Elsa Morante: la vita, le passioni ed i romanzi
“Una delle possibili definizioni giuste di scrittore, per me sarebbe addirittura la seguente: un uomo cui sta a cuore tutto quanto accade, fuorché la letteratura.” ‒ Elsa Morante
È il 1957 quando Elsa Morante, scrittrice e poetessa italiana, riceve il Premio Strega: prima donna a ottenere tale riconoscimento. Evento, che dà la cifra delle qualità letterarie della Morante.
“Il locale, piuttosto ampio, aveva due entrate. Nell’angolo presso la seconda entrata, di là dalla ghiacciaia, e dal banco, e dalla tavolata dei giocatori, una piccola folla si accalcava in piedi intorno alla radio accesa…” ‒ da La Storia
Nata a Roma il 18 agosto del 1912, Elsa Morante, scrittrice singolare, ha occupato e ancora occupa un posto importante nel panorama letterario italiano. Cresciuta nel quartiere popolare del Testaccio (Roma), insofferente alla vita familiare se ne allontana presto, e fin da giovanissima dà prova della propria inclinazione letteraria. Collaborando con riviste e mantenendosi grazie a lezioni private. Esperienza che le permetterà di esperimentare e sviluppare gli stilemi della letteratura di genere, che saranno alla base della sua versatilità linguistica. Tuttavia, parte della sua produzione giovanile è rimasta fuori dai canoni ufficiali, eccetto alcuni racconti e fiabe scritte all’età di tredici anni.
È il 1941 quando la scrittrice sposa Alberto Moravia, scrittore già affermato, conducendo con lui una vita all’insegna della letteratura e frequentando intellettuali del calibro di Pier Paolo Pasolini, con cui la Morante stabilisce una lunga e duratura amicizia.
Il matrimonio con Moravia si rivelerà purtroppo un fallimento: è il 1962 quando i due si separano. Ed è un momento che la segna nel profondo, portandola ad attraversare un periodo travagliato, durante il quale il suo impegno narrativo si rivolge alle avanguardie letterarie, facendo propria la nascente contestazione sessantottina. A cui si aggiunge un forte turbamento in seguito alla morte violenta del pittore Bill Morrow, con cui ha intrecciato una relazione sentimentale.
Per la Morante seguono anni difficili, nonostante i riconoscimenti professionali ottenuti grazie alla sua scrittura altamente evocativa.
Infine, dopo aver dato alle stampe opere memorabili e ricche di una prosa volta a esplorare le complessità dell’animo umano, nel 1985 la Morante viene a mancare. Lasciando un vuoto umano e letterario durevole nel tempo.
“Negli ultimi mesi dell’occupazione tedesca, Roma prese l’aspetto di certe metropoli indiane dove solo gli avvoltoi si nutrono a sazietà e non esiste nessun censimento dei vivi e dei morti…” ‒ da La Storia
Dotata di ampia ricchezza lessicale, per ogni suo romanzo la Morante elabora un diverso modello linguistico, pur mantenendo per tutti uguale impronta linguistica.
Una versatilità in cui si può osservare che per la scrittrice il linguaggio è funzionale alla verità: senza questo obiettivo le parole, come sostenuto da lei, rimangono un vuoto esercizio retorico. Ed è proprio grazie alle sue straordinarie risorse lessicali e sintattiche che esprime una diversa chiave di lettura linguistica per ogni sua opera. Tuttavia, il segno stilistico impresso ai suoi romanzi è uguale in tutti i suoi lavori.
A proposito della produzione letteraria della Morante, si può affermare che in parte è plasmata dalle sue esperienze autobiografiche, con una visione della realtà in cui la scrittrice asserisce che la felicità appartiene a pochi, mentre gli infelici sono in misura maggiore.
I suoi scritti iniziali sono improntati sullo stile del romanzo ottocentesco, in particolare quello francese e russo, durante il quale elementi reali si intrecciano a quelli favolistici, in un’esposizione dai toni quasi fanciulleschi, con elementi narrativi che si palesano in un’esplorazione psicologica dei personaggi.
E ciò, riferito soprattutto ai primi romanzi, le cui vicende narrative vedono giovani protagonisti affacciarsi all’età adulta e prendere consapevolezza dell’amore. Sentimento inteso come bisogno di colmare il vuoto portato dai mancati affetti. In cui emerge una bravura descrittiva acquisita grazie alla sua inclinazione di immergersi nell’animo dei personaggi delle sue opere. Svelando una loro complessità interiore che la scrittrice esplora in tutta la sua profondità.
Personaggi, che con i loro moti sentimentali, gioia, dolore o amore, lottando con le loro paure appaiono vulnerabili nella loro pochezza. Ma sono invece eroi per il coraggio con cui affrontano le sfide della vita. Ed è proprio grazie alla sua scrittura evocativa che Elsa Morante raggiunge l’essenza interiore dei suoi protagonisti e del loro sentire. Con descrizioni che diventano immagini illustrate come fossero pennellate di un sapiente pittore.
“Una moltitudine di sbandati e di mendicanti, cacciati dai loro paesi distrutti, bivaccava sui gradini delle chiese o sotto i palazzi del papa…” ‒ da La Storia
Romanzo d’esordio della Morante è Menzogna e sortilegio del 1948, in cui impiega modi e forme proprie della letteratura popolare. La voce narrativa è quella di Elisa, che in un’ambientazione siciliana, negli anni a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, racconta le vicende dei suoi nonni e dei suoi genitori. Racconto in cui i personaggi inseguono illusioni di amore, nobiltà e ricchezza, senza però vederne il lieto fine.
