“Psicoporno” di Valeria Bianchi Mian, Debora Riva e Laura Salvai: dodici racconti alla ricerca di Eros

[N.d.E.: il seguente articolo presenta una forte dose di ironia (che ancora è consentita). Il titolo del libro come commentano le tre autrici contiene la parola “porno” che “si riferisce al fatto che tutte e tre parliamo in modo esplicito di temi sessuali che, nonostante la nostra epoca di pansessualismo mediatico e virtuale, non sono stati realmente sdoganati: e non mi riferisco, con questo, solo alla sessualità “kink” ma anche all’orgasmo femminile, all’uso di sex toys nel piacere individuale e di coppia.” (tratto da un post di una delle autrici).

Noi di Oubliette Magazine abbiamo sempre favorito l’ironia e la differenza di opinione ma talvolta essa può ferire ed essere fraintesa, dunque se non siete avezzi all’ironia senza inibizioni non leggete questo articolo anche perché potrebbero esserci spoiler.]

In che senso??, si chiederebbe quel personaggio di Verdone. Intendo questo titolo: Psicoporno?

Psicoporno di Valeria Bianchi Mian, Debora Riva e Laura Salvai
Psicoporno di Valeria Bianchi Mian, Debora Riva e Laura Salvai

Psiche è l’anima, respiro, soffio, spirto vital. Porno deriva da pornográphosi, composto di pórnē (prostituta), colei che vende sé secondo il proprio prezzo. Io, in genere, non cedo me, lo regalo. Scrivo perché mi si legga, gratis. Le tre autrici sono Valeria Bianchi Mian, Debora Riva e Laura Salvai. [omissis]

“Tutto un universo pagano pulsa in nero su bianco tra le pagine…”fenomeno che assomiglia all’accoppiarsi degli opposti. Ero in pizzeria con l’amico Silverio, quando gli feci notare che un maschio che si fosse seduto come quella giovinetta in jeans, con un piede posato a terra e l’altro sulla seggiola, sarebbe parso sospetto. Lo sarebbe anche una ragazza vestita con giacca e cravatta, o con un ineffabile tailleur. Noi diciamo talvolta di un uomo che è effeminato, di una donna che pare un maschiaccio. Non si delinque per così poco. L’integrarsi, il comunicare in senso fisico oppure soprattutto mentale, è quel che permette a ciascuna delle stelle doppie di eternarsi.

Questo è quanto m’ispira la Prefazione, in cui si parla di “un viaggio talvolta ironico e irriverente, tratteggiato da racconti…” – quando inizio la mia reazione ne ho letti solo quattro – “… nei quali non mancano, in ogni caso i toni dell’Ombra, e da storie che prendono i colori del thriller…” – dove l’assassino, nonché il thriller, è sempre lei/lui, l’umano femmineo e non.

Pornutopia di Valeria Bianchi Mian: dice l’io narrante: “non ero di certo consapevole del destino che mi attendeva, altrimenti…” – a saperlo, sabato mattina non mi sarei mosso di casa e non sarei andato a sbattere contro il muretto, bum e crack! E meccanico e carrozziere…

“… addentrarsi in pertugi inaspettati andando a scoprire bizzarre angolazioni…” – come, si sa, almeno nel Cilento: ‘n tiempu ri guerra i buscie currunu cumi u vientu ri terra (in tempo di guerra le bugie corrono come il vento di terra), ma anche: ‘n tiempu ri timpesta ogni pirtusu è puortu (in tempo della tempesta ogni buco è un porto: se si è nei guai, ogni nascondiglio è buono): è l’umanità che deve decidere, se unirsi, riparandosi, o se ripararsi mentre ci si combatte l’un l’altro. La costante è sempre quello: ripararsi, a prescindere; oppure liberare lo straniero che è in noi. Esibirsi, mettersi in gioco.

“Sono riuscita ad agganciarmi un po’ meglio, faccio perno con le dita del piede – ho sempre avuto in dotazione gambe forti.” – e a volte basta credere di possederle.

“La sostanza che nasce nella fica di una donna dominante” – è quel che ci dona la vita, e poi tocca anni gestire il problema. Una volta, i vecchi la chiamavano la natura delle donne (non solo naturans, anche bastevole a sé).

“C’è troppa trama per un pornazzo!” – gridi, e come darti torto, e come non darti ragione… Facciamocene una, di ragioni, e passiamo a Feedee di Laura Salvai.

“Essere nutrita, ecco l’unico modo che conosco per sentirmi amata.”strutturale, direbbe un certo Karl, che tanto studiò il fenomeno economico.

Padre deriva da pa, da pascere, cioè nutrire, proteggere, pascolare l’armento, provvedere ai suoi fabbisogni, recargli le risorse. Madre deriva dal sanscrito matr, misurare, formare, preparare, e quindi educare. La donna, stando a casa, aveva il compito di occuparsi della prole, pro-oles, quel che deve crescere, grazie alle risorse del padre e all’attenzione della madre. Prima di tutto ciò esiste tutta una metonimia, una sineddoche, per cui una parte è il tutto, dal punto di vista quantitatativo che qualitativo: Che te**ona è quella donna! È proprio una gran figa! È un gran brutto arnese, però lo sa usare! Ca**o! Che cu*o! – una parte in cui si somma il tutto. Figa! – ma questo per lo più a Fidenza.

