“Serie ospedaliera 1963-1965” di Amelia Rosselli: esistere è un reato?

L’infelice luna si chinò piangente. Amelia Rosselli

Serie ospedaliera 1963-1965 di Amelia Rosselli
Serie ospedaliera 1963-1965 di Amelia Rosselli

Amelia Rosselli, autrice di Serie ospedaliera 1963-1965, era figlia dell’esule antifascista Carlo Rosselli, freddato, insieme al fratello Nello, nel 1937, a Parigi, da miliziani della Cagoule, formazione destrorsa francese, quando Amelia aveva soltanto 7 anni.

Sua madre era Marion Catherine Cave, inglese, attivista del movimento laburista, che morì quando Amelia aveva 19 anni. Suo fratello era John Rosselli, musicologo.

Amelia visse in Francia, in Svizzera, negli Stati Uniti, in Inghilterra, giungendo in Italia nel 1946, dopo la Liberazione. Come per tanta gente vissuta un po’ dappertutto, la sua cultura è intrisa di un’affascinante miscela di lingue, di esperienze, di interessi culturali.

Poetessa, organista, etnomusicologa, per Amelia la poesia è musica, la musica è poesia.

Comprese in questa raccolta Serie ospedaliera 1963-1965, sono 83 poesie, scritte in due anni, tutte mirate a un unico fine: evadere dalla situazione in cui l’autrice è reclusa.

Amelia soffrì per tutta la vita di depressione e degli effetti del morbo di Parkinson. Rigettò fino all’ultimo la diagnosi di schizofrenia paranoide.

Cercando le sue immagini in rete, m’imbatto in un volto scuro, a volte tenero, sorridente, per lo più triste.

Cosa amo più delle sue poesie? La risposta è semplice, ma forse non scontata.

Di lei amo le parole, le sillabe, i fonemi, gli squilli, i rumori, la musica, il bipolarismo.

Amelia Rosselli è una fisarmonica che suona per noi. Che apre e socchiude, con stentata passione, quel mastice, modulando quei suoni, pigiando quei tasti e bottoni. Amelia Rosselli è la poesia che suona se stessa.

Nella musica, nella poesia, nella vita si fronteggiano gli opposti, senza i quali non esiste alcunché.

Tutto s’attrae e ogni cosa tende a disperdersi nell’entropia del Kósmos che, tanto per ridere un po’, significa Ordine. È anche il Kaos che segue la sua strada, l’unica che può percorrere. La Sua.

Se ti vuoi perdere, ti basta seguirlo a distanza, rispettosamente, bisbigliando sommessamente.

Esso ti condurrà dove non t’aspetti. Dove ti auguri di poter cantare felice, un bel dì. È solo un’illusione, però: forse.

“ingranaggi portarono sollievo e la colpa/ fu la colpa accettata se disperazioni sono/moto alla felicità.”a cui si tende sfuggendola, ché spaventa, ché scompare d’incanto, ché riappare quando non sei per nulla pronto a riceverla.

“granelli e piccole perle sotto una pioggia miserissima/ decidevano per il meglio una vita chiusa.”che rischia di stringerti nella sua Singolarità, da cui faticherai a fuggire.

E tutto proverai, per poterci riuscire: “l’ironia, anch’essa, con la sua mano (crivellata di biscotti)” – che ci sparano la loro dolcezza, come se fosse l’istantanea liberazione dall’amara confusione che ci pervade addosso, “travolti dal fiume, inorganica vicenda, terra e mare/ sputavano” – la loro esistenza a tempo determinato.

“L’infelice luna si chinò piangente.” – anch’essa ormai ridotta a un’arrugginita falce, “mentre io dipingevo egualmente innamorata della/natura e del mio bisogno.” – d’esistere, avvolta dal “malore, se la tua testa sonnecchia.”indecisa sul da farsi e, bramosa “di candore, per la pace e per l’anima purulava. Non/ sapiente” – mentre il tempo che, zoppicando, deve ancora venire: “è macchiato di tombe scure”: the shop is closed! Sold out!

Reggio Emilia, quel dì oscuro, fu la “mia dimora di dimensioni ignote; redivive le mie labbra/ supplicanti”: se l’avessi saputo sarei scappato dall’asilo e ti avrei incontrato, e ti avrei anche abbracciato!

