La casa dei tarocchi #15: chi è il Diavolo?
Scrive Giordano Berti nella prefazione a “Vit(amor)te” che senza dubbio “nelle arti tutto si rinnova sistematicamente a partire da ciò che preesiste: nella musica, nella danza, nelle arti visive, nella letteratura. Tra gli esempi più mirabili di questo continuo rinnovarsi, il Gioco dei Tarocchi è assolutamente emblematico”, e rimescolando le carte comprendiamo il Gioco della Vita.

Da dove arrivano i 22 passaggi di questa danza immaginale?
“Volendo datare un oggetto in una forma ben definita” scrive ancora Berti “si può dire con assoluta certezza che i Tarocchi nacquero nell’Italia del Nord nei primi decenni del Quattrocento. Erano un raffinato gioco di Corte, perché quelle immagini evocavano pensieri lontani dalla gente del popolo. Ben presto divennero un gioco d’azzardo e tuttavia i giuristi lo definivano in modo ambiguo dato che nel gioco dei Tarocchi si può vincere anche con pessime carte… come in guerra”.
Chi è il Diavolo?
Nel thriller di Pupi Avati, il nostro arcano è un “Signor Diavolo”, ma il film (2019) dimostra come sia il diverso, il non conforme, a vestire i panni del capro(ne) espiatorio della cultura contadina.
Il Diavolo separa – dia-ballein (δια-βάλλω) – mentre il simbolo congiunge – syn-ballein (σύμ-βάλλω).
Della separatio, l’arte di scindere il Tutto in opposizioni, la maestra è certamente questa società contemporanea capace di esaltare la neocorteccia, la visione scientifica, la tecnologia, relegando il sistema limbico, la magia naturale e la musica di Pan nel regno del demonico. Esperta nella doppia morale, la cultura del buon senso è diabolica. Etimologicamente, il termine Diavolo ci rimanda al separare, al creare una frattura, una divisione. Se però andiamo a guardare l’Ombra del Bene, troviamo barlumi di creatività e vitalità compartecipe nel cerchio stregonesco, mentre è evidente la freddezza asettica del bisturi-spada di un Arcangelo Michele.
“Non ci si può stancare nel ripetere che dia-ballein non è un nome sufficientemente esaustivo per un’energia così potente” scrivevo in un articolo di tanti anni fa, sottolineando il dubbio: “Forse il Diavolo, così come è inteso comunemente, è in se stesso energia riduttiva solo se, e sottolineo se, viene considerato in maniera divisa dal suo gemello simbolo?” (dal mio blog Barlumi di coscienza). Nei Tarocchi troviamo la risposta: nella danza del Mondo c’è spazio per tutti, a patto che il patto non preveda una svendita dell’anima al Diavolo.
Mercurius Duplex
Attraverso la sua opera immensa, il padre della psicologia analitica Carl Gustav Jung ci suggerisce un’alternativa al monotema. Egli ci ricorda, mettendo in luce psicologicamente l’opera degli antichi alchimisti, che il serpente mercuriale con la sua androginia paradossale è il filo conduttore della Grande Opera. Mercurio è rappresentativo sia del Diavolo indicante la separatio nella Nigredo, la fase nota come Opera al Nero, sia del simbolo che, vittorioso, emerge come oro dall’alambicco.
Il venefico amico di questa quindicesima puntata dedicata agli arcani maggiori è Prima Materia e viene trasformato in Pietra Filosofale con impegno e lenta presa di coscienza dall’adepto dell’Arte Regia. Nella congiunzione, l’elemento malandrino diventa, grazie al procedimento che lo fissa, se volatile, e lo volatilizza quando è troppo fisso, il legame rinnovato tra Sole e Luna, tra Re e Regina.
La metafora dell’alchimia è un percorso di coppia, un intreccio di separazioni e congiunzioni. La coppia è composta dal Re e dalla Regina oppure, tra i vari nomi dati al matrimonio sacro nei testi ermetici, dal Sole e dalla Luna. Sembra quasi che, se guardiamo i Tarocchi come un percorso, la carta numero quindici prosegua l’attività della Temperanza, rimescolando in Ombra le materie che andranno a illuminare il cielo psichico nelle carte che via via seguiranno, fino alla danza del Mondo, che è l’icona del Rebis androgino, la figlia/o lunare e solare, l’aurum che non appartiene al volgo. Grazie alla presenza del διαβάλλω, però, che conferisce agli arcani quel quid di infernale focosità, tutto il mazzo tornerà a dividersi ancora per ricominciare il giro dal Matto, poiché il procedimento parrebbe non avere fine. E ogni carta ci mette lo zampino (e una in particolare ha l’artiglio caprino).
