Intervista di Alessia Mocci a Giovanni Delvò: vi presentiamo “C’era il vuoto tutt’intorno”
“Avevo otto anni. Trascorrevo l’estate al mare dagli zii in compagnia dei miei cugini. Tre mesi filati! Era decisamente bello! Eravamo liberi come il vento. In quel luogo di mare ci eravamo nati e non temevamo niente. Cioè: i miei cugini erano nati lì e non avevano paura di niente. Io vivevo in città e avevo paura di tante cose. Ma non potevo fare figuracce, così anche io giravo vestito del solo costume e a piedi nudi.” – 11 luglio 1982 tratto da “C’era il vuoto tutt’intorno – Bianco”
I due volumi “C’era il vuoto tutt’intorno – Bianco e Nero” sono stati pubblicati ad ottobre 2019 dalla casa editrice Rupe Mutevole nella collana Trasfigurazioni.
Nato a Varese nel 1974, Giovanni Delvò si è mostrato disponibile ad un dialogo per raccontare la genesi di questi racconti che da principio erano racchiusi in un unico libro, l’autore stesso nel corso dell’intervista ci racconta il perché della scelta della divisione in due volumi, uno Bianco ed uno Nero.
“I viaggi consapevoli in questi due libri mi hanno entusiasmata e mi hanno proiettata nel mondo di Giovanni Delvò, che ama la sua scrittura come Respiro dell’Anima, e lo ringrazio. Il suo cammino si distende fra disagi quotidiani, ricordi sbiaditi che riprendono colore, incontri casuali, scritti con speciale ironia senza perdere il giusto equilibrio, la giusta saggezza del momento, fra sorriso e malinconia. Indagando fra le pieghe delle sillabe, le prospettive letterarie si dilatano, concedendomi un giusto silenzio per assaporare il dettaglio. Sentimenti traditi. Pensieri intossicati. Ma quanta vita! Destini che si incrociano per un breve tratto di strada o per tutta un’esistenza.” – dall’introduzione a “C’era il vuoto tutt’intorno – Bianco” dell’editrice Cristina Del Torchio
A.M.: Salve Giovanni, la ringrazio per il tempo che ha voluto dedicare a questa intervista per presentare ai nostri lettori “C’era il vuoto tutt’intorno”, opera in due tomi, uno bianco ed uno nero. Quando ha iniziato a scrivere questi racconti e perché ha deciso di pubblicarli?
Giovanni Delvò: Grazie a lei per questa intervista che mi darà la possibilità di raccontarmi ai lettori. È stata la mia schiena ad esprimere l’esigenza di pubblicare i miei racconti. Stanca del lavoro incessantemente faticoso, mi ha convinto a rendere pubblici i miei racconti con la speranza di potermi dedicare di più allo scrivere che al giardinaggio. Se riuscissi a lavorare un po’ meno con tutto il fisico e un po’ di più con la penna, la convivenza tra me e la mia schiena sarebbe più simpatica.
“C’era il vuoto tutt’intorno” nasce qualche anno fa, con un titolo diverso. Poi i racconti sono aumentati, si sono spostati dal punto in cui erano nati e si sono evoluti percorrendo strade da me inattese. Il vuoto che i personaggi percepiscono attorno a loro, vuoto dato da una sorta di incomprensione di fondo tra i protagonisti e il mondo che li circonda; la poca comprensione del codice di comunicazione e il non riuscire a reagire a questa situazione, vite difficili spostate un pochino di lato dalla realtà circostante, creano il vuoto, che poi è relativo ad una zona circoscritta. I protagonisti non sono affatto presuntuosi, non credono di essere migliori. Il vuoto non è creato da un atteggiamento di superiorità. Semplicemente hanno un codice diverso e non riescono ad adeguarsi al codice che trovano usato tutt’ intorno. Da questo ragionamento il titolo e l’immagine di copertina.
A.M.: Come mai un tomo bianco ed uno nero? Quale differenza intercorre fra i due?
Giovanni Delvò: La decisione di dividere in due il libro è dell’editrice Cristina Del Torchio. È comunque un libro diviso in due, semplicemente. Essendo un libro di racconti, non c’è differenza tra i due volumi. Cambia il colore della copertina per distinguere il primo dal secondo. I racconti non hanno una sequenza seppure legati da alcuni fili conduttori, non vanno necessariamente letti nell’ ordine in cui sono posti.
A.M.: Consiglia al lettore di leggere i due tomi in successione (bianco e successivamente nero) oppure possono ritenersi legati?
Giovanni Delvò: Non è necessario leggerli in successione. Certo, iniziare dal primo – il libro bianco – dà più la sensazione di un inizio che introduce ad un discorso più ampio. Ho notato che leggendo prima il volume nero sembra di infilarsi in una lettura già iniziata altrove e che lascia un po’ sospesi. Ma è solo un’impressione personale.
