“Divine Rapture” di Thom Eberhardt: il film che non si fece nonostante il cast stellare
Vi sarebbe piaciuto vedere un film il cui cast avesse vantato la presenza di Marlon Brando, Johnny Depp, Debra Winger, John Hurt, Gabriel Byrne e Richard Harris?
Parlo al passato perché questo film fu iniziato nel 1995 e le riprese durarono appena due settimane, per 24 minuti di possibile montaggio in totale. La storia di Divine Rapture è la storia di uno dei disastri cinematografici più incredibili.
Nel 1989 il produttore Barry Navidi lesse una sceneggiatura scritta da Glenda Ganis: un unicum – destinato a rimanere tale – nell’attività di una stimata scenografa della TV americana. La storia raccontava di un apparente miracolo in una piccola comunità negli anni Cinquanta: un’operaia di nome Mary, ritenuta morta, si sarebbe improvvisamente risvegliata nella sua bara durante il funerale. Salutata come santa – con gran tornaconto per il parroco del paese – si sarebbe poi scoperto che in realtà soffriva di una rara malattia che poteva rallentare all’estremo il battito cardiaco.
Navidi, un produttore all’epoca alle prime armi, si innamorò del copione – una commedia nera, nelle intenzioni dell’autrice – e si impegnò per quasi sei anni a cercare dei finanziatori. Originalmente il film era ambientato in Italia, anche perché la sceneggiatura si ispirava a una storia vera accaduta in Sicilia negli anni Settanta, e il progetto originale fu proposto a Isabella Rossellini e Ben Kingsley. Successivamente furono interpellati, tra gli altri, Miranda Richardson, Michael Caine, Albert Finney e Telly Savalas (che avrebbe voluto ambientarlo in Grecia).
Infine, su consiglio del regista Richard Lester, Navidi orientò la realizzazione – e di conseguenza l’ambientazione – in Irlanda, dove il governo pochi anni prima aveva promosso una politica fiscale vantaggiosa per attirare produzioni cinematografiche.
La vera svolta ebbe luogo quando Marlon Brando si interessò al progetto: l’attore non era più la star di un tempo, ma aveva ancora un grande appeal mediatico – non fosse altro, per le sue assai rarefatte apparizioni cinematografiche – ed era reduce dal successo di Don Juan DeMarco uscito l’anno prima.
Brando, che voleva interpretare la parte del parroco ma era soprattutto attirato dall’idea di girare in Irlanda (per via di sue ascendenze familiari), convinse a entrare nel progetto il suo amico Johnny Depp – co-star in Don Juan DeMarco – e anche Debra Winger, che avrebbe interpretato la protagonista; John Hurt si aggiunse al cast subito dopo, Gabriel Byrne e Richard Harris furono pure contattati.
La regia fu affidata a Thom Eberhardt, autore losangelino con alle spalle alcuni film indipendenti a basso budget, e la location fu individuata in un paesino di pescatori di meno di 500 anime nella Contea di Cork: Ballycotton.
La situazione che si venne quindi a configurare fu la seguente: si trattava di un film a basso costo (tra i 12 e i 20 milioni di dollari, stando ai giornali dell’epoca) che tuttavia, sia per la storia in sé che per l’ambientazione, non suscitava alcun interesse nelle major hollywoodiane, e tuttavia aveva un cast potenzialmente straordinario.
Infine, Navidi trovò una società francese con una sede a Los Angeles, la CineFin, che si fece carico del progetto. La CineFin affermava di avere un credito di 300 milioni di dollari con Orion Pictures; Navidi fece anche un controllo (il cosiddetto background check) sui precedenti legali e finanziari dell’azienda, non trovando nulla di rilevante, ignorando tuttavia che due associati della casa di produzione avevano avuto problemi con le autorità federali statunitensi per presunte irregolarità bancarie.
