Donne contro il Femminicidio #64: le parole che cambiano il mondo con Paola Tafuro
Le parole cambiano il mondo. Attraversano spazio e tempo, sedimentandosi e divenendo cemento sterile o campo arato e fertile.
Ho scelto di contattare, per una serie di interviste, varie Donne che si sono distinte nella lotta contro la discriminazione e la violenza di genere e nella promozione della parità fra i sessi.
Nelle loro parole, in risposta a mie specifiche domande o nella libertà di definire alcuni lemmi, tutte si sono espresse in una pluralità di voci e sfumature d’opinione, senza mai tradire l’obiettivo primo, ossia una lotta coesa contro la degenerazione della cultura patriarcale che può sfociare nel femminicidio.
Insieme si cambia il mondo. Insieme donne e uomini. Insieme, partendo anche da assunti diversi, ma che condividono il medesimo fine, nell’accoglienza di ogni forma di alterità.
Oggi è il turno, per Donne contro il Femminicidio, di Paola Tafuro, sociologa che si occupa da diversi anni di violenza contro le donne. È stata vicepresidente della Commissione per le Pari Opportunità del comune di Trepuzzi per 5 anni. Il suo primo romanzo, “Una stella a mezzanotte”, tratta della violenza di genere. Parte del ricavato, sarà devoluto al Movimento contro ogni violenza sulle donne, di cui fa parte.
Femmina
Definizione riportata dall’enciclopedia Treccani: “la parola femmina deriva dal latino femina, che evidenzia solo la corporeità della donna, ha infatti la stessa radice di fecundus, ovvero fruttifera”. È un termine riferito perlopiù agli animali e vegetanti e nel linguaggio comune, viene usato come dispregiativo (femme fatale, malafemmina etc.). Ricordiamo come Torquato Tasso nella “Gerusalemme liberata” scriveva che “femina è cosa garrula e fallace”. Basti pensare che per tutto il periodo medievale, la parola “domina” ovvero donna si contrapponeva al significato di femina. Con il primo termine si sottolineava la nobiltà d’animo e l’elevata condizione socioculturale mentre il secondo termine era utilizzato in modo sprezzante e stava ad indicare una donna di facili costumi.
Femminismo
Il termine “femminismo” per me significa andare controcorrente. Mi spiego meglio. In una società sessista e misogina, essere femminista vuol dire schierarsi dalla parte delle persone più fragili, lottando contro il patriarcato e i modelli che esso ci impone. Ciascuno di noi, uomo o donna che sia, ha delle responsabilità, specialmente nei confronti di una società annichilita, che non si ribella alla violenza contro le donne. Il femminismo nasce storicamente proprio per questo. Per un’emancipazione sociale, economica e istituzionale delle donne. È giusto portare avanti queste cause, perché i diritti, una volta acquisiti, non saranno nostri per sempre. Dobbiamo lottare per riacquisirli. Da sociologa posso dire che bisogna cambiare l’immaginario collettivo, con tutti gli stereotipi e pregiudizi che comporta.
Femminicidio
Con la parola “femminicidio” s’intendono tutte le forme di violenza contro le donne, da parte di un uomo, che culminano con l’uccisione della donna stessa. Una donna, in quanto donna, cioè una donna che ha deciso di uscire da una subalternità maschile.
L’antropologa Marcela Lagarde precisa che esiste una differenza tra femminicidio e femmicidio, laddove con l’ultimo termine, si intende solo l’uccisione della donna. I femminicidi sono sempre più efferati, come dimostrano le statistiche. Io ritengo che anche spingere una donna al suicidio sia da considerarsi femminicidio. Come femminicidio sono le donne che hanno contratto l’Aids, a loro insaputa, a causa dei mariti malati. Femminicidio sono tutte le forme di violenza psicologica contro le donne: “Stai zitta, cretina!”, “Te la sei cercata!”.
Femminicidio è una società fondata sui valori patriarcali, che impone il proprio potere sulle donne. Alcuni dicono che il femminicidio sia un problema delle donne; da sociologa rispondo che è un problema sociale perché fa male all’umanità.
Educazione sentimentale
Educazione sentimentale ed educazione all’affettività, per me, sono sinonimi. Lasciare che ciascuno, soprattutto i bambini, imparino ad esperire e gestire le proprie emozioni, in particolare quelle negative: tristezza, rabbia, paura. In realtà, poi, non esistono emozioni negative, sono così etichettate sempre dalla società. Le emozioni sono importantissime perché ci salvano la vita. Esprimere la tristezza piangendo, per esempio, non significa essere deboli, ma manifestare una nostra fragilità. Questo ci rende forti.
Written by Emma Fenu
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