“Il mio Rembrandt” docufilm di Oeke Hoogendijk: l’ossessione è totale

“Il mio obiettivo era creare un dramma shakespeariano, mostrando i personaggi principali con ogni possibile elemento umano…” – Oeke Hoogendijk, regista

Il mio Rembrandt di Oeke Hoogendijk
Il mio Rembrandt di Oeke Hoogendijk

Un docufilm di ampia valenza artistica, datato 2019, realizzato dalla regista olandese Oeke Hoogendijk e curato da Nexo Digital, si affaccia nelle sale cinematografiche italiane in questi primi giorni di giugno 2022. Per la precisone il 6, 7 e 8 giugno.

Il mio Rembrandt, titolo del docufilm, è dedicato a Rembrandt Harmenszoon van Rijn, eccellente esponente del panorama artistico europeo del Seicento.

“È così che, dal XVII secolo, Rembrandt alza uno specchio per noi contemporanei, uno specchio che stuzzica e solletica…” – Oeke Hoogendijk, regista

Nella pittura europea del Seicento, accanto alla ricerca di un’ideale di bellezza da scoprirsi tramite l’indagine naturalistica, si assiste a una tendenza realistica potenziata da un vivido cromatismo o, secondo la concezione pittorica del Caravaggio, da contrasti tra luci ed ombre.

Ed è in questo contesto artistico, definito ‘l’età dell’oro’, che Rembrandt si inserisce a pieno titolo.

Ed è a pieno titolo che esprime i valori della ricca borghesia del suo tempo, che si manifestano con soggetti pittorici ispirati alla vita quotidiana e permeati di semplicità e di un misurato rigore morale.

Incisore di talento, riconosciuto a tutt’oggi come uno dei massimi rappresentanti di tale tecnica, Rembrandt è anzitutto un pittore di ritratti, di scene di genere e religiose.

Particolarmente dotato, considerato fra i più significativi pittori del Seicento europeo, vede la luce nel 1606 a Leida (Olanda).

Fin da giovinetto si distingue come un esemplare interprete del mondo pittorico; giudizio che si conferma con la frequentazione della bottega di Pieter Lastman, ad Amsterdam, uno dei più importanti esponenti dell’epoca.

Tornato a Leida, apre una sua bottega per dare vita alla sua vivida creatività, che si manifesta con una delle sue prime opere, il cui soggetto è La lapidazione di Santo Stefano.

Il mio Rembrandt di Oeke Hoogendijk
Il mio Rembrandt di Oeke Hoogendijk

Nel 1632 poi, con Lezioni di anatomia, viene decretato un artista di successo. Opera in cui si evince l’inclinazione, trasferitagli dal suo maestro di Amsterdam, di rappresentare soggetti sacri e allegorici.

Per completare la sua formazione Rembrandt non si reca all’estero, come era d’abitudine per alcuni artisti, ma studia il lavoro di altri pittori focalizzandosi su alcuni aspetti del caravaggismo, importato in Olanda. Ed è proprio nell’uso della luce, la quale conferisce ai suoi lavori caratteristiche proprie del Merisi, che Rembrandt eccelle. Ispirandosi al Caravaggio, fa propria una ricerca luministica approfondita, che lo porta a ridurre le immagini all’essenziale, facendole emergere dall’ombra.

Mettendo in risalto il soggetto rappresentato, la luminosità sfruttata da Rembrandt, grazie all’utilizzo del chiaroscuro, manifesta un suo ampio senso scenografico. A cui si deve aggiungere una caratterizzazione psicologica dei personaggi da lui raffigurati, nonché un’accuratezza nella descrizione dei costumi che fanno della sua arte un esempio di descrizioni minuziose. Come si evince da alcuni passaggi dell’eccellente docufilm Il mio Rembrandt.

Suoi modelli sono spesso la moglie e il figlio, che interpretano i personaggi mitologici, storici o biblici da lui rappresentati.

“Rembrandt ha guardato sotto la superficie e ha mostrato chi fossero veramente le persone che disegnava…” – Oeke Hoogendijk, regista

Erede della tradizione naturalistica olandese, Rembrandt se ne discosta per volgere la sua attenzione a una pittura introspettiva, che grazie allo studio delle espressioni facciali privilegia l’interiorità rispetto all’immagine esteriore.

