“Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz” di Johannes Valentinus Andreae: ciò che è profanato distrugge la grazia
“Gli arcani svelati vengono sviliti:/ Arcana publicata vilescunt:
e quello che è profanato distrugge la grazia./ et gratiam prophana amittunt.
Quindi: non gettare le perle ai porci,/ Ergo: ne Margaritas obijce porcis,
e non preparare un letto di rose ad un asino./ seu Asino substerne rosas.”
“Margaritas ante porcos” è una locuzione latina molto conosciuta presente nel Vangelo secondo Matteo ed esattamente nel capitolo 7, versetto 6: “Nolite dare sanctum canibus, neque mittatis margaritas vestras ante porcos, ne forte conculcent eas pedibus suis, et conversi dirumpant vos“, ossia: “Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle ai porci, perché non le calpestino e, rivoltandosi, vi sbranino“. Il brano prosegue con: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.” Ed ancora dal versetto 13 al 15: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano! Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci!”
È Gesù che parla ai suoi discepoli consigliando di non dare ciò che è di valore – santo – a chi non lo merita, ed in questo modo apre anche Johannes Valentinus Andreae nel suo “Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz” pubblicato nel 1616 a Strasburgo. La vicenda narrata è ambientata 150 anni prima dell’uscita del libro ed esattamente il giorno di Pasqua (25 aprile) del 1459 (anno in cui venne approvato a Ratisbona l’atto costitutivo della Massoneria di Strasburgo). Il nome stesso di Christian Rosenkreutz (Cristiano Rosacroce) testimonia la presenza di due cristianesimi: il primo è quello predicato dalla gerarchia ecclesiastica, il secondo è occulto.
Il teologo tedesco Johannes Valentinus Andreae nacque il 17 agosto del 1586 ad Herrenberg, conseguì gli studi presso l’Università di Tubinga, anni durante i quali scrisse una serie di testi che, per sua stessa ammissione su “Vita ad ipso conscripta” del 1640, dovevano essere una esortazione alla meditazione ed al riconoscimento del cristianesimo luterano come miglioramento.
Migliaia di studiosi, poeti, artisti si sono cimentati nella lettura delle Nozze chimiche o Nozze alchemiche alla ricerca della misteriosa Confraternita dei Rosacroce di cui Christian Rosenkreutz (1378 – 1484) fu considerato il fondatore ma di cui si narra solo nei tre documenti redatti da Johannes Valentinus Andreae: “Fama Fraternitatis” pubblicato nel 1614, “Confessio Fraternitatis” del 1615 e “Le nozze chimiche”.
Ma questa ludibrium curiosorum[1] non vuole essere un volgare scherno, una mera invenzione di un esoterista tedesco vissuto nel quindicesimo secolo ma bensì bisogna approcciarsi alle Nozze ed anche agli altri testi alchemici con la volontà di farne esperienza.
Il viaggio che ci propone Andreae è il medesimo che ci propone Dante Alighieri nella sua “Divina Commedia”, o che ci propone Plotino nelle sue “Enneadi” ed anche Carl Gustav Jung ne “Il libro rosso”: è un invito alle nozze di Sponsus et Sponsa, è una richiesta di partecipazione che si rivolge al lettore accorto, a colui che “è nato per questo” perché solo chi è puro avrà beneficio dalla lettura, mentre chi non lo merita ne avrà del male.
Come bisogna approcciarsi alle letture tra trattano di simboli alchemici? In modo letterale, allegorico, tropologico od anagogico? Il “gioco” è che ognuno di noi, per qualsiasi attività umana, può usare solo ciò che ha, la mente così come il corpo ha delle differenze fondanti in ogni essere umano (così come in ogni essere vivente). È l’unicità a distinguerci ed a farci approcciare alla società ed alla lettura in modo diverso. La richiesta di Andreae è di complicità, così come quella baudelairiana della chiusa della lirica “Al lettore” (“I fiori del male”): “– Hypocrite lecteur, – mon semblable, – mon frère!” e poco prima “Et le riche métal de notre volonté/ Est tout vaporisé par ce savant chimiste – ed il ricco metallo della nostra volontà,/ è svaporato da quel sapiente chimico.”.