“Praticamente imbestialita mi stendevo rinoceronte forte/ sulla” – mia infantile inconsapevolezza.

“non vedo: non rimango: non, non, non, non, capitale delle” – assenze ingiustificate?

“principia la mia fine e ne comincia un’altra. Chiarezza” – che finisce soffocata.

Tu sei davvero “brava.” – tu che non capisci e lo sai. Tu che sai che non sai se sai.

Cuore mio, “che tu sei fermo” – lo sento solo io. Non c’è energia: the game is out.

“discussioni/ ritornate al vocabolario, spezzami l’osso pretendi ch’io.” – sia tu, a mai lo sarò.

“vedi io scoppio e tu non correre, la” – vita altrui, che non appartiene a nessuno, neanche all’Altro.

C’attende, silente un “accecamento della sorte”.

“vorrei con un’ansia più viva ridirti: semina” – le tue sciocchezze, che tanto amo, perché son tue. Diffondile, che saranno utili non so a che, non so a chi.

Si vedrà. Serviranno “a me: incompleta” – come sono.

E in ogni suo circolo, il mondosi sfascia girotondo” – seguendo “una pressione civica interna.”

E noi là attendemmo, fino a “quando la foce del fiume ci travolse.” – sotto “il peso della noia il disturbarsi per così poco.”

Raccogliendo “ondeggianti calamai rinascita quando/ sei rotto” – per quell’attimo inconcludente.

Aspetta: “no, non chiudere.” – che, per poco tempo la mia anta resterà ancora per te aperta.

Finché sarà scoccata la “Lancia che rompe un cuore il tuo tonfo” – il che accadrà “istantaneamente”.

“le carte sparse per terra o sul tavolo, liscie per credere.” – che vi sia ancora incremento al disordine che incombe su di me.

Kaos:io ti vedo arricchire il mondo intero” – della tua inevitabilità.

“silenzia l’odore del bosco, e tutt’intorno/ ancora travasa la gioia piccola d’esser/ quasi salvi.” – il quasi che non potrà che soffocare la nostra ambizione d’esistere (per sempre).

M’elargisce “fascino la sua pacificità. Un angolo morto” – di vecchiaia, già appena nato.

mente ammalata in tante false soluzioni.” – i multiversi di cui ciancia il buon Hugh Everett III.

“E suicida rimasi: immaginaria, volte alla tristezza come” – capita a te, stasera.

“Il cuore pensa: nulla può fermarlo dal pensare”e dal penare, ché è il medesimo fatto, “allegramente intorno al mio corpo profumato/ di innocente pigrizia”il dolce far niente è un dono incommensurabile, che accompagna “il mio crescere vano vitalizio”.

E io “vi rimango su, incerta se benedirti o carpirti, insomma.” – chi morrà vedrà!

Ogni speranzanegletta che ricorda: la morte è una dolce” – terapia.

“Ho ereditato dall’erba il suo color fosco, taglia/ la biada in due. E ne cisella, l’avvenire, prima” – che scada anch’esso, periodo già prescritto.

“Strana questa comunione di pensieri, strano questo” – confidare in te, e tu in me.

Quella speranza poi, “La spingo nel suo buco.” – che così s’assolutizza.

“Una cacca sul parabrezza s’adagia mollemente” – tutta la vita avrà per indurirsi, per infine svanire.

“lasciandoti morire quel soggiorno, in un infausto/ vetro che ti punisce”per il reato d’esistere.

“tutto l’odore dei fiori (se vi erano)” – che moriranno per amor dei loro virgulti.

“poi un’altra piccola tristezza, le tue”sonnolenze mal sopite.

“contenta sono. Disfatta dalla pioggia” ‒ e quell’arcigno sole mi seccherà.

“e fummo travolti, innecessario programma” – per cui fu per noi obbligatorio subirlo.

“Da poeta a poeta: in linguaggio sterile che” – fornica ché altro non può fare.

“un non staccarti dalle cose basse, scrivendone/ supina.” – in due si sta così beatamente stretti.

“Tentare una soluzione: anche se è soltanto la morte” – che, appena t’appare, giace al tuo fianco.

“atto d’amore, oppure vero verbo”: che, solo, erra laggiù.

Oppure “che sale nel tuo cuore” – che s’arrampica lassù.

