“Il vocabolario di Deleuze” di François Zourabichvili: alcune citazioni tratte dal libro edito da Negretto Editore
“Come può la filosofia “rendere il pensiero degno dell’evento”, per usare il linguaggio di Deleuze? Si tratta in primo luogo di ripensare il concetto di concetto, di vederne le molteplicità albergate, la frammentarietà, le virtualità ospitate e non espresse, i contorni irregolari, la dipendenza da un preciso problema che delimita un territorio al di fuori del quale esso può mutare o addirittura perdere senso (di qui la frequente inutilità della discussione filosofica).” – Cristina Zaltieri
“Il vocabolario di Deleuze” è stato pubblicato nel luglio del 2012 dalla casa editrice mantovana Negretto Editore per la collana editoriale Il corpo della filosofia curata da Rossella Fabbrichesi e Cristina Zaltieri.
Cristina Zaltieri è dottore di ricerca in filosofia, ha condotto (e conduce) numerosi seminari presso l’Università di Bergamo, l’Università State di Milano e l’Università di Milano Bicocca. Laureata in filosofia all’Università Statale di Milano con la tesi “Il pensiero ermeneutico di Paul Ricoeur”, è studiosa del pensiero di Baruch Spinoza ed è curatrice, per la Negretto Editore, delle traduzioni in lingua italiana del filosofo François Zourabichvili.
François Zourabichvili è stato un filosofo francese, di origini armene nato il 28 agosto 1965, che si dedicò interamente alla comprensione e commento di Baruch Spinoza e Gilles Deleuze, approdando alla produzione di opere di folgorante intensità concettuale. Docente all’Università Paul Valéry di Montpellier e direttore di programma del Collège International de Philosophie dal 1998 al 2004. A 41 anni, ed esattamente il 19 aprile 2006, Zourabichvili ha deciso di interrompere la sua vita proprio come aveva fatto dieci anni prima Gilles Deleuze.
Il filosofo francese Gilles Deleuze (18 gennaio 1925 – 4 novembre 1995) studiò alla Sorbona, fu assistente di storia della filosofia nella stessa, sino al 1964 divenne ricercatore presso il Centre National de la Recherche Scientifique e successivamente fu nominato docente universitario all’Università di Lione per poi spostarsi all’Università di Parigi 8 (Vincennes). Si avvicinò, da giovane, ad intellettuali come Jean-Paul Sartre, partecipò ad eventi culturali nei quali furono presenti Jacques Lacan e Pierre Klossowski, incontrò Michel Foucault che scrisse una frase ormai divenuta celebre: “un giorno, forse, il secolo sarà deleuziano”. Collaborò assiduamente con lo psicoanalista e psichiatra Félix Guattari (30 aprile 1930 – 29 agosto 1992) con il quale pubblicò svariati volumi non solo di ambito filosofico. I suoi studi sono dedicati soprattutto a Baruch Spinoza ed a Friedrich Nietzsche, ma divenne celebre nel 1972 con il libro “L’Anti-Edipo”, una chiara critica contro gli psichiatri che hanno depotenziato il concetto di inconscio. Si tolse la vita gettandosi dalla finestra di casa sua, anche a causa di una lunga malattia polmonare.
“Il vocabolario di Deleuze” (“Le vocabulaire de Deleuze”) di François Zourabichvili è stato pubblicato nel 2002 con prefazione di Fréderic Worms dalla casa editrice Ellipses. La traduzione italiana consta di circa 90 pagine ed è suddiviso in introduzione (a cura di Cristina Zaltieri e dal titolo “Pensare l’evento”) e da ventiquattro capitoletti redatti da Zourabichvili che si presentano in ordine alfabetico: Aiộn, Complicazione, Concatenamento, Corpo senz’organi, Cristallo di tempo (o d’inconscio), Deterritorializzazione (e territorio), Distribuzione nomale (o spazio liscio), Divenire, Empirismo trascendentale, Evento, Linea di fuga (e minore-maggiore), Macchina da guerra, Macchine desideranti, Molteplicità, Piano d’immanenza (e caos), Problema, Ritornello (differenza e ripetizione), Rizoma, Singolarità pre-individuali, Sintesi disgiuntiva (o disgiunzione inclusiva), Taglio – flusso (o sintesi passiva, o contemplazione), Univocità dell’essere, Vita (o vitalità) non-organica, Virtuale.
Alcune citazioni tratte dal libro
“I testi, dal canto loro, testimoniano ovunque la stessa insistente messa in guardia: non bisogna scambiare per metafore concetti che, malgrado l’apparenza, non sono tali; occorre comprendere che la stessa parola “metafora” è un inganno, uno pseudo-concetto, del quale l’intero sistema dei “divenire” o della produzione di senso è la confutazione.”
“Premessa necessaria, meglio ancora un’affinità richiesta per comprendere, è che il cuore batta alla lettura dei testi; ma ciò non è che una parte della comprensione, la parte, come dice Deleuze, della “comprensione non filosofica” dei concetti. È vero che questa parte merita che vi si insista dato che la pratica universitaria della filosofia la esclude quasi metodicamente, mentre il dilettantismo, credendo di coltivarla, la confonde con una certa doxa del momento.”
“Un concetto non è né un argomento né un’opinione che si pronuncia su un argomento. Ogni concetto partecipa d’un atto del pensare che sposta il campo dell’intelligibilità, modifica le condizioni del problema che ci si poneva; esso non si lascia dunque assegnare il posto in uno spazio di comprensione comune già dato, attraverso concilianti o aggressive discussioni con i propri concorrenti. Ma se i temi generali o eterni esistono solamente per l’illusione del senso comune, la storia della filosofia non si riduce forse a una serie di omonimi?”