Siamo sempre in cerca del tesoro, insomma; è un tesoro simbolico che, nelle persone in cammino individuativo, in viaggio alla ricerca di se stesse, diventa scoperta congiunta tra mondo interno ed esterno.
La coppia alchemica si separa dalla commistione iniziale e si riunisce grazie al principio fondamentale che è il Mercurius Duplex, ovvero l’elemento androgino per eccellenza. Questo Mercurio ambivalente sembra essere, da un lato, il benefico “mezzo della congiunzione” e dall’altra il velenoso e diabolico separatore.

Diavolo e simbolo: ogni aspetto del Tutto è fondamentale. Non si dà l’uno senza l’altro e non esistono unioni coscienti senza conoscenza delle differenze.
Qualche anno fa ho curato per una rivista online una serie di articoli (ironici e al contempo serissimi) sulla simbologia del “lato B”. Scrivevo:
“L’ambiguità, diciamolo, fa da padrona nel modus operandi del diavolo, dia-ballein, colui che è decisamente doppio e, diviso oppure commisto, divide et impera (con il potere delle chiappe ai lati della fessura): il Diavolo è rappresentato come ermafrodito nell’iconografia dei Tarocchi. L’arcano numero XV ci mostra una creatura capace di vestire entrambi i sessi per il piacere del potere. Sono tutto, sono niente, sono due – così Satana va fischiettando, sculettante nei secoli dei secoli.
A proposito di angeli caduti, siamo indotti a ricordare come Satana adori le natiche umane. Lui stesso ne possiede un paio, di natiche, due grosse chiappe puzzolenti da scimmione degne dei migliori baci, quelli delle streghe, nonostante in alcuni testi antichi si tendesse a precisare che no, assolutamente, che il diavolo è privo di fondoschiena. Che contraddizione! Ma quando si parla del Signore dell’Inferno, contraddirsi è il minimo. “Nel XIII secolo, Caesarius d’Eisterbach nel terzo libro del suo Dialogus Miraculorum faceva dire ai demoni di non avere il culo quando assumevano sembianze umane.”
Secondo Desmon Morris, basterebbe mostrare le chiappe a Satana per ricordargli la sua debolezza.
“Stratagemma utilizzato di frequente da Lutero che si riteneva incessantemente tormentato dal demonio.”
Mostrare il culo è irridere, gridare “baciami il culo!” equivale ad aggredire persino i demoni, un atto linguistico vagamente performativo, mirante ad insozzare verbalmente l’altro, in assenza di parole. La bocca sta dall’altra parte, ma l’ano è evidentemente la bocca del diavolo, come nel dipinto di Michael Pacher (1430-1498).
Chi bacia il sedere di chi, dunque? Se le streghe archetipiche si prostrano per leccare l’ano a Satana o la faccia che compare nel suo deretano, se si fanno marchiare da lui sulle anche (Pierre de Lancre, Tableau de l’Incostance) è certo che questo fugga se gli si chiede altrettanto. Parola di Lutero.
“Nel 1532, nota nei suoi Discorsi a tavola, raccolti da Johannes Auribafer – “Questa notte, discutendo con me, il diavolo mi accusava di essere un ladro, di aver spogliato il papa e numerosi ordini religiosi dei beni che spettavano loro: “Leccami il culo!, gli risposi, e lui tacque.””
Il mio Demone
Chi è il Diavolo, dunque? Possiamo pensare di averne uno per capello, oppure diciamo in verità di essere un po’ tutti dei “poveri Diavoli” quando veniamo accusati ingiustamente. Per me il nostro amico somiglia al Demone che Ivo De Palma racconta a partire da una mia poesia, è l’incontro onirico con l’inconscio e basta un raggio di sole all’alba per farlo fuggire via. Il testo è tratto da Favolesvelte, Golem Edizioni.