Una manifestazione pittorica di tipo riflessivo che conferisce ai suoi soggetti una concezione drammatica, colmi di una dimensione emotiva amplificata dai contrasti luminosi. Opere animate da uno spirito etico e religioso, volte a cogliere l’essenza spirituale dell’uomo al di là delle apparenze materiali. Perché, in veste di pittore di ritratti, Rembrandt ha guardato oltre. Oltre la raffigurazione dei soggetti di cui ha immortalato volti e figure.

Rembrandt è infatti il ‘pittore dell’interiorità’, se così lo si può definire prendendo in prestito un’espressione che, per quanto semplicistica, gli assegna un ruolo importante e ben definito, rappresentandolo in pieno. E che il film Il mio Rembrandt mette ben in evidenza. Nei suoi ritratti, infatti, si percepisce una sua personale esplorazione della psicologia dei suoi soggetti, fino a scandagliare i moti del loro animo, colmo talvolta di sofferenza.

Artista prolifico, quando Rembrandt perde la moglie, e dei suoi quattro figli ne sopravvive soltanto uno, il pessimismo già latente in lui si acutizza. Considerato un artista ormai superato, muore in povertà e in solitudine nel 1669. Ed è soltanto a partire da metà Ottocento che viene rivalutato.

“Il suo modo di dipingere ti fa capire che la vita non è perfetta e che ognuno ha i suoi difetti e questo è ciò che ci rende umani. È così che, dal XVII secolo, Rembrandt alza uno specchio per noi contemporanei, uno specchio che stuzzica e solletica…” – Oeke Hoogendijk, regista

Frutto di un intenso lavoro di ricerca, il docufilm Il mio Rembrandt si è fatto promotore, grazie agli interventi di addetti ai lavori, di un’interessante speculazione sui capolavori del grande artista. Nonché di una discussione sugli aspetti economici della sua ampia produzione.

Il mio Rembrandt di Oeke Hoogendijk
Il mio Rembrandt di Oeke Hoogendijk

A collegare gli interventi di collezionisti e mercanti d’arte che hanno partecipano alla realizzazione de Il mio Rembrandt è un fil rouge, il quale attraversa lo sviluppo filmico in sinergia con un’unica idea: l’irrefrenabile passione originata dalle opere del Grande Maestro. I cui lavori, giudizio riconosciuto all’unanimità, sono custodi di una straordinaria empatia, la quale induce l’osservatore a rintracciarvi, grazie all’espressività dei loro volti, un senso di verosimiglianza della condizione umana. Volti che scoprono la parte più recondita del loro sé, da cui si può estrapolare un’umanità nascosta, che talvolta, invece, si fa più manifesta. Tipicità che fanno di Rembrandt, anche in tempi odierni, un artista speciale.

“Rembrandt non lusingava i suoi committenti, pur avendo un occhio per la vanità e la raffinatezza dell’ambiente sociale che dipingeva. E ha applicato questo metodo senza pietà anche a se stesso…” – Oeke Hoogendijk, regista

Ad ampliare una speculazione su di un’eccezionale figura del Seicento da cui si evincono aspetti di contemporaneità, il docufilm si sofferma sull’attività del mercante d’arte Jan Six, del cui recupero di due opere, considerate inedite, ne ha fatto uno scopo di vita. La trama si muove tra collezionisti d’arte come Eijk e Rose-Marie De Mol van Otterloo, l’americano Thomas Kaplan e lo scozzese Duca di Buccleuch mostrano il legame speciale che hanno con i “loro” Rembrandt, il banchiere Eric de Rothschild mette due Rembrandt in vendita, innescando una dura battaglia politica tra il Rijksmuseum e il Louvre.

Gli interventi, tutti, nella visione de Il mio Rembrandt, si intrecciano esprimendo un unicum davvero esplicativo, al fine di omaggiare una monumentale figura del mondo dell’arte. Che si è fatto strumento per sollecitare nei collezionisti e nei mercanti d’arte, come nei semplici appassionanti, le motivazioni che ancora oggi, trascorsi oltre 350 anni dalla sua morte, accendono l’interesse per un pittore che ha cambiato il concetto di ritrarre volti e figure.

“I suoi autoritratti, specialmente quelli tardi, sono esplorazioni incredibilmente oneste del tributo psicologico che paghiamo nel corso delle nostre vite…” – Oeke Hoogendijk, regista

 

Written by Carolina Colombi

 

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