“Joker” film di Todd Phillips: l’osmosi tra l’individuo e la società
Assistiamo ad una progressiva discesa negli inferi della mente di Arthur, una sorta di Inferno dantesco ambientato nelle vie e nei vicoli di una città caotica eppure vuota, vuota di comprensione, vuota di sentimenti, vuota di umanità vera. Discesa fino a che punto?
Un sorriso forzato e una lacrima, che scende da uno sguardo triste, che sembra avere il peso di un freddo mondo dentro e fuori di sé.
Questo è l’inizio di “Joker” (2019), diretto da Todd Phillips, con protagonista un eccezionale Joaquin Phoenix (il Commodo de “Il Gladiatore”, ma non soltanto), una pellicola che ha ricevuto una copiosa mole di riconoscimenti (candidatura al David di Donatello, Oscar al migliore attore protagonista e alla migliore colonna sonora, Golden Globe, premi BAFTA e altri).
Arthur Fleck (questo il nome del protagonista) è un attore comico in difficoltà, che vorrebbe emergere nel mondo dello spettacolo, ma non riesce. Così come non riesce ad emergere dalla vita stessa, una vita soffocante, che continuamente lo sminuisce o, peggio, lo prende a calci, come quei ragazzini nel vicolo, in una delle prime scene.
Arthur è un curioso contrasto: è un clown triste. In più, ha una particolarità: una risata patologica, che nasce, incontenibile, nei momenti di disagio. Ma questa risata sembra talora indistinguibile da un pianto disperato.
Nessuno lo ascolta davvero, tanto meno la psichiatra che lo ha in cura: si vede dallo sguardo spento e annoiato con cui ascolta il protagonista che cerca di spiegare le sue sensazioni e le sue esperienze interiori ed esteriori.
Per lui, la sola cura è rappresentata dagli psicofarmaci, che la psichiatra, sempre con fare assente, gli prescrive: essa è un po’ il simbolo della società stessa nel suo comportamento nei confronti di chi si trova in una condizione di disagio mentale.
Assistiamo ad una progressiva discesa negli inferi della mente di Arthur, una sorta di Inferno dantesco ambientato nelle vie e nei vicoli di una città caotica eppure vuota, vuota di comprensione, vuota di sentimenti, vuota di umanità vera. Discesa fino a che punto? Questa è la domanda che ci si pone guardando il film.
L’inizio della fine è quando Arthur perde il posto.
Ma il crollo vero e proprio, oppure l’emergere della follia, si ha quando il protagonista uccide tre uomini nella metropolitana, tre uomini ubriachi che stavano molestando una ragazza.
Li uccide a colpi di pistola, la quale gli è stata regalata da un suo collega, illegalmente.
Non sembravano delinquenti comuni: essi erano ben vestiti, con abiti costosi. Si scoprirà che erano dipendenti di un magnate dell’industria, un certo signor Wayne…
Ma non tutto, nella vita di Arthur, sembra essere dolore e fallimento. Conosce una ragazza e lo vediamo finalmente sorridere, seppur per qualche istante. Ma lei, ad un certo punto, letteralmente, scompare. Come un fantasma. Prima la vediamo seduta in una camera d’ospedale (dove la mamma del protagonista, interpretata da Frances Conroy, che abbiamo visto in American Horror Story, è stata portata dopo un malore), e improvvisamente svanisce, facendo sorgere nello spettatore il dubbio se sia davvero mai esistita.
La madre di Arthur, dicevamo. Proprio da essa arriverà il colpo di grazia: il Nostro verrà a conoscenza di un terribile segreto che risale alla sua infanzia, un segreto che, nondimeno, lo legherà alla famiglia Wayne.
Da lì, Arthur Fleck non esisterà più.
Il Joker è nato.
“Cosa ottieni se metti insieme un malato di mente solitario con una società che lo abbandona e poi lo tratta come immondizia? Te lo dico io che cosa ottieni: ottieni quel cazzo che ti meriti.” – Arthur Fleck
Sono sorte polemiche e scontri tra quelli che giustificano e quelli che condannano il Joker. Non è questa la sede per disamine di natura giuridica sul crimine e sulla pena.
Prima di condannare o assolvere e, in generale, prima di giudicare, sarebbe bene chiedersi: “Sarebbe potuto andare diversamente?”. Se sì, come?
E, d’altra parte, cosa ha fatto Arthur per migliorare la sua vita? Ci ha provato, ed è tutto quello che possiamo dire. Ha chiesto aiuto, ma ben poco è stato l’aiuto che gli è stato dato, e non sempre possiamo farcela da soli.
In realtà, tra la società e l’individuo vi è un’osmosi: l’uno deve fare i conti con l’altra e viceversa; del resto, come scriveva Aristotele nella “Politica”: “Chi è incapace di vivere in società, o non ne ha bisogno perché è sufficiente a se stesso, deve essere una bestia o un dio.”
Proviamo ad essere noi stessi Arthur Fleck, con le sue fragilità, le sue debolezze, con la sua vita vissuta con i suoi occhi e il suo modo di sentire ed interpretare le cose.
Poiché questo fa la differenza: come una persona vive ed interpreta il suo vissuto. Il resto sono chiacchiere pretenziose.
Ogni vita ha delle conseguenze.
“Joker” (2019), regia di Todd Phillips, con Joaquin Phoenix, Robert De Niro, Frances Conroy, Zazie Beetz, Brett Cullen; distribuito in Italia da Warner Bros. Pictures.
Written by Alberto Rossignoli