Anche se con tratti tipici del romanzo del Novecento, Menzogna e sortilegio si avvicina al romanzo familiare ottocentesco, con personaggi dai tratti comuni, che con i loro amori non corrisposti danno vita a un racconto dai toni enfatici. In qualche misura Menzogna e sortilegio, da cui si evince un sentimento di compassione verso i personaggi animati dalla sofferenza caratteristica della condizione umana, è una denuncia del modello di vita borghese. Romanzo che ha ottenuto un ampio riconoscimento da parte della critica e ha portato la scrittrice a ottenere anche una certa stabilità economica.
Il 1957 è l’anno che le porta l’assegnazione del Premio Strega, prima donna ad ottenerlo, con il romanzo L’isola di Arturo, pubblicato a nove anni di distanza dal primo romanzo. Opera diversa dalla precedente, scritta con un certo manierismo, seppur con una sorta di purezza, contiene riferimenti dialettali in riferimento all’isola di Procida, luogo d’ambientazione del romanzo. Focalizzato sul passaggio dall’adolescenza all’età adulta del protagonista, intesa come perdita dell’innocenza, ma non come un passaggio naturale raggiunto attraverso una serie di esperienze. Semmai come perdita dell’ingenuità.
Realizzato con una struttura realistica e intriso di un’atmosfera fiabesca, dove l’isola, i cui confini rappresentano per il protagonista i confini del mondo, è simbolo dell’isolamento dal mondo. Del giovane Arturo. Che, con le sue prime pulsioni amorose di Artur e l’assenza del padre si sviluppa un libro importante. Tanto che da esso nel 1962 è stato tratto l’omonimo film dal regista Damiano Damiani.
Gli anni che seguono portano Elsa Morante a viaggiare in luoghi fra i più diversi, fino a quando nel 1968 pubblica Il mondo salvato dai ragazzini, una raccolta di poesie e canzoni in cui si esaltano la gioia, la fantasia, la purezza e la libertà dei poeti di andare contro le regole del conformismo borghese. È un periodo questo in cui sviluppa una riflessione sul proprio ruolo di scrittrice, riferita alla realtà del suo tempo, asserendo infine che la letteratura è salvifica in quanto permette di esprimere la propria rappresentazione della realtà in un mondo dove quest’ultima è dominata dalla alienazione.
L’opera più famosa della Morante rimane La storia, del 1974, che illustra con un singolare gioco linguistico un periodo complesso della storia italiana. Fino a diventare uno dei casi letterari più discussi del secondo Novecento italiano. Romanzo storico, nel quale la vita dei personaggi comuni si inserisce all’interno di grandi eventi collettivi, La Storia è considerato un romanzo antropologico. E secondo l’autrice voleva essere un atto di accusa contro la crudeltà della Storia. Racconto corale, che prende le mosse da un fatto di cronaca, è ambientato nella Roma della Seconda guerra mondiale e negli anni immediatamente successivi.
Ambientato nei quartieri della Roma popolare è narrato dalla prospettiva di Ida, la protagonista, una donna appartenente al ceto popolare che racconta gli eventi bellici e gli scontri fra nazifascisti e partigiani attraverso l’immediatezza di un linguaggio appartenente alle persone semplici. Con l’evidente obiettivo di dare voce agli ultimi, le cui tragedie non trovano posto nella storia ufficiale.
Ne La Storia si possono rintracciare rimandi al Neorealismo, sia per tematica che per ambientazione, oltre che per alcuni tratti stilistici. La critica ha rimproverato alla Morante di aver elaborato il romanzo con toni eccessivamente enfatici, rasentando l’artificio linguistico fino a sconfinare in forme narrative di tipo manieristico. Pubblicato per volere dell’autrice in edizione economica, La Storia incontra subito un ampio successo di pubblico ma non di critica. Che ne stigmatizza la visione fin troppo pessimistica e disillusa.
Anche Pasolini contribuì alla stroncatura del romanzo con uno stigma che decretò la fine dell’amicizia fra Elsa Morante e il suo amico di sempre.
Ultimo lavoro della Morante è Aracoeli, risalente al 1982; poco dopo averne terminato la stesura è la rottura di un femore a decretarne per lungo tempo l’immobilità. Periodo di estrema difficoltà durante il quale tenta il suicidio. Aracoeli è romanzo che in parte ricorda la tematica de L’isola di Arturo con un protagonista maschile, un omosessuale di età avanzata, in cerca della propria madre di origini andaluse. Ricerca, che però si rivela vana.
Le rivelazioni negative di cui il protagonista viene a conoscenza palesano il pessimismo dell’autrice, che chiude il suo romanzo con l’uomo ormai disilluso in attesa solo della morte. Salvata dal tentativo di porre fine alla sua vita, ormai malata e volta ad un acceso pessimismo, Elsa Morante abbandona l’illusione di poter cambiare la realtà attraverso la scrittura. Nonostante le cure, che non riescono a frenare il suo inevitabile declino, è il 1985 quando si spegne una delle voci più incisive della letteratura italiana.
Dopo aver dato al mondo letterario opere emozionanti, quando la Morante lascia questo mondo della sua inesauribile creatività rimane una produzione di grande spessore umano e letterario. Che vive a tutt’oggi nel cuore di coloro che hanno amato e apprezzato le opere della scrittrice romana. Opere, a cui le nuove generazioni dovrebbero guardare. Anche perché la Morante è stata un’intellettuale che ha aperto uno scenario inedito da un punto di vista letterario, grazie anche all’esplorazione dell’animo umano che ha sviluppato nei suoi romanzi.
Written by Carolina Colombi