“Guerra” di Louis-Ferdinand Céline: trafugamenti emersi al termine della Notte
Un paio di anni fa lessi e commentai con passione “Casse-pipe” di Louis-Ferdinand Céline, aspra opera di questo smisurato autore. E chissà che ne viene fuori ora da “Guerra”, quest’amena paccottiglia rinvenuta fra i suoi scritti. C’è chi ipotizza che essa fosse mirata o un’altra opera, oppure a un’eventuale e poi disdegnata aggiunta al suddetto romanzo. Mai forse si saprà.
Tentiamo la sorte, perché scrivere è un andare al fronte, col rischio d’essere rimesso a nuovo da qualche ordigno inesploso, che tale rimane fino a che non passi tu.
Leggo, nella Premessa di François Gibault: “È proprio nel tentativo di evitare il ripetersi di orrori simili, Céline ha scritto Viaggio al termine della notte, ma purtroppo non saranno gli scrittori, per quanto talentuosi, a cambiare il mondo.” – lo vorrà forse fare, forse quell’infame 1% della popolazione mondiale che possiede il 50% delle risorse e che vuole gestire il rimanente 50%? Gli converrà? Qual è la vostra vana opinione, umane genti?
Mi viene da pensare l’angoscia che mi verrebbe se oggi leggessi quel libro monumentale, dovendo poi scrivere un’amena reazione allo stesso! Per fortuna io non rileggo più nulla, se non poche pagine scelte!
Contemporaneamente a Céline (come se non bastasse) sto patendo la lettura di Città d’acciaio di Fulvio di Sigismondo, ambientato nella Genova del luglio 2001, in quei tragici giorni del G8, che pare, al confronto, un’opera ordinatissima e con un finale quasi lieto, in realtà obbrobrioso. Il mondo fa schifo e noi siamo le sue remissive particelle.
Perciò armiamoci e partiamo che la morte (ci si augura che sempre sia l’altrui) ci aspetta.
Cerchiamo ancora un pizzico d’aiuto da casa, da cogliere nella Nota all’edizione di Pascal Fouché, ove leggo che “la prima, di trentotto pagine, riporta in apertura il numero 10 cerchiato”, e che sono “le prime parole, ‘Pas tout à fait’, omesse di proposito…”: direi che siamo ben messi!
Per un’eventuale conferma si cerchi pure su Google Traduttore quel che significano tali parole.
Pascal delucida il lettore a proposito dell’immenso lavoro svolto per dare un senso a quel che, direbbe Vasco, un senso non ce l’ha o, se un giorno ce l’aveva, in parte l’ha perduto.
Unica consolazione è che di Céline c’è solo Louis Ferdinand Auguste Destouches. Se ce ne fossero due, cesserei immediatamente di leggere. Uno solo riesce a donarmi ogni volta la sensazione di essere miracolato. Eppure quel tale, con quella faccia ingrugnata, non era mica un santo, ed è stato tacciato di tutto e di più. Ma di questo non m’importa nulla. Céline è sempre e solo Louis Ferdinand Auguste Destouches.
“Ho allungato un braccio verso il corpo. Ho palpato. L’altro non ce la faceva più…” – la guerra è un’ingiustizia perché solo i più mal destinati: “Non lo sapevo dov’era l’altro braccio. Era schizzato in aria altissimo…” – la tua scrittura, Louis Ferdinand Auguste Destouches, è una delle tre o quattro più dinamiche mai esistite. Chissà che ne pensavi del mio Arthur! Chissà cosa lui avrebbe pensato di te!
Un esempio di aulenza: “Puzzava di carne avariata e di bruciaticcio il recinto, ma soprattutto il mucchio al centro dove ci saranno stati almeno una decina di cavalli tutti sventrati gli uni dentro gli altri.” – tanto si erano sbellicati dalle risa!
“Ho l’anima più dura, come un bicipite…” – occhio, Louis Ferdinand Auguste Destouches, che nell’uomo tutto è simmetrico, e che di bicipiti, come di cabasisi, ce ne sono in genere due.
“… ecco che vedo anche pezzi di batteria che poco ma sicuro non esistevano. Con l’orecchio conciato a quel modo non era più la stessa cosa.” – inclito esempio di cosmica fiction.
“Ho ribevuto sangue. In testa però il rumore si calmava un po’. Ma a quel punto ho ancora vom…” – la troncatura (fortemente voluta) è mia, perché tu, Louis Ferdinand Auguste Destouches, quando pare che tronchi è perché sono gli altri che non t’hanno compreso. Oppure sei tu a farlo, ma per l’opera intera.
“Il braccio lo tenevo con l’altro perché non risucivo più a raddrizzarlo…” – se vuoi una mano, dillo.
