“La coppa dell’amore” di Winston Graham: amor gignit amorem
I personaggi del romanzo di Winston Graham parlano come mangiano, in modo semplice, diretto e fin troppo bene.
La traduzione si adegua in parte: “Se avessi un po’ di buonsenso non avresti reagito in quel modo.” dice Jeremy a Stephen. La scelta del tempo della frase subordinata contiene un refuso da parte dei traduttori, Maura Parolini o Metteo Curtoni, oppure è stata ponderata?
Talvolta il possessivo della terza persona plurale, anziché loro, è gli. “Quando si misero in viaggio aveva quasi smesso di piovere e restava solo una leggere umidità a bagnargli i volti.” e più avanti: “non facevano ciò che gli veniva detto.” A prescindere da questi aspetti formali, il lettore si accorge che esistono alcuni temi principali.
Uno è dato dal momento storico: “Eppure la grandezza di Napoleone rimane intatta”, nonostante “la disfatta di Napoleone a Mosca”. Il grande corso rappresenta la minaccia che al contempo affascina e terrorizza il resto dell’Europa.
Più che nel precedente romanzo, La danza del mulino, si avverte una certa problematicità nel rapporto fra i due sessi.
Parlando di Amadora, fresca sposa spagnola di Geoffey Charles, Ross Vennor dice alla moglie che le piace fisicamente, perché “mi sono sempre piaciute le donne minute con i capelli scuri”. Al che la consorte dice di non essere minuta e lui però le ricorda che lo era “la prima volta che l’ho vista”. Risposta piccata di lei: “Scusami se sono cresciuta, allora.” Segue una replica del marito che non risolve il pur contenuto diverbio.
La danza del mulino terminava con un furto avvenuto con successo da parte di Stephen, Jeremy e Paul. Ora i tre devono gestire la refurtiva. C’è chi ha cominciato a spenderli e chi (Jeremy) no. Al che Stephen, schiettamente gli ricorda che “Se ci scoprissero, finiresti a pendolare sulla forca anche tu, e a nessuno importerebbe se li hai spesi o meno.”
I tre banditi per scelta casuale e momentanea non sanno se i numeri di tutte le banconote rubate, o soltanto una parte, siano stati memorizzati da qualche parte, e quanto questo rappresenti un pericolo per la loro salvezza.
C’è poi un terzo argomento che si sta sviluppando in quel mondo così lontano eppure così prossimo al nostro: quello tecnologico.
“Gurney era convinto che le ruote di una carrozza a vapore non avrebbero mai fornito la trazione necessaria su strada, continuando a girare a vuoto e a mandare scintille, mentre il mezzo rimaneva immobile.”
Per cui, “secondo lui, un veicolo davvero funzionante avrebbe dovuto essere munito di gambe meccaniche, che sarebbero entrate in funzione di concerto con le ruote per aiutarlo a mettersi in moto. Una volta che ciò fosse accaduto, le gambe avrebbero potuto essere ritratte, naturalmente…” Jeremy riscopre questo suo compagno di scuola, per cui non ha mai provato un’eccessiva simpatia, ma che “cominciò ad accendere in Jeremy luci che baluginavano fioche ormai da un anno. Non gli era mai capitato di incontrare un ragazzo all’incirca della sua età con cui poter sviscerare argomenti del genere…”
Valentine è quel che si dice un donnaiolo, che reputa “facile conquistarle...”, le ragazze, “e sbarazzarsene lo è altrettanto.” Distingue le donne dall’estrazione sociale: “Già quelle di ceto appena più alto diventano tenaci…” e si ricorda di “Una cosina davvero incantevole. Ma perdio se era appiccicosa. Una volta messo piede in camera mia, è stata una faticaccia togliermela di torno.” – anche quel se era è intonato alla semplicità discorsiva.
Quanto Valentine sia egoista nei suoi rapporti col gentil sesso, lo si arguisce quando dice: “Le donne mi affascinano, mi incantano. Nascondono un segreto che devo scoprire a tutti i costi. Il fatto che sia sempre lo stesso non ha alcuna importanza – finché non lo scopro.” Le donne, dice argutamente, la chiamano alla fine “una delusione”, ma “sempre dopo che ho dato loro il benservito, mai prima!”
Probabilmente per entrambi gli attori di questa commedia umana, il segreto dell’Altro è un indizio della loro miserabilità.