Il breve testo che si andrà a leggere sottostante riporta la parte iniziale del Primo Giorno, ed è stato ripreso da una pubblicazione che presenta la triade dell’opera di Andreae sotto il titolo di “Manifesti Rosacroce” pubblicata da Edizioni Mediterranee nel 1990 con traduzione diretta dal tedesco, e non come altri testi presenti in commercio dall’inglese o dal francese.
L’introduzione di grande pregio e precisione è stata curata dal giornalista e saggista Gianfranco de Turris che ha saputo illustrare alcuni particolari degni di nota a cui, talvolta, la critica non si è soffermata come ad esempio sul finale dell’opera. Ma, si consiglia di leggere in un secondo momento l’introduzione perché è necessario entrare a digiuno a casa di Christian, così come si consiglia una lettura giornaliera essendo il testo suddiviso in sette giornate in modo tale da avere la dovuta attenzione.
Il lettore – la mente curiosa – deve cimentarsi con la difficoltà del tempo del procurarsi i libri e la facilità di oggi in questo “usa e getta” divenuto imperante laddove i facili “riassuntini” di un’opera recano un grande danno alla capacità di pensare. La profondità di messaggio di un libro è direttamente proporzionale alla profondità della nostra psiche – anima –, si equivalgono e dialogano.
Nel Vangelo di San Tommaso[2] leggiamo:
“Egli disse: – Signore, molti sono intorno al pozzo, ma nessuno è dentro il pozzo.
Gesù disse: – Molti si soffermano fuori della porta, ma soltanto i solitari entreranno nella camera nuziale.”
Molte persone si approcciano ai testi alchemici e tante sono le ragioni e gli obiettivi, ma sono e saranno pochi coloro che hanno e che avranno beneficio.
Brano tratto da “Primo giorno”
“La sera prima del giorno di Pasqua, me ne stavo seduto ad un tavolo. Come di consueto, avevo colloquiato a lungo col mio Creatore in umile preghiera ed avevo meditato su quei misteri che il Padre della Luce, nella Sua Maestà, mi aveva voluto svelare in gran numero. Ero in procinto di preparare, nel mio animo, del pane azzimo che fosse immacolato da dedicare al mio amato Agnello pasquale, quando, d’improvviso, si levò un vento talmente forte che pensai che la montagna, nella quale era scavata la mia abitazione, sarebbe crollata a causa della sua violenza.
Sapendo però che il demonio, pur avendomi causato delle sofferenze, non era in grado di arrecarmi tali danni, mi feci coraggio e proseguii la mia meditazione, finché, inaspettatamente, qualcuno mi toccò sulla spalla. Ne fui tanto spaventato che non avevo nemmeno il coraggio di voltarmi, mi sforzai però di rimanere sereno, almeno per quanto, in tali circostanze, me lo permetteva la debolezza umana.
Ma quando questo essere iniziò a tirarmi parecchie volte per la giacca, finalmente mi voltai. Vidi davanti a me una donna di meravigliosa bellezza che aveva una veste azzurra, tutta finemente guarnita di stelle d’oro, al pari del cielo.
Nella mano destra teneva una tromba d’oro sulla quale era inciso un nome che potei leggere chiaramente, ma che mi fu poi proibito rivelare. Nella mano sinistra teneva un grande fascio di lettere, scritte in varie lingue, che essa, come appresi più tardi, doveva portare in ogni Paese del mondo. Aveva anche due grandi e belle ali, tutte ricoperte di occhi, con le quali poteva librarsi in volo e volare più velocemente di un’aquila.
Forse avrei potuto notare anche altri particolari, ma essa si soffermò presso di me solo brevemente ed io ero talmente pieno di spavento e di meraviglia che non sono in grado di narrare altro.
Appena mi fui voltato, essa cominciò a frugare tra le sue missive. Finalmente tirò fuori una letterina che posò sul tavolo con grande reverenza e poi se ne andò, senza proferire parola.
Nel prendere il volo soffiò nella sua tromba con tale potenza che ne risonò l’intera montagna, e, per quasi un quarto d’ora, non riuscii nemmeno a sentire la mia stessa voce.
Io, povero me, non sapevo più cosa fare dopo un evento così inaspettato: allora caddi in ginocchio e pregai il Creatore che nulla potesse compromettere la mia salvezza eterna.
Poi, tremante e pieno di paura, presi la lettera che pesava più che fosse stata d’oro massiccio. Osservandola con attenzione vidi che era chiusa con un sigillo[3]. Sopra vi era incisa una croce sottile con la scritta: «In hoc † vinces».