“Penso è un cavallo che si torce, sicuro che c’ho le traveggole…” – Maledetti siano gli infami congiuntivi! Poche volte ho letto una prosa più scientificamente accertata della tua. E tanto fine nelle sue modalità.
“Mi ero diviso il corpo in varie parti…” – l’importante è restarne vivi e consapevoli.
La nota che leggo a pagina 39 non è essenziale per la lettura, ma per capire che Panta Rhei, avanti e indietro, su e giù, come in una ruota panoramica che a volte ti proietta fuori, dove pare a lei.
A pagina 41 capisco perché tu, caro il mio Louis Ferdinand Auguste Destouches, sia uno dei pochi autori a cui Bukowski si era così appassionato. Entrambi scrivete solo quello che pare a voi. Tu ancora più di lui, forse. A te non ti ci vedrei a leggere i tuoi insani capolavori a un pubblico dotato di un pavido biglietto d’ingresso.
“Era come tutto un mondo che avevamo attraversato…” – usi la prima persona plurale, il che vuol dire che ancora ti senti parte di quell’ipotetico e ormai impazzito noi.
Mi piacerebbe chiedere al traduttore Ottavio Fatica, il cui cognome è adatto al suo mestiere il significato di una parola: “… mi facevo sfuggire una nticchia del nuovo posto…” – lenticchia, I guess.
Ma non c’è mica bisogno per “orecchio tonitruante” – trunêr è anche nel dizionario arşân. E la (mia) critica è ormai concorde nell’affermare che tu, caro il mio Louis Ferdinand Auguste Destouches, a t ē na tésta na mèşa quêdra… e mèşa da capîr.
In quel momento oppresso da fami varie, l’importante è di accontentarsi di quel che passa il postribolo: “‘È in coma!’ annuncia la tardona niente male…” – piuttosto che niente, è sempre meglio piuttosto.
“Mi tasta il bischero.” – e qui pari un tantinello toscaneggiante – e, quando fa gioco, “la tipa allora insiste più a fondo nei calzoni.” – in una stréca, una stretta esistenziale, tutto fa quell’allegorico e virile brodo.
Va così male che “al primo di bare non ce n’erano. Solo letti, separati da paraventi.” – arriveranno anche quelle, vai tra!
“Non andavo in cancrena ma poco ci mancava…” – dai che ce la fai!
“Il problema era sempre se schiaffarmi in isolamento giù di sotto con gli agonizzanti o no.” – l’eterno problemi di noi viventi.
In fondo a pagina 47, mi pare di cogliere una sorta di ironia bukovskiana. Se qualcuno concorda con me, me lo comunichi via mail. Ancora: “Nelle sue mani con tutta la mia carnazza facevo il batacchio della campana…” – i puntini qui sono tuoi, din don din don din don!
“Io faccio che deliro” – e io mi sa che ti capisco.
Non tratti tutti in modo equanime. Dici dello “zuavo Oscar”: “Di quest’ultimo non parlo dato che per le tre settimane che è stato accanto a me non ha mai smesso di fare i suoi bisogni dalla sonda.”
È un mondo tragicamente in verticale: “Molti non facevano altro che entrare e uscire, per la terra o per il cielo”: troppo presi a vedere l’erba dalla parte delle radici o a evaporare nell’indefinito.
L’affannosa ricerca “di quella tenera emozione di una volta. Nelle lettere di mio padre c’era tutta la mia gioventù carogna che era crepata.” – mio papà mi scrisse solo una volta, mentre ero an-najato, e quando mi ritrovo fra le mani quel triste papiello, mi si inumidisce l’iride sinistra.
Ho deciso di limitare i miei apporti ai tuoi, tanto più preziosi sono, che non mi va di scialacquarli.
L’importante è che i tuoi gemelli diversi continuino o comincino a leggerti.
Tra pagina 87 e 88 spieghi all’ormai silente uditorio che ogni azione umana, nonché il suo contrario, “è una questione di vento che soffia”.
La bellezza femminile, oh!, e pensare che fu un uomo il primo a rinvenirla: “Quando andavano in cucina a posare i piatti dovevano salire due gradini, così scoprivano un po’ i polpacci.” – e ora ti tocca soltanto scegliere il poeta: Carpe diem, oppure A thing of beauty is a joy for ever.
“… fatto sta che mi si rizzava, era la cosa principale.” – una delle cose più cogenti, finché dura, mio amato Louis Ferdinand Auguste Destouches.
E mi viene da sospendere il mio fiacco resoconto con tale solenne minchiata.
A presto, Louis Ferdinand Auguste Destouches!
Al prossimo trafugamento dei tuoi laidi manoscritti.
Che avevi capito?
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Louis-Ferdinand Céline, Guerra, Adelphi, 2023
Un pensiero su ““Guerra” di Louis-Ferdinand Céline: trafugamenti emersi al termine della Notte”