“… E noi ascoltavamo” di Nino Tomarchio: un racconto sulla nostalgia del passato
“Ho letto di tutto sulle mamme, su queste donne talmente grandi che sembrano un sogno. Emblematiche sono le parole più alte e significative che la nostra meravigliosa lingua contiene: paragonate a rose, a fiori, a cieli immensi, a distese di acqua azzurra, al sole splendente, al cielo stellato…”

Romanzo dichiaratamente biografico, … E noi ascoltavamo dell’autore Nino Tomarchio, e pubblicato da Tomarchio Editore nel 2021, è racconto di notevole spessore emotivo.
Sono molti gli elementi che prendono forma in quest’opera, conferendo al testo la caratteristica di uno scrigno di preziosa umanità. Un’umanità che cela sentimenti i quali diventano motivo di riflessione di un libro dal contenuto pregevole, seppur realizzato in un numero di pagine piuttosto misurate. Comunque, pagine colme di grandi e piccoli messaggi colmi di affetti sinceri.
Da quello che ha legato l’autore alla propria madre, a cui ha dedicato il libro, e che attraverso le sue parole è presente in ogni pagina di esso come afferma lo stesso autore.
… E noi ascoltavamo è anche racconto di tradizioni, e non solo storia di affetti familiari legati a ricordi indelebili, da collocarsi negli anni a cavallo tra il 1960 e il 1970.
Anni in cui le tradizioni erano vive e non messe in discussione dalle vicende sociali e storiche che sono seguite poco dopo, pronte a spazzare via il valore che custodivano in sé.
“E noi lo ascoltavamo in quegli anni ’60 ed anche dopo, sì tutti noi, cinque figli e la mamma Aurora, ascoltavamo tristi ma a volte anche disattenti, la storia di papà Domenico, quei fatti per certi versi infelici e disperati…”
Di seguito, una breve biografia dell’autore.
Antonino Tomarchio nasce a Riposto (Catania) nel 1960; è il 1977 quando consegue il Diploma di Maturità Magistrale ad Acireale. Per frequentare poi il corso per Allievi Sottoufficiali dei carabinieri presso la Scuola di Velletri, e successivamente in quella di Firenze.
Dopo aver sposato Antonella, sua amica d’infanzia, gli viene assegnato il compito di guidare la stazione dei carabinieri del comune di Sant’Alfio.
Attualmente è residente presso Riposto, anche se la sua casa di campagna di Presa, citata nel libro e a pochi passi dal mare, è un luogo dove è solito tornare spesso.
“E che dire di quel trasloco fatto in piena notte, l’inverno di quel ’62, per riappropriarsi quasi forzatamente della casa ove poi tutti abbiamo vissuto, la nostra casa della Strada del Porto…”
Il testo si potrebbe anche titolare come racconto d’altri tempi. Tempi in cui i legami erano mossi non dal profitto ma da sincere dinamiche familiari.
È sufficiente, infatti, scavare appena in profondità, che nascosto fra parole e frasi si può rintracciare, un mondo autentiche, oggi, in molti casi in fase di estinzione.
… E noi ascoltavamo lo si può dunque etichettare come un racconto d’altri tempi, anch’essi tempi difficili, sicuramente: non può essere edulcorare il passato e raccontarlo con quel filo di nostalgia per attenuarne la fatica di un vissuto anche complesso.
Ma sono i trascorsi dell’autore, di cui partecipa il lettore, che parlano per lui. Un bagaglio familiare, il suo, fatto da una realtà scevra da ipocrisia, soprattutto quella parentale. Perché quello raccontato dall’autore è un mondo animato da legami solidi, da sentimenti di appartenenza ad un ampio nucleo familiare, in cui un tempo ci si poteva rifugiare per trovare quel conforto e quell’unità non riscontrabile al di fuori di quella realtà raccontata dall’autore.

Racconto di relazioni domestiche, di affetti conclamati … E noi ascoltavamo disegna un mondo dove la fiducia negli altri non veniva tradita. Un luogo, dove le persone non si nascondevano dietro a ingannevoli immagini, in certi casi stereotipate.
Nel suo testo Nino Tomarchio si mette a nudo, sviscerando gioie e dolori legati ai suoi familiari ma anche alla sua terra d’origine, la Sicilia, e nello specifico Catania, suo luogo di nascita e provincia di impareggiabile bellezza. Un’isola dai trascorsi storici importanti, non la Sicilia votata al malaffare proposta spesso dalla TV. Un’isola strettamente legata ai suoi affetti familiari, ma anche alla propria ‘roba’, raffigurata da uno dei beni materiali più preziosi che una persona possieda: la propria casa con il suo appezzamento di terra, piccolo o grande che sia.
Un territorio a cui l’autore è legato da un forte sentimento di solidarietà.
Bagnato da coste affacciate su di un mare splendido, capace di offrire riparo ai molti disperati che approdano sulle spiagge di quel luogo struggente, spinti da bisogni primari che non possono soddisfare a casa loro. Trovando in quell’isola collocata al centro del Mediterraneo un porto sicuro cui approdare, e gente ospitale ad accoglierli.
Scritto con penna felice, grazie a una narrazione scorrevole, seppur elegante … E noi ascoltavamo si offre a una lettura gradevole e coinvolgente. Che porta il lettore, accompagnato quasi per mano dall’autore, a partecipare con empatia alle vicende raccontate.
“E tutto questo mentre papà con una vena di pacata malinconia esternava i suoi tanti ricordi: ci raccontava di com’era prima la casa, delle attività che vi si svolgevano, delle persone che l’avevano abitata, degli animali custoditi nella stalla sottostante…”
Written by Carolina Colombi
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