Arianna Ninchi, Ritanna Armeni, Consuelo Barilari e la XVII edizione del Festival dell’eccellenza al femminile di Genova
“Non abbiamo rivendicazioni da fare, se non la volontà di far conoscere un’altra versione della Storia, delle storie. Ma per un momento delle nostre vite il teatro e l’editoria sono stati, insieme e in diversa misura, le nostre case” – Silvia Siravo, Arianna Ninchi, da Musa e getta
È un evento tutto al femminile il meeting programmato a Genova dal 15 ottobre al 28 novembre 2021, dal nome alquanto emblematico: Festival dell’eccellenza al femminile.
Arrivata alla sua XVII edizione, la kermesse, ideata e diretta da Consuelo Barilari, è uno spazio pubblico di confronto, tale da suscitare attenzione e approvazione da parte della platea, perché di ampio richiamo culturale.
Next Generation Women è il tema su cui si fondano le diverse rappresentazioni ospitate presso il Teatro Nazionale di Genova, con sedi dislocate anche in altre zone rispetto al centro città.
Lo scopo principale del Festival, che si presenta con una rassegna teatrale ma anche con tavole rotonde e dibattiti, è soprattutto uno: sensibilizzare l’opinione pubblica circa la condizione della donna in un tipo di società pregna ancora di arretratezza, e poco attenta ai bisogni delle donne. Questione alquanto spinosa ancora oggi, superato l’anno 2020.
Sono numerose le performance presenti al Festival, tali da farne un evento tutto da apprezzare.
Ma è una, più di altre, la rappresentazione teatrale degna di nota, che rivolgendo uno sguardo attento al mondo femminile dà voce a donne che voce non ne hanno mai avuto. Con il fine, soprattutto, di segnalare la violenza fisica esercitata da mariti e compagni, come quella verbale e psicologica, i cui contraccolpi hanno ripercussioni sulla sfera emotiva.
Il lavoro teatrale in questione è Il testamento di Nadia Krupskaja, messo in scena presso il teatro Sala Mercato, adiacente al teatro Gustavo Modena di Sampierdarena (Genova), il 26 novembre 2021. Per la regia di Consuelo Barilari ed interpretato dall’attrice Arianna Ninchi, le cui credenziali teatrali legate alla sua famiglia d’origine, sono un valore aggiunto alla sua conclamata professionalità.
“Non sta a noi dire cosa sia questo libro, che è stato soprattutto occasione di scambi spesso illuminanti e di amicizie sempre succose…” – Arianna Ninchi, Silvia Siravo, da Musa e getta
L’input per portare in scena il personaggio di Nadja Krupskaja trova la sua origine nel testo della giornalista e scrittrice Ritanna Armeni, nota anche al pubblico televisivo.
Testo già inserito nell’antologia Musa e getta pubblicata da Ponte alle Grazie nel 2021, la cui edizione è stata curata da Arianna Ninchi e Silvia Sivaro.
Titolo significativo, Musa e getta, oltremodo singolare, per un testo che offre al lettore, più probabilmente alla lettrice, una rassegna della vita di donne il cui contributo ha lasciato un’impronta tangibile nel processo evolutivo femminile.
Musa e getta è una raccolta in cui 16 scrittrici raccontano di 16 donne, definite ‘muse’ in quanto fonte di ispirazione per i loro uomini. In alcuni casi artisti famosi che le hanno usate e trascurate, e poi finite in un ‘dimenticatoio’ da cui le autrici di Musa e getta le hanno riesumate.
Una narrazione in cui si racconta di figure che hanno ispirato artisti, pittori, musicisti, scrittori e filosofi, che in alcuni casi sono state ‘gettate via’ o silenziate, oppure oscurate dalle travolgenti personalità dei loro compagni. O ancora, abbandonate in un oblio difficile da dissotterrare.