Valentine è cinico anche nel giudicare se stesso: “Voglio solo impossessarmi del loro segreto. Forse sono una specie di ladro che sogna continuamente di violare una cassaforte.” – non interessato alla casa intera, ma all’angolo di essa che gli appare più prezioso.
Ma intanto anche lui si mostra preoccupato delle magie belliche “che il piccolo caporale fa”, sbaragliando le truppe nemiche a Dresda, dove “gli alleati hanno perso venticinquemila soldati, tutti fatti prigionieri, trenta cannoni e chissà quante navi. Sembra impossibile fermarlo”.
“Girano delle strane voci sulla signora Pope.” – dice Cal Trevail – “Ho sentito solo che è successo qualcosa di strano quando è morto il vecchio.”
Infatti il quinto capitolo si era chiuso con “il signor Pope” quell’acido sessantenne, coniugato con una giovane moglie di nome Selina il cui volto, mentre lui diceva, come sue ultime parole, per due volte “Puttana”, arrossiva e poi il signor Pope pensò bene di morire a causa di una sincope.
Selina minaccia la serva Katie di non dire nulla di quel che le è parso di aver visto quella sera.
Di Katie è tragicamente innamorato, e da lei puntualmente maltrattato, un servo mite e femmineo, Music Thomas, che aveva visto a sua volta qualcuno “montare a cavallo e scappare mentre stavo andando a chiamare il dottore. Lo aveva legato vicino al muro della vecchia fonderia. L’ho visto montare a cavallo e scappare via.” Di tutto questo non dovrà trapelare nulla, anche se “Non è vero. Ma io l’ho visto.” Un forte indizio di tradimento? Mistero della fede matrimoniale!
“Dalla risposta a una domanda sull’eventualità di far funzionare una locomotiva grazie al gas ammoniacale, Gurney passava a un soliloquio sull’uso della sabbia come fertilizzante per i campi; e da lì, di colpo, sfidava Jeremy a dare una spiegazione al perché, se si portavano via da una spiaggia cento carrettate di sabbia, l’indomani sarebbe stata del tutto rimpiazzata dall’azione della marea, mentre se non lo si faceva, non si accumulavano depositi in eccesso.” – questione affascinante…!
“A dispetto del modo in cui saltabeccava da un argomento all’altro, Jeremy coglieva in Gurney un istinto per gli affari più solido e sviluppato del proprio.” – grazie a cotali uomini si svilupperà sempre di più la rivoluzione industriale.
Non si trattava più soltanto di creare treni comodi, ma di parlare intorno all’argomento passeggeri “e di come convincerli a viaggiare sulla carrozza e rassicurarli sul fatto che quel mezzo di trasporto non fosse pericoloso.” E anche di calcolare quale “ampiezza avrebbero dovuto avere i pneumatici per garantire l’aderenza migliore e la corsa più silenziosa”.
Interessante è il dialogo fra i due ormai vissuti piccioncini, Drake e Morwenna, che si blandiscono l’un l’altro, coccolandosi e viziandosi. “Ce l’ho messa tutta, vero? Sono stata una buona moglie? Ho lavorato come ogni altra donna, rammendando, lavando, cucinando e cucendo?”
Quale potrebbe essere la risposta stupita, se non: “Felice? Ma naturalmente. In questi anni lo sono stato molto, e lo sarei stato anche con la metà di ciò che mi hai dato, lo sai?” – la metà dell’infinito è infinito.
Moderno quesito esistenziale da parte della donna: “La domanda è: il mio amore per voi è più forte o più debole della paura che si annida nella mia mente? Se è più debole, allora lo sono davvero anch’io. Se è più forte, non devo permettere che una cosa simile accada di nuovo. Non devo chiudere la mia mente ai ricordi, perché in tal modo si accumulano e diventano ingestibili…” – lo stesso Freud si alzerebbe per applaudire, oltre un secolo dopo.
È la stessa donna, così stupefacente, che sentendo arrivare Loveday, dice invece: “Non è appropriato che una ragazza fischietti. Penso che dovremmo parlargliene, Drake.” Al che quell’uomo semplice saviamente risponde che si vede che è felice e “il resto ha davvero importanza?”; dòna cla s-céfla l ē pēş che ‘na vépra, recita un detto femminofobo arşân, irrispettoso anche delle serpi.
Jeremy, a parte il furto commesso, non è quel che si dice un coraggioso, ma un uomo che odia la violenza. Per sfuggire a se stesso, e alle sue stesse paure, paradossalmente decide di farsi reclutare per la guerra antinapoleonica.