Quando la creatività perviene in sogno, bisognerebbe avere sempre la tempestiva prontezza, quando ancora è fresca nella mente e quindi al risveglio, di fissarla su preziosi appunti, per non rischiare di perderne le suggestioni, scrive De Palma. Per chi volesse ascoltare la voce demonica clicca QUI (with ita & eng sub).
D’altronde, Mefistofele non aveva dubbi: “Al Diavolo mi darei qui sul momento se il Diavolo non fossi, per l’appunto”; così ironizzava il nostro sulfureo personaggio nel Faust di Goethe. E chi meglio dello stesso Signor Diavolo sa dirci se l’esistenza dell’antagonista della luce è cosa buona e giusta oppure no?
La paura del Diavolo, la paura delle streghe, la paura delle donne, la paura dell’animale, la paura delle emozioni che sfuggono al sistema (anche a quello nervoso centrale) e vanno, autonome, in un altro ambito – simpatico o parasimpatico: inutile negarlo, il Diavolo ha a che fare con l’atavico timore. Se tu se non lo vuoi conoscere, se non riconosci ad esempio il tuo stesso corpo quando ti viene indicato a gran voce dai tuoi sintomi, se non comprendi le tue stesse emozioni, eccolo lì… il tuo Diavolo irride il simbolo. E tu non riunisci ciò che è separato. Hai paura della tua stessa natura.
Hansen afferma che la stregoneria riguardava il corpo e la sessualità, la paura dell’incontro. Le streghe erano immaginate come figure castranti, la paura dell’uomo era che queste gli staccassero il pene, erano associate a fantasie di impotenza e castrazione. Il Diavolo, attraverso la strega, impediva la penetrazione in vagina – per poter godere da solo di tutti i privilegi del piacere. Nelle pagine del Malleus maleficarum, il libro che raccoglie tutte le crudeltà dedicate alle stesse cosiddette streghe, veri capri espiatori del terrore provato da quelli che si credono buoni – sentiamo vibrare tutte le paure possibili, come se l’uomo dovesse combattere i propri fantasmi.
Il rimedio che sono riusciti a trovare gli inquisitori è la purificazione, l’eliminazione del diverso demonico. Il rimedio che cerchiamo noi è la relazione con la carta numero XV, icona che sta insieme a tutte le altre carte e ci porta vitalità, energia della natura viva.
Scopriamo allora la poetica dei versi animali, sveliamo l’arcano creativo, il canto dello zufolo dietro l’urlo del dio Pan.
Anche in questa pandemia, Pan suona la sua musica di flauto. Ci ricorda il nostro rapporto con l’anima animale. Il Coronavirus stesso è prima di tutto una zoonosi, ovvero un virus che salta dall’animale all’uomo – che ancora è, grazie al dialogo con il Diavolo, un animale.
C’è Pan dietro la pandemia, oltre il panico e verso la coscienza.
James Hillman ha scritto della grande utilità di questo personaggio, cornuto, peloso e bruttarello, così spaventoso che persino sua madre urlò quando lui nacque. Mi piace così tanto, Pan, che gli ho dedicato un capitolo, sottolineando il messaggio che ci offre, nel libro corale Verità e segreti del Covid-19 uscito per Alpes Edizioni nel 2020.

Pan ha le corna ma anche una corona fatta di pigne, una cosetta semplice semplice. Una coroncina che lo rende Signore del bosco, pastorello tra gli animali, amico prezioso.
“Satana è una presenza necessaria. È la dualità stessa” ci ricorda l’amico Luca Cristiano nel gruppo Jodorowsky Italia.
“Sta nella separazione dei nostri emisferi cerebrali, è il principio stesso del contrasto senza il quale non apprendiamo. Provate a scrivere nero su nero, o bianco su bianco… non si legge niente. Tanto distinguiamo perché è scritto nero su bianco, o viceversa. In un mondo di tenebre saremmo ciechi ma anche in un mondo di tutta luce saremmo abbagliati e non distingueremmo nulla”. Ecco, semplicemente, detto così, come una corona di pigne.
Written by Valeria Bianchi Mian
Bibliografia
Camille Paglia, Sexual Personae, arte e decadenza da Nefertiti a Emily Dickinson
Roberto Sicuteri, Lilith la luna nera
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