“Non ho paura, dovrei averla, lui è capace di tutto e mi odia, ma non ce l’ho. Ho un compito e lo porterò a termine. Lenin me l’ha affidato e Stalin non riuscirà a fermarmi. Non vedo come possa farlo…” – Ritanna Armeni, da Musa e getta
Ed è con grande abilità di scrittura, che in Musa e getta Ritanna Armeni ha tratteggiato un profilo quanto mai minuzioso della figura di Nadja Krupskaja, moglie del leader sovietico Vladimir Lenin, legata a lui da una dipendenza affettiva e psicologica.
Pedagoga e teorica del modello di istruzione sovietico, Nadja nasce a Pietroburgo nel 1869 in una famiglia aristocratica. Affascinata dagli ideali di Lev Tolstoj, insegna in una scuola frequentata da operai, svolgendo contemporaneamente attività di propaganda.
È nel 1894, frequentando un circolo marxista che incontra Lenin e se ne innamora. Condannata per sovversione, Nadja chiede di raggiungere il marito nel villaggio della Siberia in cui lui è stato confinato. Durante il suo esilio, con l’inflessibilità che la distingue, continua a lavorare alla causa rivoluzionaria.
Quando, nel 1917 ritorna in patria viene accolta trionfalmente e nominata dirigente del Partito con ampie deleghe strettamente legate all’istruzione (alfabetizzazione, università, biblioteche, teatro, cinema e musei), e con particolare attenzione alla condizione della donna e dei giovani.
Fin prima del 1917, Nadia aveva dato alle stampe La donna lavoratrice, cui era seguito il trattato lstruzione popolare e democrazia, saggio in cui veniva esplicitato il suo metodo didattico.
Lavoratrice instancabile oltre misura, Nadja tiene le fila con gli organi di partito e con i compagni, rispondendo personalmente alle lettere dei bambini. Non potendo diventare madre, reagirà a questa sua privazione occupandosi proprio delle nuove generazioni.
“Io sono rimasta al suo fianco. Ho continuato a preparare le pezze con acqua calda e fredda per i suoi mal di testa, la cena ogni sera, il tè caldo…” – Ritanna Armeni, da Musa e getta
È un racconto struggente del profilo che la giornalista ha tratteggiato di Nadja, sviscerando eventi pubblici e privati vissuti con Lenin. Un privato non è stato facile condividere con un uomo legato sentimentalmente anche a un’altra donna. Anche se Nadja, innamorata del proprio marito, ha soffocato risentimento e gelosia in nome dell’affetto che nutriva per lui.
Infine, è il 1939 quando Nadja muore per una peritonite. Con il sospetto, mai sopito, che possa essere stata avvelenata. Da chi, però, non è dato sapere.
“Mancano all’appello così tante muse tra quelle nel tempo pensate che, in noi che amiamo sognare, germoglia anche il sogno di un secondo volume…” – Arianna Ninchi, Silvia Siravo
Ma, per tornare alla rappresentazione portata in scena interpretata da Arianna Ninchi, lo spettatore è inevitabile affascinato da questa figura di donna che aveva a cuore il benessere dei suoi simili. Una narrazione, quella realizzata dall’autrice e rappresentata al Festival, di grande spessore culturale e biografico. Un’opera teatrale, in cui la Armeni disegna Nadja, oltre che come donna anche come depositaria del testamento politico di Lenin. La vicenda teatrale si svolge nell’arco di un’ora negli uffici del Cremlino dove Nadja si è recata per incontrare Stalin, con cui aveva un rapporto conflittuale. La donna non nasconde il suo dissenso verso il capo del partito, e vorrebbe rendere pubblica una lettera di Lenin, in aperto contrasto con Stalin, in cui denuncia i suoi dubbi sul futuro del partito in mano a colui che non esita a perseguitare i figli dei cosiddetti ‘traditori della patria’.