Trovando questo simbolo mi consolai perché sapevo che un tale sigillo non era precisamente ciò che gradiva il demonio e che tanto meno ne faceva uso. Quindi aprii con cura la lettera e vi trovai i seguenti versi scritti in lettere d’oro su sfondo blu:
Oggi, oggi, oggi
Sono le nozze del re.
Se tu sei nato per questo,
Eletto da Dio per la gioia,
Puoi sopra il monte salire,
Là dove sorgon tre templi,
Per contemplare l’evento.
Vigila,
Osserva te stesso,
D’esser puro sii certo,
O dalle nozze avrai male.
Quivi l’impuro è in periglio,
Chi è troppo leggere si guardi!
Sotto era scritto: Sponsus et Sponsa.
Appena ebbi letto questa lettera fui preso da un forte capogiro. Mi si rizzarono i capelli ed un sudore freddo mi corse lungo il corpo. Mi ero accorto che queste erano le nozze che mi erano state predette sette anni prima da un volto umano e che avevo atteso a lungo e con grande desiderio, e sebbene ne avessi calcolato la data, studiando accuratamente il corso dei pianeti che le riguardavano, mai avrei immaginato che tali nozze sarebbero avvenute in condizioni così difficili.
Avevo pensato che avrei dovuto solo presentarmi alle nozze ed unicamente in veste di ospite gradito, ora invece capivo che tutto dipendeva dalla Grazia divina, dalla quale non ero ancora certo. Ero costretto a constatare che in me vi era ancora molta ignoranza e cecità nei riguardi delle cose segrete e che neppure riuscivo a comprendere bene quanto mi stava sotto i piedi e ciò con cui vivevo ogni giorno.
Ancor meno capivo perché dovessi essere proprio io il prescelto, colui che doveva venire a conoscenza dei segreti della Natura; secondo la mia opinione, la Natura avrebbe potuto trovare un altro discepolo, più virtuoso di me, al quale affidare i propri tesori, che erano preziosi pur essendo temporali e passeggeri. […]”
***
“Vi raccomando di intender tutto ciò con un grano di sale, perché non vi capiti di sbagliare troppo spesso prendendolo alla lettera. Abbiamo intessuto sottigliezze filosofiche con ingenuità così insolita, che se non hai indovinato le molte metafore dei capitoli precedenti, è difficile che tu raccolga altra messe che perdita di tempo, come, per esempio, quando abbiamo detto senza nessuna ambiguità che uno dei principi è il mercurio e l’altro il Sole.” – Eireneo Filalete[4]
Written by Alessia Mocci
Note
[1] Su alcune locuzioni ed usi delle parole “ludibrium” e “fictitia” che Andreae utilizza si rimanda alla lettura dell’introduzione del libro a cura di Gianfranco de Turris, che opera in modo preciso sulla storia etimologica e sulle varie interpretazioni delle due parole siano esse intese in modo positivo o negativo.
[2] Dal Vangelo di Tommaso ritrovato nel 1945 fra i famosi manoscritti di Nag Hammadi, non è stato riconosciuto dalla Chiesa, è una raccolta di detti attribuiti al Cristo che circolavano in forma orale.
[3] Sul particolare del sigillo è di grande interesse la precisa ricostruzione che si trova nella nota sul libro che riporta le vicende di stampa del sigillo che chiude la lettera d’invito alle nozze del re e della regina. Il simbolo, che “assomiglia in modo impressionante al simbolo alchemico di Mercurio Doppio o Androgine che ha natura di «Acqua ignificata»”, è simile a quello utilizzato da John Dee nel “Monas Hieroglyphica” stampato nel 1564 in Inghilterra.
[4] “Opere” di Eireneo Filalete è una raccolta edita nel 2001 da Edizioni Mediterranee con introduzione, traduzione e commento di Paolo Lucarelli. Nelle sue 158 pagine racchiude “L’Entrata aperta al Palazzo chiuso del Re”, “Lo specchio della Verità”, “La fonte della Filosofia Chimica” ed alcuni estratti di “Metamorfosi dei Metalli” e “Breve Guida al Rubino Celeste”.
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5 pensieri su ““Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz” di Johannes Valentinus Andreae: ciò che è profanato distrugge la grazia”