“La mia vita è sempre stata una specie di videogioco, in cui superare un livello era diventare più grassa” – ogni coglione ha la sua passione, ma gli è spesso imposta da chi gli sta sopra.

“Sono sempre stata incapace di accudire e molto più brava a essere accudita.” – è un segno di debolezza, di appartenenza, e non di libertà.

Grasso non solo è bello, è essenziale, ed etimologicamente è quel che si intreccia in sempre nuove forme (dalla radice kart, nodo, da cui anche cartilagine, grata). Ma è un rallentare la propria dinamicità. È anche un cedere il comando a chi ti può utilizzare, secondo i suoi famelici fini.

A proposito, passiamo a Nodi di Debora Riva.

Stasera il mio Caronte farà di me quello che voglio.” – mah… diffiderei di chi vuole traghettare l’Altro da qui e là, dove lui/lei è di casa, se dice che lo fa gratis, ma dove pare a lui/lei.

E tu ti limiti a dire, ma non a decidere: “Voglio essere legata. Voglio essere liberata.” Di uno dei tuoi bisogni egli si farà promotore (ma per fini suoi).

“Gli dico cosa voglio. Mi dice cosa vuole. Gli dico cosa non voglio. Mi dice cosa non vuole.”le parole sono pietre che, prima o poi, svolazzano via.

“… sarò schiava. Sarò la sua schiava.” – fra la prima e la seconda frase c’è solo un sua, e un desiderio passivo. Auguri!

Valeria Bianchi Mian, Debora Riva e Laura Salvai
Valeria Bianchi Mian, Debora Riva e Laura Salvai

In vino veritas di Laura Salvai – è il seguente orgasmatico episodio della serie: “Forse è come dice lei. Forse quella casa ha delle forze che trasmettono questo potere al vino.” – in vino veritas non absoluta, sed nostra.

Nel pensare a qualsiasi avvenimento ci si chieda che ne sarebbe della conclamata logica, se prima si fosse bevuto quanto basta a mutare un evento.

Ora tocca a Memorie di un dildo di Debora Riva, ove parla un nativo del 2015: “Ero un bel dildo, sano, grosso e forte, con un grazioso colorito fucsia e una pelle morbida e liscia...” – un buon partito, affidabile, non c’è che dire.

“… Ero conforme. Potevo conoscere la vita fuori dalle mura della fabbrica.” – avevi passato l’esame, bravo! Invece, gli Altri, i “difettosi”, sarebbero stati trasformati in un generico Altro.

Segue una necessaria formazione in negozio, dove puoi ascoltare “i discorsi dei commessi e dei clienti” – poi qualcuno ti riscatta e ti porta, affrancato ma non troppo, verso una nuova vita.

Al che mi viene da dire che ognuno ha il dildo che si merita.

“… nella mia avventurosa breve vita ho scoperto che l’amore si moltiplica, non si divide.” – sennò non è più amore, è Altro. Il Porno che tu esemplifichi diventa un’ipostasi, più che della Libertà, della Catena che ci tiene correlati, entangled.

Odi et amo di Valeria Bianchi Mian:Non mi sono mai astenuta dal reagire: ho pianto, ho confessato, ho riso a crepapelle. Continuando a fare a brani il mondo.” –  se questo non è amore, dimmi tu cos’è! Kam’a: passione amorosa, da cui amore, amicizia, Kāma Sūtra. “E vaffanculo.” – quanno ce vô ce vô!

“Mi limito a mordere la sua natica quando ne ho l’occasione, ovvero appena ci corichiamo.” – una sorta di mitridatismo, nonché un atto cognitivo: assaggiare l’altro, o l’altra, per meglio identificarlo.

“Mi ha accolto facendo finta di nulla…” – fingendo di non cogliere il tutto.

“Non percepisce, Greta, il mio lento e inesorabile andare a male”: l’eterna illusione, che l’amante si possa identificare con te, quando e se lo fa, è quell’attimo in cui si perde conoscenza.

Ognuno di noi è “un avventuriero”, che cavalca da solo, incapace di diventare a nostra volta l’equino che fa andare avanti una coppia, credendo di essere l’unico degno a svolgere il ruolo di cavallerizzo. Nessuno vuole sentirsi “catturare l’anima”, ma da chi, da una bestia?!

Sacrificio di Debora Riva: “… una poderosa erezione” – in realtà è sempre quella, ma pare sempre la prima e l’unica. Micidiali cazzate!

“Sei un porco schifoso! questo è ciò che sei e solo così ti chiamerò.” – l’importante è comunicare…

“Colui che prima era una persona esegue.” – a ognuno le sue mansioni, porca miseria!

Conto quattro “Anche oggi”, l’ultimo dei quali è seguito da un “… il rito è concluso” Imen e così sia!