Un racconto, quello elaborato da Ritanna Armeni, che pone l’attenzione su di una figura altamente rappresentativa del mondo femminile, e realizzato in una completa sinergia d’intenti con Consuelo Barilari e Arianna Ninchi, le quali hanno concorso alla buona riuscita dello spettacolo.
Tre donne, dunque, autrice, attrice e regista, focalizzate su di un personaggio di così grande interesse, che ha permesso loro di dar vita a un lavoro teatrale tutto da apprezzare.
“Se voi volete onorare la mia memoria, costruite degli asili nidi, giardini d’infanzia, edificate case, biblioteche, policlinici, ospedali, ricoveri per invalidi e così via, e soprattutto mette in pratica i suoi insegnamenti”. – Nadja Krupskaja
Arianna Ninchi, figlia d’arte, attrice già affermata grazie a una brillante carriera che l’ha vista interprete di ben quattro film e partecipare ad apprezzabili lavori teatrali, ne Il testamento di Nadia Krupskaja ha dato un’ulteriore prova della sua bravura.
“Gratitudine profonda va alle meravigliose scrittrici che, con entusiasmo e passione, hanno abbracciato l’idea di Musa e getta…” – Silvia Siravo, Arianna Ninchi, da Musa e getta
Di seguito, un’intervista in cui Arianna Ninchi si racconta con estrema sincerità e semplicità, pur nella profondità delle sue risposte. Mettendo in luce peculiarità che le sono proprie, tanto da farne una persona attenta alle problematiche che partecipano il mondo femminile.
C. C.: Cosa rappresenta per lei dare vita sul palcoscenico a un personaggio come Nadja Krupskaja?
Arianna Ninchi: Opportunità e responsabilità sono le prime parole che mi vengono in mente. La responsabilità è enorme ogni volta che si è chiamati a incarnare un personaggio storico, ma qui ho a che fare con la donna che è stata accanto all’uomo che ha fatto la più grande rivoluzione del Novecento! L’opportunità è quella di confrontarmi con delle qualità caratteriali che penso siano utilissime oggi per ogni donna che voglia farsi valere: autorevolezza, tenacia, ambizione, determinazione. Pensando allora a donne forti che io ho la fortuna di avere accanto, ci tengo a dire che per me è un privilegio dare vita al bellissimo testo di Ritanna Armeni. Ringrazio Consuelo Barilari per l’invito nel contesto perfetto del Festival dell’Eccellenza al Femminile e per la regia.
C. C.: Il libro Musa e getta è stato un mezzo per affrontare la questione della parità di genere?
Arianna Ninchi: Sì, è una questione che sento molto. Sognavo di mettere insieme i tanti talenti femminili che vedo attorno a me, in ambito teatrale e editoriale, per creare un’opera collettiva che parlasse del talento femminile di ispirare, un talento mai abbastanza riconosciuto.
C. C.: Come è nato il progetto Musa e getta?
Arianna Ninchi: Il progetto è nato dall’amicizia con l’attrice Silvia Siravo, che mi ha ascoltato e seguito in quest’avventura, e dalla sensibilità di Vincenzo Ostuni, editor di Ponte alle Grazie, che ha sposato l’idea.
C. C.: Quali progetti ha per il futuro Arianna Ninchi?
Arianna Ninchi: Il 26 dicembre sarò in scena al Teatro Borsi di Prato con “La dama bruna”, il nuovo copione di mia madre, Rosa Maria Manenti. Dividerò il palcoscenico con Daniele Griggio, che cura anche la regia, con i ballerini Umberto De Luca e Alice Terranova e con la musicista Tatiana Fedi. Daniele Griggio interpreterà i sonetti di William Shakespeare di cui la dark lady è protagonista e sarà eccitante per me incarnare una fascinosa diavolessa (“my female evil”, la descrive Will) e dare voce, nella disputa amorosa, alla sua versione, che mia madre ha scritto così bene.
Grazie di quest’intervista, Carolina ed Oubliette Magazine, e evviva le muse, sempre!
Written by Carolina Colombi