo, il manoscritto langue; la donna vuole scrivere una storia radicata nella realtà, ambientata in uno spazio vivo. Negli ultimi giorni un uomo ha attirato la sua attenzione; verso le undici di sera, siede al tavolo del minimarket per bere in solitudine. Inkyeong lo osserva incuriosita; ne immagina la storia, formula ipotesi. L’omone del negozio gli offre un bicchiere; bevono, parlano.
La curiosità è irrefrenabile; deve saperne di più. La donna si precipita al minimarket; quello che rivolge a Dokko è un vero e proprio interrogatorio. L’uomo risponde come può; le racconta quel poco che ricorda di sé. Le loro conversazioni vanno avanti per un paio di giorni; Inkyeong prende nota. Quel materiale inaspettato diventa ispirazione per scrivere; la musa torna a sorriderle.
Il dramma parlerà di un minimarket scomodo; il protagonista sarà il commesso del turno di notte, un uomo dal passato incerto. Minsik ha per le mani l’affare della sua vita; il guaio è che gli servono soldi da investire. Non è difficile rimediarli; deve solo convincere sua madre a vendere il minimarket. Due mesi prima un dipendente si è licenziato; l’uomo alla cassa deve essere il nuovo commesso.
Minsik pretende di non pagare la birra; è il figlio del capo. L’omone non si fida; al colmo della rabbia, il ragazzo minaccia di licenziarlo. L’altro ribatte con un duro rimprovero; ha lasciato sola sua madre. Che razza di figlio è? Non riesce a prendersi cura di lei; non sa nemmeno che è stata male. La collera di Minsik sfuma nell’angoscia; sente il bisogno di farle visita. La signora Yeom sta benone; Minsik va all’attacco. Lamenta la maleducazione del commesso; sarebbe bene licenziarlo. Anzi, non c’è bisogno; meglio vendere il minimarket. La madre è irremovibile; non ha alcuna intenzione di mettere nei guai i propri dipendenti. Minsik non si arrende; intanto si occuperà di quel commesso maleducato. Deve indagare sul suo passato; scoprirne gli scheletri nell’armadio. Dopo, farlo licenziare sarà un gioco da ragazzi.
L’Obiettivo cammina e cammina; non fa altro che camminare. Kwak ha una certa età; seguirlo gli è pesante. Lo vede entrare in stazione; ne distingue il parka bianco in mezzo a dei senzatetto. La cosa si fa interessante; sulle tracce dell’Obiettivo, Kwak finisce su un treno. Corsa terminata; il pedinamento a piedi riprende. L’Obiettivo entra in una clinica; di sicuro cerca qualcuno che lavora lì. Ma chi? Il segugio ha fiutato la traccia; non immagina certo di finire nella tana del lupo. Chi diavolo sei? Questo vorrebbe chiedere all’Obiettivo, seduto davanti a lui; la domanda si scioglie tra le lacrime. Come in una danza, i ruoli si confondono; ma entrambi sono uomini sulla via della redenzione. Nelle ultime pagine del romanzo, Dokko si rivela; con un rovesciamento della prospettiva narrativa, ci dà tutte quelle risposte che ha cercato insieme a noi.
Il minimarket della signora Yeom insiste sull’importanza della comunicazione; il coraggio di parlare, la pazienza di ascoltare. Insieme a questi, un altro aspetto va a comporre una trinità dell’umano; la compassione, intesa come cum patior. Un trauma ha congelato il passato di Dokko; il presente gli offre la possibilità di sciogliere il ghiaccio. Il superamento del dolore richiede un sacrificio; uscire da sé, nell’aiuto e nella condivisione con l’Altro.
“Non siamo fatti per cadere nei fiumi, ma per attraversarli. Un ponte è una strada, non un dirupo da cui saltare. […] Aiuterò quando posso aiutare, e condividerò ciò che posso condividere […]. Con queste mani che volevano salvare solo me stesso, salverò gli altri.” – tratto da “Il minimarket della signora Yeom”
Written by Tiziana Topa
Bibliografia
Kim Ho-Yeon, Il minimarket della signora Yeom, Salani Editore, 2024