“Se non altro, sarà una nuova esperienza, e sono convinto che mi scoprirò meno schizzinoso all’idea di uccidere dei francesi di quanto lo sia di ammazzare un topo…”, così scrive in una lettera indirizzata a Gurney.
All’amico Ben confida che “Perfino Bella è più coraggiosa di me in questo; riesce ad assistere all’uccisione dei topi, mentre io devo andarmene alla svelta. Ti viene in mente qualcuno di meno adatto di me a guidare altri uomini in battaglia?”
È La coppa dell’amore un romanzo corale? Se non lo fosse, quale altro genere potrebbe essere?
Il talento pressoché illimitato di Graham consiste nella capacità di far assurgere qualsiasi personaggio a protagonista, anche il blando Music Thomas, sia pure in quelle poche pagine dove il suo destino sembra contribuire in maniera decisiva a quello degli altri. Si tratta di un libro delle relazioni, sia fisiche che psicologiche, un vero campo elettromagnetico e gravitazionale.
Jeremy è un inventore, o quanto meno un essere tecnologico, non un uomo d’armi. Vuole produrre aggeggi che rechino la felicità, non usarne altri per recare dolore.
In questo momento la sua priorità è fuggire, anche se, mentre mirava “in silenzio il pistone che saliva e scendeva, avvolto da nubi di vapore e imperlato da gocce di umidità come la fronte sudata di un uomo al lavoro”, di tutto questo “Jeremy poteva andarne fiero”.
Mentre meditava la fuga, “aveva la sensazione di aver creato qualcosa di vivo con il ferro e i mattoni, con l’acqua e il fuoco, qualcosa di grande potenza e senziente, qualcosa dotato di un temperamento e di un carattere tutti suoi. E ora stava per lasciarsi alle spalle anche questo”.
Il nemico Napoleone e una vita altrove lo aspettavano: più la seconda che il primo, che poco lo intrigava.
“Cerco la pace andando in guerra?” – mi sembra di sì.
Teme di far singhiozzare sua sorella Clowance, al che lui l’avrebbe subito imitata. E un guerriero piagnucolante non gli pare dignitoso…
“La vita – quella vera – lo attendeva oltre la soglia di casa. E anche la morte. L’infanzia e la giovinezza erano finite: ora stava per diventare un uomo.”
Oh, capita a tutti, prima o poi. Ma iniziare con una guerra…!
Qui finisce il primo di un’opera composta da tre libri, com’è consuetudine nella tradizione letteraria inglese.
Intanto Clowance dice al padre di voler sposare Stephen e il padre glielo concede, dicendole: “Ti ho mai negato qualcosa che desideravi con tutto il cuore?”
M’imbatto talvolta in situazioni che mi stupiscono. Nella Reggio Emilia di meno di un secolo fa, esisteva da parte dei genitori un controllo esagerato dei figli. E tutti ossequiavano, temendolo, il padre, a cui si dava del voi, in segno di rispetto. Anche la moglie. E i figli onoravano la madre in analogo modo, pur sapendo che chi comandava era il genitore maschio. O il nonno, se si abitava tutti insieme appassionatamente nel medesimo casolare. Qui la situazione è molto diversa. I genitori sono sì importanti, ma non rappresentano un potere assoluto, anzi sono illuminati, pronti al dialogo, affettuosi, non solo lungimiranti.
Clowance, parlando con la mamma, disquisisce sulla differenza che c’è tra amicizia e amore: la prima “è razionale, sempre soggetta alla ragione.” La seconda, beh, “quando ami, annaspi in acque profonde, forse ti limiti addirittura ad andare a fondo lasciandoti annegare.”
Con Stephen si erano già lasciati una volta. Aveva “… provato una terribile indignazione, ma nulla in grado di spezzare il… il legame.”
Sono grandissime illusioni, le sue, ed è bello che le abbia. In natura, tutti i legami prima o poi si spezzano, anche quello tenace che tiene legati i quark, ma a che pro cancellare un idealismo?
E stupirsi che “La voce di un uomo… i suoi occhi… le sue labbra… Per quale motivo sono simili a scariche elettriche quando la senti, li vedi, le sfiori? E un altro, magari anche più bello e più apprezzabile, non suscita simili reazioni?” – ogni rapporto umano diventa un mini-campo elettromagnetico/gravitazionale che fa storia prima a sé e poi s’integra con gli altri.
Questo è l’aspetto romantico. Poi c’è l’altro, economico: “… un matrimonio basato sul denaro si fonda su qualcosa di stabile.”