La lista di Iside di Valeria Bianchi Mian: Iside, all’eterna ricerca del suo sposo, ogni tanto ne trova un pezzetto. Paola tenta di seguirne la sorte, per cui “non sa dire di no”, per cortesia o per chissà che. Alla fine, nella sua lista entra anche Odette, la cui iniziale è significativa. Se qualcuno trovasse il quattordicesimo frammento, sarebbe la fine, e un diverso inizio. Forse è meglio aspettare un po’.

Il fascino della morte di Laura Salvai: “… per diventare uno scrittore bravo è necessario cimentarsi con temi complessi, che non hanno nulla a che vedere con il proprio modo di essere.” – il che non pare possibile, essendo tutto entangled dall’alba del cosmo, correlato con l’Altro. Quel che c’è di vero nella frase risiede nel fatto che alcune cose, ormai ineffabili, paiono sfuggirci. È a loro che dobbiamo tendere. Ed è il motivo per cui a me è sempre intrigato la donna che mi è sorella-diversa, sorella ma diversa, l’opposto/complementare.

“È più difficile partire da un tema perverso e renderlo affascinante che partire da un tema comune e renderlo perverso.”

Giudico fondamentale partire dalla salvifica banalità, per giungere all’immensità di Don Backy, piuttosto che viceversa, ma è una questione di gusti, se non di scempiaggine.

L’alluvione di Valeria Bianchi Mian: partendo dalla questione, così cara ai frequentatori compulsivi del porno web, che non c’è nulla di più sensazionale di una gara di squirting, che io non aborro ma ne farei serenamente a meno, questo è un racconto della disgrazia che occorre a una lucente Stella, la quale innaffia il cosmo come Bacco la manda, in maniera che sta diventando quasi distopica. Sono felice che la sua anormalità abbia trovato nell’arida Etiopia il luogo dove potrà brillare, almeno fino alla salvifica menopausa. En passant, quando era ancora nella cosiddetta ma inadeguata civiltà, il suo boyfriend: “‘Svuotare le vaschette’ – diceva, come se l’amplesso non avesse altro scopo che l’evacuazione dello sperma.” – e del liquido vaginale: sesso = bidet. A Reggio l’atto del mingere è cambiare l’acqua ai fagioli, per cui si può anche affermare: parla come mingi! Scopare deriva dal latino scopa, che è un ramoscello, di alcune specie di piante dette ericacee, e che serve a costruire degli attrezzi che servono a spazzare via i rimasugli della vita, la monnezza. E che prima si scopa, poi si getta per terra del liquido catartico. Sic transit ars amandi.

Il camaleonte di Laura Salvai: che mi delude un po’, non essendo porno e non rispetta nemmeno il minimale di legge. Vi si narra di un tipo il cui padre era un fotografo dilettante che aveva ritratto un barbone: “Ancora oggi, ogni volta che guardo l’immagine di quell’uomo sconosciuto mi chiedo come…” – gli sia sopravvissuta. Una cosa simile mi capitò allorché scorsi all’oratorio l’immagine di un bimbetto africano, i cui arti erano mozzati dalla lebbra, col viso lacero e disperato: avevamo circa la stessa età, e mo’ mi son fatto anziano. Lui, no, I suppose.

“Chissà se lo farebbe felice sapere di essere stato così importante per qualcuno che non ha…”.

Il protagonista sta entrando ora in una casa, per compiere l’ennesimo (e chissà se ultimo) delitto, ma qualcuno gli apre e, vedendo com’è messo, gli “chiede un favore…” – e tutto gli precipita dentro!

Agalmatofilia di Debora Vita: Davide, vagamente coniugato con prole, fin dalla sua infanzia ama la bambola della sorella, una certa Chimera (la bambola, non la sorella), nonché alcuni manichini femmine del negozio presso cui lavora, e “quasi sempre finisce per masturbarsi in magazzino” – il bello di questa specie di amanti è che non hanno mai né il ciclo né il mal di testa, e non ciacolano per ore al cellulare con le amiche.

“Domani è un altro giorno e a casa Sartori ci sarà il caffè caldo in tavola.” – fumante come mai: il solito, insomma.

In Glossario leggo in Eros e Psiche che “ogni rinuncia, ogni sacrificio dell’Io è una piccola morte.” – un abituarsi all’idea del proprio destino.

Nel successivo Eros e Thanatos, colgo una meravigliosa banalità, che mi ricorda ancora Salvatore Patriarca, e il suo Elogio della Banalità: “La lotta tra i due elementi definisce il nostro modus vivendi.” –  ci si ama per eternare l’attimo fuggente, oltre che il DNA.

Pornografia: è “arte del pertugio, fantasia del buco e del suo riempimento” – come lo è il cosmo intero.

La Psicosi di Korsakoff, “conseguenza dell’alcolismo cronico”, è responsabile di buona parte dell’arte e della letteratura mondiale. Non faccio esempi, perché oggi vado di fretta, avendo un appuntamento col Fato.

[omissis]

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Valeria Bianchi Mian, Debora Riva, Laura Salvai, Psicoporno, Buendia Books, 2023

 

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