“Fulgore della notte” di Omar Viel: l’imago come capacità di vedere oltre
Un esile confine separa il mondo visibile da quello invisibile, l’universo tangibile da quello intangibile. La Terra stessa è popolata da forze misteriose, da presenze e forme di energia che non a tutti è dato vedere. Già, non a tutti, ma a qualche eletto che riesce a varcare quel confine e penetrare i misteri insiti nell’umana esistenza.

Questo è ciò che accade alla famiglia Wilson, protagonista di Fulgore della notte (Adiaphora Edizioni, 2019, pp. 212), magnetico romanzo di Omar Viel, quasi una sorta di fiaba moderna.
Una sera di pioggia Gordon Wilson si trova a dare un passaggio in auto a sua figlia Liz in compagnia dell’amica Una.
Per una strana coincidenza Una è anche il nome della moglie di Gordon. Irresistibilmente attratto dalla giovane, egli ritorna nella casa di lei fino a quando quella lo nota e lo invita a entrare. Qui Gordon appicca inavvertitamente un incendio dal quale si materializza la sinuosa figura di una tigre che fugge.
Spaventato per le conseguenze dell’incidente Wilson fa perdere le proprie tracce rifugiandosi a Londra. È Liz a lasciare la natia Bristol per recarsi nella Capitale alla ricerca del padre, il quale si è fatto vivo con la famiglia per rassicurarla sulle proprie condizioni. Liz acquista una chitarra e si esibisce in metropolitana; ella si aggira per Londra insieme a Daniel ed Emily, con cui condivide una sorta di affinità elettiva. Liz riceve la proposta di un contratto da parte di un noto produttore discografico.
L’avventura londinese si protrae tra incontri e agnizioni ma è solo il prologo di un’altra che porterà la ragazza ancora più lontano dalla sua casa e dalla brumosa Inghilterra.
Gli Wilson sono una tranquilla famiglia della borghesia di Bristol. Papà Gordon è un professore di Letteratura Inglese, ha 38 anni ed è un uomo attraente, convinto che per emergere nella vita non gli sarebbe servita altra dote. D’altra parte l’altezza, il portamento elegante, i tratti simmetrici del viso e il guizzo luminoso nello sguardo spingono l’interlocutore a sfoggiare brillanti facoltà mentali.
La moglie Una è, a suo modo, una donna fuori dagli schemi. Animalista convinta, è diventata un veterinario appassionato del suo lavoro che la porta spesso lontana da casa. È la quarta figlia di una famiglia di allevatori, cresciuta nel villaggio di Balfron, vicino Glasgow. A differenza delle sorelle,
Una non si occupava dei lavori agricoli ma nessuno le rimproverava questo privilegio. Ella si nutriva di libri e natura, di cinema e fotografia. Adolescente, decise di opporsi a ogni forma di sfruttamento animale fino a quando, più tardi, l’insofferenza per il destino del bestiame iniziò a lacerare il compatto tessuto della famiglia. Gordon e Una si conoscono nella primavera del 1988 nella sala di lettura della Clifton Library.
Dalla loro unione nascono le gemelle Liz e Sidheag, uguali ma diverse.
La prima è delicata e romantica, capace di grandi slanci di affetto, disponibile al compromesso e all’altruismo, appassionata e passionale. Sidheag ha invece un carattere spigoloso, è disinibita e sfrontata, quasi oltraggiosa e insolente, stravagante nel vestire e dotata di una lingua affilata.
Gordon e Una sono anime destinate a riconoscersi e restare unite per l’eternità; essi condividono un tratto non comune, una dote che li pone al di sopra dell’ordinario, li rende “speciali”. Si tratta della capacità di accogliere come normali le incursioni nel dominio del fantastico, nella dimensione dell’onirico e dell’irreale. Anzi, essi sono impastati di realtà fisica e immaginazione potente.
“Dimmi, non credi anche tu che l’immaginazione aiuti il simile a riconoscere il simile?”
Ecco perché Gordon e Una si sono scelti: essi sono stati attratti l’uno dall’altra proprio grazie a questa capacità di vedere oltre. Oltre l’involucro corporeo, oltre la visione fisica, oltre l’apparenza, nel senso di ciò che si mostra alla vista.