“o contamina contatti inabissabili?” – manco a spingerli, si muovono più (‘ste anime prave).

“Sentì bisogno allora di inalzare, piramidi alla/ verità (o il suo mettersi in moto)” – apparente, circolare, concluso in Sé.

“E fra tante realtà, ne sceglie una.” – piccola particella innamorata dello spazio-tempo che svanisce in un attimo.

“nati e morti, amare per tutta la lunga via” – per sempre ghiaiosa, gioiosa.

“per poi tuffarti nel fondo.” – attrattivo…

“verso un cielo terso, che naviga lontano” – dove non interessa più chi tu sia.

“quella mia anima che chiamo amore prima che” – qualcosa si spezza, gioiosamente, acutamente.

“dolori (smanie), non posso perciò più amarti” – per almeno mezz’oretta.

“Un’esile vocina: basta aprire appena il battente” – che essa scivola nell’imo di se stessa.

“che è miscela della sorte e del tuo far di ogni/ singulto un’esistenza in più.” – e una nuova narrazione di quel decadente artista.

“sul lettino d’ospedale, dove ci incontrammo”e dove ci scambiammo le analisi.

Lo scopo celato della terapia è “raggiungere il bene.” – qualunque esso sia.

“Hai fiamme nella tua bocca e sei la luna” – che mi gela l’anima, amandomi.

“spinge in su quel che sta giù; misto/ con il male.” – a ognuno le sue mansioni!

“alla resa dei conti” – si giunge ogni volta innocenti.

Il nostro destino:avanzare spogli di gloria, un ticchettio/ di scarpe sul selciato.”: clap, clap, clap… ho le ciabatte…

“ma non mi turbo; o mi turbo? del tuo/ sembrare agonizzante mentre ridi.”il riso orrendo dell’idiota, diceva quell’Arthur Rimbaud: l’affreux rire de l’idiot.

“Ho anche una tristezza nel ginocchio” – che a stento soffoca l’indolente risata.

“a farti da guida; è il mistero” – un orbo che vede per due.

I miei demonisprigionano i sogni, il sangue” – a cui non tengo più di tanto, ormai.

Mi va di “credere che nel buio fitto ci siano/ lucertole per il tuo amore.” – che ancora confidano nell’astro infuocato.

“Sento tintinnare l’erba, essa non” – lo sa che la sto spiando, eppure finge di ignorarmi.

“rocce frastagliate prendono pose/ sardoniche.” – hanno sempre avuto una pur statica ironia.

“svenire, ti ritrovai dall’altra parte” – dove non eri più tu, eri tutt’Altro.

“parole, esse guastano il mercato” – che tende a marcire anche nel relativo silenzio.

“I bimbi sono i padroni del paese”poi invecchiano e muoiono.

Amelia Rosselli citazioni
Amelia Rosselli citazioni

“Foschia appesa, tutt’intorno null’altro/ che silenzio soffocato, da piccole lesioni” – che rimargineranno nell’anima, ma chissà quando sarà.

“una sorte per me; è il mio sognare che tu apri” – e poi chiudi alle mie spalle.

“avvicini le tue labbra strette a questo mio” – tenero collo.

“Tu non eri morto; eri soltanto vivo” – e manco lo sapevi.

“corro vendemmiando, sibilando” – ché sono viva!

“Note che sorgono abissali nelle frange/ delle passioni rimpicciolite al punto/ di sembrare veraci. E poi con un coltello” – si spezza la fune fintamente salvifica.

“Cercare nel sonno che concede qualche mal”

Amelia Rosselli morì suicida a sessantasei anni, l’11 febbraio 1996, lo stesso giorno, trentatré anni dopo il suicidio di un suo mito letterario: Sylvia Plath.

Chiederei all’eventuale platea dei lettori (non solo di Amelia) di fare un piccolo esame di coscienza e di decidere come rispondere alla mia provocazione: chi è senza bipolarismo scagli il primo congiuntivo!

Se fossi, sarei. Se non fossi, non sarei. Ergo un bel dì la mia esistenza cesserà. Chi deciderà quando? Io! Chi altri? A meno che…

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Amelia Rosselli, Serie ospedaliera 1963-1965, a cura di Emmanuela Tandello, Garzanti, 2023

 

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