Le riprese iniziarono a Ballycotton il 10 di luglio del 1995, ma si fermarono dopo una settimana quando gran parte dei 150 membri della troupe non furono regolarmente pagati. Ci furono assicurazioni da parte di David Lowe, il produttore esecutivo della CineFin, sull’arrivo delle somme mancanti, ma il 23 luglio Debra Winger scoprì di non aver ancora ricevuto alcuna parte del suo cachet di 1,5 milioni. L’agente della Winger si catapultò all’indirizzo della società di deposito a garanzia di CineFin a Los Angeles… per trovarvi solo un parcheggio.
Stando ai giornali dell’epoca, CineFin avrebbe accusato Orion Pictures, il suo partner di distribuzione negli Stati Uniti, di trattenere i documenti necessari per garantire i prestiti. Il “Los Angeles Times” riportò che “Orion, la società statunitense che lotta per riprendersi dalla bancarotta del 1992, l’anno scorso ha accettato di distribuire film finanziati da CineFin in America. A sua volta, si è impegnata a coprire un quinto dei costi di produzione una volta che i film fossero diventati disponibili come home video. Secondo Navidi, CineFin ha fornito $ 280.000 il mese scorso prima di congelare i fondi stanziati per Divine Rapture a Los Angeles. [Una fonte] ha detto che Orion aveva concordato con CineFin di fornire il 20% del budget del film – circa 4,2 milioni di dollari – in cambio dei diritti di uscita negli Stati Uniti.”
Comunque sia andata questa storia mai totalmente chiarita (David Lowe fu condannato anni dopo per riciclaggio di denaro), il 23 luglio stesso cessarono le riprese. Il danno economico travolse praticamente tutte le persone coinvolte, dalla troupe agli abitanti del paesino irlandese, che confidavano in significative entrate dalla produzione, nonché in una potenziale promozione turistica. Nessuno fu pagato, incluse le comparse, le forze dell’ordine e il catering locali; l’hotel in cui risiedeva gran parte della troupe, il Bay View, rimase a credito di decine di migliaia di dollari; la mansion destinata a Marlon Brando era costata 4.000 sterline a settimana; uno dei co-produttori del film, Demian Burger, perse 800.000 dollari da lui anticipati. In totale, il buco fu calcolato in almeno 2,5 milioni di dollari.
Debra Winger raccontò in un’intervista a “The Guardian”: “Guardavo queste persone [del villaggio] che avevo conosciuto. Avevamo usato ogni giorno il peschereccio di qualcuno. […] Non potevo sopportare il pensiero che questo sia ciò che fa lo show business. Per loro è stato devastante. Non solo non li avevamo pagati per l’affitto delle case e dei pescherecci, ma loro non avevano neanche guadagnato i soldi che avrebbero incamerato con la pesca.”
Alla fine di questa esperienza – ma non solo a causa di essa – la Winger si allontanò dal cinema per quasi sei anni.
L’unico a guadagnare qualcosa da questa sfortunata avventura fu invece Brando, che aveva prudentemente stipulato un’assicurazione, per proteggersi da possibili inadempienze contrattuali, che gli fruttò un milione di dollari (rispetto ai quattro che avrebbe percepito a film finito). Brando comunque pagò di tasca sua tutti coloro che avevano lavorato nella mansion dove risiedeva.
Sulla strada principale di Ballycotton c’è tuttora una lapide che recita:
R.I.P.
DIVINE RAPTURE
BORN 10th JULY 1995
DIED 23rd JULY 1995
Nel 2009 Hotshot Films ha prodotto il documentario Ballybrando, diretto da Brendan J. Byrne, in cui viene ripercorsa tutta la storia di questa incredibile vicenda, con interviste a membri del cast (Brando era morto cinque anni prima), della troupe e del team di produzione – inclusi gli stessi Navidi, Ganis e Eberhardt – nonché a vari abitanti di Ballycotton testimoni della parabola del film.
Il documentario mostra anche riprese e foto fatte sul set e si conclude con la proiezione – per gli abitanti del paesino irlandese, quattordici anni dopo – delle scene girate, mostrate in pubblico per la prima volta.
Written by Sandro Naglia