L’immaginazione è un potente strumento che serve per plasmare la realtà, la chiave di volta per la comprensione dei misteri insondabili dell’universo. L’etimologia del verbo “immaginare”, d’altra parte, esibisce la radice della parola “imago”, la quale indica l’immagine, il fantasma, il sogno, l’irrazionale.
“La resistenza a immaginare è una rinuncia a vedere.”
Ed eccolo qui, dunque, l’elemento che rende gli Wilson una famiglia sui generis nella loro apparente normalità: la familiarità con il fantastico e con la magia.

Gordon assiste a uno spettacolo di animali che si affollano sul soffitto e fa materializzare una tigre; Una entra con disinvoltura in un quadro; Liz incontra Emily, presenza ectoplasmatica ed evanescente, e i “piccoli uomini”, minuscole creature dalla testa smisurata, parodia degli esseri umani. La magia è una porta che dal reale apre al regno del possibile, un diaframma tra il nostro universo e uno parallelo in cui le regole della logica sono sovvertite in nome di un non-ordine in cui non c’è gerarchia né impossibilità.
La magia è finzione, dal latino fingere che significa ‘plasmare, dare forma’. E, a ben vedere, gli Wilson danno forma a un mondo altro, in cui entrano ed escono senza fratture; un mondo in cui non esiste stupore né meraviglia ma dove anche le cose più strane acquistano l’aura della normalità. La magia-finzione permette loro di evadere dal caotico universo umano, fatto di bassezze e brutture, per generarne uno su loro misura.
“La fiducia non c’entra con la Verità e la Verità non è ciò che siamo […]. Io sono le fantasie di cui mi sazio. Io sono le finzioni con cui duello. Io sono le illusioni che fatalmente mi concedo.”
L’elemento magico presente in Fulgore della notte non prevede bacchette o pozioni e nemmeno incantesimi – diversamente da un celeberrimo fantasy quale la saga di Harry Potter – ma è un quid avvolgente e straniante che ammicca di più al Realismo Magico in quanto calato nel quotidiano senza strappi né cesure ma recepito come normale e non spiegato dalla ragione.
La musica è un altro tratto presente in modo importante nel romanzo di Viel. Anche questa arte impalpabile è magia. Le sorelle Wilson suonano e a Londra una chitarra è la compagna di viaggio di Liz che dalle note trae piacere e da esse si sente riempita, colmata come un vaso stillante miele.
Il pentagramma suscita un caleidoscopio di sentimenti; la musica è un demone dal quale è dolce essere posseduta, un fuoco che si dilata nel petto come un respiro profondo.
Il fil rouge che lega i protagonisti di Fulgore della notte è la presenza della tigre nella vita di ognuno. Essa è un animale totemico che incarna diversi aspetti dei vari personaggi con cui ha a che fare. Per Gordon la tigre rappresenta l’elemento sensuale, quella sensualità estenuata che lo porta fuori dalle mura domestiche tra le braccia di un’altra donna. La belva dà forma al graffiante senso di colpa che spinge Gordon a scappare. Per Una la tigre si lega all’adolescenza e incarna l’anelito alla libertà e la ribellione alla famiglia e al sistema. La giovane, liberando la bestia dal circo, rivendica così il proprio diritto ad autodeterminarsi. Anche nella vita di Liz figura una tigre; avvistato a Londra, l’animale rappresenta per lei il disvelamento delle proprie passioni e l’acquisizione di una matura consapevolezza delle proprie aspirazioni da realizzare con tenacia.
La scrittura di Omar Viel è magica, fatata e avvolgente. Ipnotica come lo sguardo di una tigre, essa ci accompagna in quello che è un vero e proprio percorso esistenziale, umano e letterario. Fulgore della notte è in questo senso una sorta di romanzo di formazione che vede Liz maturare e diventare una giovane donna. Se nella prima parte dell’opera il protagonista è Gordon, nella seconda assistiamo a un rovesciamento prospettico della narrazione che vede Liz quale attrice principale.
La prosa visionaria di Viel non si lascia ingabbiare dalle regole della punteggiatura; così le battute e i dialoghi non sono introdotti dai segni di interpunzione ma sono assorbiti nel tessuto narrativo con cui formano un unico corpo.
Fulgore della notte esibisce in parte una struttura epistolare che ne fa un romanzo sorprendente e composito in cui non manca un generoso tributo al Romanticismo Inglese con citazioni da Wordsworth, Keats e Shelley.
Written by Tiziana Topa