Lui, George, regala a lei, Harriet, “una carrozza nuova”, e lei, lo ringrazia “nell’unico modo in cui spetta a una moglie ringraziare suo marito.”
Donna cinica ma persuasiva. Lui ne conviene, ma dice: “… ora parli del matrimonio in modo così denigratorio che la tua sembra quasi la descrizione di un’arte disdicevole…”
Harriett gli spiega che il suo primo matrimonio era fondata sull’amore vero e che “nel giro di tre mesi litigavamo come cane e gatto”, motivo per cui ha ora “una certa opinione sui matrimoni per amore.”
George e Harriet si sono visti e piaciuti, nulla più, “Ma qui l’amore non c’entra. Per fortuna eravamo troppo calcolatori per preoccuparcene.”
Non serve sottolinearlo: sono dialoghi tipici della sempre più fondante famiglia borghese, la nuova ragione del progresso civile, scientifico e industriale.
Ogni famiglia è una nazione a sé, che cerca di convivere e, al contempo, di differenziarsi da quelle limitrofe.
Capita anche che i promessi consuoceri quasi litighino sulla scelta del luogo del matrimonio, ognuno prediligendo il proprio ambiente.
“… St Michale Caerhays è così piccola.”
“Ma è comunque la chiesa di famiglia…”
Un’alternativa potrebbe essere “St Mary, a Truro, dove ho una delle mie residenze.”
Siamo pazzi? “Per il ricevimento la vostra cosiddetta Great House non può reggere il confronto con il castello di Caerhays!”
Macche! Quel castello “sarebbe sprecato con solo trenta o quaranta ospiti.”
Lasciamoli bisticciare, anche perché ho letto poco dopo che il matrimonio non s’avrà da fare!
Demelza parla dei suoi quattro figli in un modo che commuove il lettore, anche lui genitore:
“Per me, i miei figli sono come dei ruscelli… acqua limpida, che scorre in superficie, così trasparente da poter vedere il fondo…”
I figli sono gli esseri che vediamo sorgere dal nulla e crescere davanti ai nostri occhi. Quel che conta è non perderli di vista senza ossessionarli con un eccessivo controllo. Come si fa con le piante, che soffocano a volte per troppo amore.
Mentre parla il padre, Valentine dice “ah sì” cinque volte. Ma alla fine dice No!
Il padre, George, non gli vuole permettere di rinunciare a sposare la graziosissima Cuby, perché così ha deciso. Alla fine di una lunga tenzone dialogica, Valentine si rifiuta, adducendo un buon motivo: è già sposato con Selina, la splendida e ricca vedova, di appena dodici anni più vecchia di lui.
E su quest’asperrimo litigio familiare si spegne il secondo libro.
Ross è un tipo tollerante, ma notando la moglie un po’ brilla, le dice: “… una donna ubriaca mi dà il voltastomaco. Forse nel profondo penso ancora che le signore abbiano troppo buongusto, moderazione e fascino per ridursi così.” – eppure anche lui esagera con l’alcol ogni tanto.
L’autore crea spesso dei veri affreschi, usando vaghe parole ben miscelate fra loro e intrise di un romanticismo un po’ crepuscolare: “Non era una bella giornata. Il sole era incerto e acquoso, striato di nubi che si erano via via radunate nel cielo. Sembrava quasi che stesse arrivando l’autunno. Ma non si poteva mai sapere: su quella penisola che si protendeva nell’Atlantico nemmeno il cattivo tempo era una certezza.”
La Cornovaglia è soltanto una breve propaggine di una grande isola, ma non lo ammetterebbe mai.
Altro aspetto da non trascurare per capire quei tempi (anche quelli di oggi!): l’importanza che hanno sempre di più i soldi in banca, più che lo stesso ceto sociale. Non l’avevo ancora sottolineato, perché è un argomento che si dà per scontato, ma allora non era così evidente.
Una frase a caso: “Non hai indagato su cosa intendesse fare dei suoi soldi?”
La rapina con cui terminò il precedente romanzo della serie fu compiuta con arditezza e sangue freddo. Ora c’è la questione di come utilizzare le banconote senza farsi scoprire.
La ricchezza va tenuta al momento in casse tenute seppellite in un luogo segreto, che prima o poi sarà scoperto. Oppure spesa con discrezione. Vedremo come andrà a finire.