“Deleuze riabilita la distinzione stoica di aiộn e kronos per pensare l’extratemporalità dell’evento (o, se si preferisce, la sua temporalità paradossale). La traduzione corrente del primo termine con “eternità” può rendere equivoca l’operazione: in realtà, l’eternità propria all’istante quale la concepivano gli Stoici non ha che un senso immanente, senza relazione con ciò che sarà l’eternità cristiana (tale sarà anche la posta in gioco della reinterpretazione di Nietzsche del tema stoico dell’Eterno Ritorno).”
“Il concetto di complicazione comporta due piani, che corrispondono a due usi della parola. Esso esprime in primo luogo un piano: quello delle differenze (serie divergenti, punti di vista, intensità o singolarità) avvolte o implicate le une nelle altre. Complicazione significa allora co-implicazione, implicazione reciproca. Questo stato corrisponde al regime del virtuale, dove le disgiunzioni sono “incluse” o “inclusive”, e s’oppone al regime dell’attuale, caratterizzato dalla separazione delle cose e dai loro rapporti d’esclusione (oppure… oppure): non è dunque retto dal principio di contraddizione.”
“La distinzione di due quadri clinici a prima vista convergenti, “perversità” in Carroll e “schizofrenia” in Artaud, permette, in Logica del senso, di evidenziare la categoria di corpo senz’organi che Deleuze già rimprovera alla psicanalisi d’aver trascurato: allo spezzettamento del proprio corpo e all’aggressione fisica che le parole ridotte ai loro valori fonetici gli fanno subire, lo schizofrenico risponde con le sue “grida-soffio”, saldatura delle parole e delle sillabe rese indecomponibili, alla quale corrisponde la nuova visione di un corpo pieno, senza organi distinti.”
“Bergson aveva mostrato a quale vicolo cieco conduce l’abitudine di concepire il presente e il passato in un rapporto di successione, il passato seguito dal presente che esso non è più, o precedendo l’attuale come vecchio presente: infatti il presente non può essere allora che un’entità statica che non passa eppure la s’immagina continuamente rimpiazzata da un’altra.”
“Il mondo nella sua ricchezza e complessità non è la cassa di risonanza d’una sola e stessa storia (Edipo), ma il cristallo proliferante di traiettorie imprevedibili. All’interpretazione metaforica della psicoanalisi deve dunque sostituirsi una decifrazione letterale “schizo-analitica”. Si consideri che “letterale” non significa adesione al puro attuale (come se, per esempio, la non–metaforicità della scrittura di Kafka significhi che essa si esaurisce nel suo contenuto di fiction).”
“Il termine “deterritorializzazione”, neologismo comparso in L’anti-Edipo, s’è da allora ampiamente diffuso nelle scienze umane. Ma non forma da solo un concetto, e il suo significato resta vago finché non lo si pone in relazione con tre altri elementi: territorio, terra e riterritorializzazione – il cui insieme forma, nella sua versione compiuta, il concetto di ritornello.”
“Per prima cosa il divenire non è una generalità, non c’è divenire in generale: non si potrebbe ridurre questo concetto, strumento di una raffinata clinica dell’esistenza concreta e sempre singolare, all’apprensione estatica del mondo nel suo scorrere universale – meraviglia filosoficamente vuota.”
“Il problema più generale di Deleuze non è l’essere ma l’esperienza. È entro questa prospettiva che vengono affrontati Bergson e Nietzsche. I due studi hanno una diagnosi in comune: Kant ha saputo metter in scena la questione delle condizioni dell’esperienza, ma il condizionamento ch’egli invoca è quello dell’esperienza possibile, non reale, e resta esterno a ciò che esso condiziona.”
“Siamo legittimati a opporre pensiero dell’evento e pensiero dell’essere, oppure, al contrario, a confonderli? L’evento si pone a due livelli, nel pensiero di Deleuze: condizione per la quale il pensiero pensa (incontro con un fuori che forza a pensare, colpo di caos sul piano d’immanenza), oggettualità particolari del pensiero (il piano è popolato solo da eventi o da divenire, ogni concetto è la costruzione d’un evento sul piano).”
“Il desiderio non è la rappresentazione di un oggetto assente o mancante, ma un’attività di produzione, una sperimentazione incessante, un montaggio sperimentale. La celebre proposizione “il desiderio è macchina”, assume così una doppia portata polemica: 1) ricusa l’idea psicanalitica secondo cui il sogno sarebbe la “via maestra” verso l’inconscio; 2) si pone in concorrenza con il marxismo più che ritornarvi, sollevando a sua volta il problema della produzione dell’esistenza e stabilendo che “il desiderio fa parte dell’infrastruttura” (il modello dell’inconscio-fabbrica si sostituisce a quello dell’inconscio-teatro).”
“Intuiamo chiaramente che c’è qualcosa d’importante da estrarre dal caos, ma ci ripugnano le forme consuete della sua assegnazione e indoviniamo che le condizioni di un discernimento immanente non sono esse stesse dati bensì i risultati di un gesto particolare. Insomma, ci manca un piano che tagli di nuovo il caos, ci mancano condizioni che ci permettano di connettere i dati e trovarvi un senso, nello stile di una problematica piuttosto che di una interpretazione. Il pensiero comincia effettuando un tale taglio del caos o instaurando un tale piano.”
Le librerie, per eventuali richieste dei lettori, sono tenute a rivolgersi ai distributori regionali che sono indicati nel sito Negretto Editore.
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