“Soliloquio e altre pagine autobiografiche” di Benedetto Croce: il filosofo della libertà
Benedetto Croce è stato un filosofo (1866-1952) che ha attraversato una lunga epoca di mutamenti in Europa e nel mondo, diventando testimone delle tragedie che hanno scosso in particolare la civiltà occidentale.

Oggi forse non va più di moda, ma ricordo che durante gli anni del liceo i miei insegnanti lo citavano spesso sia in riferimento alla critica letteraria che alla filosofia.
Croce è stato tante cose, ma soprattutto il filosofo della libertà.
Tuttavia è stato anche un uomo, con la sua sensibilità, la sua interiorità, non intese come pura debolezza del lamento, ma come coscienza e consapevolezza responsabili della propria condizione.
Adelphi recentemente ha pubblicato un’antologia di scritti autobiografici di Croce già curati da Giuseppe Galasso e con prefazione di Piero Craveri.
Il già indica che tale selezione era stata preparata dal professor Galasso che in effetti si dedicò alla scelta dei testi nel 2016, centocinquantesimo anno della nascita di Croce, per affidarli ad una lettura di Toni Servillo svoltasi al teatro Bellini di Napoli.
Galasso è morto nel 2018, ma Adelphi ha ripreso il suo lavoro e lo ha reso disponibile per tutti.
Questo libello di poco più di centoventi pagine è adatto sia a chi non conosce Croce sia a chi lo conosce. Organizzato in varie parti che percorrono sostanzialmente tutto l’arco della vita di Croce, esse sono anticipate dalla prefazione di Piero Craveri che illustra la genesi del testo.
Sono tanti gli aspetti della vita di Croce che emergono, come pennellate rapide eppure esaustive da questo lavoro.
Forse, per una infelice assonanza con gli eventi dello scorso autunno (quando il volumetto è stato stampato) di Ischia, tra le pagine crociane risaltano quelle in cui il filosofo ricorda il terremoto che alle 21:30 dl 28 luglio 1883 colpì Casamicciola, uccidendo i genitori e una sorella. Croce, che era partito da Ischia poco prima del disastro, fu salvo; analogamente suo fratello.
Nelle pagine dedicate al ricordo del tragico terremoto ed estrapolate dal Contributo alla Critica emerge un inedito dolore per questa esperienza, lenito dall’avvicinamento alla filosofia: “filosofavo, spinto dal desiderio di soffrir meno”.
La filosofia sarebbe poi diventata la ragione della vita di Croce.
Egli ricorda con gratitudine l’ospitalità romana offerta a lui e al fratello, all’indomani della morte dei genitori, da un parente Silvio Spaventa, con cui la famiglia non aveva avuto un rapporto idilliaco. Ciononostante Spaventa, un importante intellettuale della Roma dell’epoca, ci tiene molto ad accogliere i suoi nipoti. Anzi proprio il periodo romano, che Benedetto passa più a seguire le lezioni di filosofia che quella di giurisprudenza (facoltà a cui è iscritto), permette a lui di prendere confidenza con il pensiero dell’epoca e con l’abitudine al pensiero tout-court: “Mi recavo all’università per il corso di giurisprudenza, ma senza interessamento, senza esserne nemmeno scolaro diligente, senza presentarmi agli esami. Più volentieri mi chiudevo nelle biblioteche…”.
Tornato nella sua Napoli, nel 1912 acquista la dimora di Palazzo Filomarino, ubicata nella via a lui oggi dedicata; questa sede diviene il luogo dello studio, della scrittura, della vita familiare e amicale; un luogo che i fascisti prendono d’assalto per vendicarsi della chiara opposizione crociana al regime; un luogo dove ancora oggi si trovano l’Istituto Italiano degli Studi Storici, intitolato proprio al filosofo e la biblioteca dello stesso; un’istituzione che annualmente eroga borse di studio a giovani laureati e dottori di ricerca permettendo un’esperienza unica in una città ricchissima di cultura.

Da questo luogo è possibile ammirare liricamente tutta la meravigliosa urbe partenopea: “Quando, levandomi dal tavolino, mi affaccio dal balcone della mia stanza da studio, l’occhio scorre sulle vetuste fabbriche che l’una in contro all’altra sorgono all’incrocio della via della Trinità Maggiore con quelle di San Sebastiano e Santa Chiara. Mi grandeggia, innanzi a destra, e quasi mi pare di poterlo toccare con la mano, il campanile di Santa Chiara […] Di là dal campanile, mi si profila come in fuga il muro merlato dell’immenso monastero, che la vita moderna ha assediato indardo delle sue cupide brame […] È dolce sentirsi chiusi nel grembo di queste vecchie fabbriche, vigilati e tutelati dai loro sembianti familiari…”.
Se lo stesso Benedetto Croce era nemico delle antologie, va dato atto al professor Galasso di aver saputo realizzare un lavoro non parziale, ma completo e al tempo stesso godibilissimo nella lettura.
Il titolo dell’intera silloge (Soliloquio e altre pagine autobiografiche), mutuato da un’omonima pagina crociana apparsa nel febbraio del 1951 su “Il Giornale” di Napoli, esprime benissimo il senso di queste riflessioni sussurrate innanzitutto a se stesso e, successivamente, divenute testimonianza per i posteri, per la nostra civiltà occidentale la cui essenza più profonda è nella libertà.
Di fronte alla libertà nessuna forma di autoritarismo ha dignità, nessuna forma di nazionalismo ha ragion d’essere, nessuna “barriera” tra Germania ed Europa può essere accettata, se si vuole costruire una pace duratura e sincera; la morte stessa è espressione di libertà dal “carcere che è la vita”.
Ad maiora
Written by Filomena Gagliardi
Bibliografia
Benedetto Croce, Soliloquio e altre pagine autobiografiche, a cura di Giuseppe Galasso, Prefazione di Piero Craveri, Adelphi edizioni, Milano, cento ventitré pagine, 12 euro