Il personaggio più singolare, non il più simpatico, è Valentine, che si è sposato un po’ per amore e un po’ per altro e lo dice poco delicatamente alla mogliettina: “Ti ho sposato per te… e per tutto ciò di cui disponi… e per la terra su cui cammini. Ho le miniere nel sangue…” – anche per questo poco prima aveva detto a una sbigottita moglie: “… venero la terra su cui cammini.”
Era lui l’uomo che fuggiva a cavallo, intravisto da Music Thomas.
Non si ferma qui, perché questo strano individuo preferisce la sincerità a una futura menzogna, in quanto: “Devi imparare a convivere con il mio cinismo… proprio come devi imparare a convivere con il mio amore. E con le mie infedeltà.”
Tanta leale slealtà non risulta gradita alla consorte, bella, più di lui, ma assai più anziana.
Tornando ai tre ladroni, essi avevano nascosto, insieme ai sacchi di banconote, una coppa d’argento, su cui è incisa la frase amor gignit amorem, amore genera amore. La mamma di Jeremy la scopre e Jeremy, tornato per una licenza a casa, la vede “comparsa sulla credenza del salotto…” La coppa dell’amore!
Jeremy rifiuta l’idea di corteggiare la deliziosa Daisy, che è molto presa da lui. Motivo: “Sarebbe una splendida soluzione sposare la sorella di un vecchio amico. Sarebbe perfetto per tutti noi. Ma sarebbe un errore vuoto e disperato.”
Suo padre, tramite Winston Graham, o viceversa?, regala l’ennesima perla, ove il talento si confonde col genio: quando c’è nebbia, i gabbiani gridano più del solito e c’è chi dice che siano “… le anime dei marinai annegati che piangevano per ciò che avevano perso”.
Una frase che sarebbe piaciuta a Charles Baudelaire.
Demelza guarda il figlio Jeremy e le parve che fosse “lo stesso ragazzino di sempre. Le persone non cambiano più di tanto, sono i rapporti che le legano a trasformarsi”. Sono le loro interazioni che mutano il mondo.
Jeremy è il personaggio che mi trasmette più empatia, non so dire perché. È sensibile e bisognoso di amore. Il padre gli suggerisce di tentare il tutto per tutto e di chiedere alla donna di cui è innamorato da tempo di fuggire con lui.
Incredibilmente, pur essendo fatto a modo suo, egli segue il consiglio paterno e, nottetempo e di nascosto, si presenta a Cuby, l’ex promessa di Valentine. Finora la ragazza aveva sempre rifiutato la sua corte. Per convincerla le dice: “Sono qui per te. Per portarti via. Ho abbastanza soldi per mantenerci. La miniera che abbiamo aperto sta fruttando…” – ecco un altro tema ricorrente, miniere che promettono fortuna, la fortuna che giace sotto i piedi della gente.
Alla domanda finale: “Verrai con me?!, inaspettatamente Cuby non esita nel rispondere.
La madre aveva offerto a Jeremy la coppa dell’amore, ma questi aveva rifiutato.
Ora invece le scrive: “ho cambiato idea: ora lo considero un presagio di buona sorte e, se è possibile, vorrei averla.” – ora che ha raggiunto la felicità.
“Nemmeno dopo la rapina Jeremy si era sentito tanto teso. Sebbene avesse con sé banconote e monete di cui si era impossessato proprio in quell’occasione, in quell’istante non stava fuggendo dalla legge ma da ciò che Cuby definiva ‘le ragioni della mente’.” L’uomo vorrebbe “urlare di gioia”.
Cuby è saggia, e lo rimette a sedere, ricordandogli: “… ricorda, io sono fatta della sostanza di cui sei fatto tu; sono mortale, di carne e sangue, sono normale e… non ho alcuna esperienza.”
È un modo per chiedergli di aiutarla in un mondo, quello sessuale, che non l’aveva mai interessata troppo.
Nell’ultima pagina, Demelza, che ha come un sesto o settimo senso, chiede al marito: “Secondo te, dal male può nascere il bene, Ross?” – e poi si domanda del perché l’amato figlio ora voglia quell’argentea coppa. Dopo averci pensato un po’ su, conclude: “Be’, non ti sembra appropriato? Una coppa dell’amore che unisce due innamorati.”
E quasi tutti o quasi vissero più o meno felici e contenti. Ma questo è soltanto il X tomo, e ne mancano ancora due alla fine della saga.
Intanto Napoleone è costretto a villeggiare all’isola d’Elba, ma si teme che ancora non sia domo.
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Winston Graham, La coppa dell’amore, Sonzogno, 2021