A.M.: La memoria, quella capacità di conservare una traccia di esperienze vissute: eventi, immagini, sensazioni ed idee che ritornano alla mente o che vengono coscientemente richiamati. Perché per l’essere umano è importante ricordare?
Giovanni Delvò: La memoria, il ricordo sono figli della capacità di osservare. E la capacità di osservare è, a sua volta, figlia del saper concentrarsi, nell’essere presente, nel guardarsi intorno e creare relazioni con le nostre esperienze, con ciò che abbiamo vissuto e che già ricordiamo. Il ricordo è un unico svolgersi di immagini viste, di sensazioni provate, di vicissitudini vissute.
Nei miei racconti, il ricordo nei personaggi non è fine a se stesso. Non è malinconia o nostalgia del passato ma, spesso, amplificazione del presente o proiezione nel futuro.
In “11 luglio 1982 “, racconto che apre il libro bianco e che narra una giornata particolare di un bambino di otto anni e che sembra puro ricordo, è, in realtà, con l’ultima frase, la proiezione del lettore nel futuro di quel bambino e, eventualmente, nella lettura dei due libri.
A.M.: In “C’era il vuoto tutt’intorno – bianco” troviamo “Fu una estate lunga e movimentata. Molto calda. Tutte le sere uscivamo per andare a una festa. In campagna da amici, al mare sulla spiaggia o a qualche concerto. Ci ubriacavamo spesso ma non sempre. Facevamo l’amore tutti i giorni o prima di uscire, o appena rientrati oppure prima e dopo. E spesso anche mentre eravamo fuori, per terra o nella Panda. Era una macchina decisamente comoda.” Qual è la percentuale di autobiografia e di fantasia in questo particolare capitolo citato?
Giovanni Delvò: Di sicuro di autobiografico in questo passo c’è il fare l’amore nella Panda. La prima Panda, quella vera! Era una macchina decisamente comoda davvero!
Il racconto tratta di due persone che si amano d’istinto e in modo intenso. Sei mesi di amore puro. Poi, sempre d’istinto, si accorgono che non possono più stare insieme e ritornano, separati, alle loro vite di prima. Semplicemente si lasciano. Soddisfatti e contenti. Sereni. Come dovrebbe essere.
Riferimenti alla mia vita sono presenti, accadimenti reali riportati nei miei racconti, ma solo come espedienti letterari. Mi servono per rendere più realistici i personaggi e gli eventi, che comunque restano inventati.
Quando si scrive – credo – è necessario essere onesti e trattare di argomenti che si conosce. È inevitabile che ci sia, tra le righe, parte di me. Ma questo non significa che i racconti siano autobiografici, anche in parte.
A.M.: In “C’era il vuoto tutt’intorno – nero” troviamo “Mi trovavo a camminare sul lungomare di Livorno e il sole era caldo. Il cielo limpido e non era freddo. Il mare una tavola silenziosa. Una leggera risacca accompagnava i miei passi lenti. Qualcuno si affannava a tenersi in forma, chi col cane, chi da solo. Ma la giornata era stupenda. Qualcosa di nuovo si affacciava nella mia vita e mi avrebbe travolto senza darmi spiegazioni. Senza chiedermi se fossi pronto oppure no. Attendevo e mi gustavo l’attesa. Sentivo che era parte del piacere che stava per avvolgermi. Ero emozionato. Emozionato ma calmo. Ero io e me stesso senza niente di più.” Il mare è spesso menzionato nei due tomi in connessione alla bellezza, ma che cos’altro rappresenta nella sua vita?
Giovanni Delvò: In realtà non credo ci sia correlazione tra il mare e la bellezza nei miei scritti. Certo, il mare, con il suo orizzonte piatto e lontano permette al mio animo di distendersi e di aprirsi, rilassandomi e mettendomi in pace con me stesso. Inverno o estate che sia. È anche vero che il mare ha sempre rappresentato un’evasione dalla vita quotidiana ed è sempre stato sinonimo di vacanza. Essendo nato subito prima delle Alpi, scendere dal treno e percepire a pochi chilometri la presenza del mare mi ha sempre messo di buon umore. Tuttora, per mia fortuna, affiora la stessa sensazione ogni volta che mi ci trovo di fronte.
Nel racconto citato, però, dopo poche righe il protagonista percepisce il mare come “… pieno di sale” e che fa seccare ogni cosa. “Che i segreti che celava erano tanti cadaveri mangiati dai pesci. Che le sue onde fanno paura e che il fatto che fosse così piatto era perché voleva fregarmi e fregarci tutti!”
È un racconto che tratta delle certezze che sono apparenti ed effimere e le insicurezze e le incertezze su cui si basa la vita del protagonista lo fanno scivolare all’improvviso in una sorta di panico provocando un netto cambiamento del suo stato d’animo e della percezione di tutto ciò che lo circonda. Il mare sì, fa da sfondo, ma in generale non lo ricondurrei alla bellezza, nei miei scritti.
A.M.: Qual è il suo rapporto con il pubblico dei lettori? Ha organizzato delle presentazioni pubbliche?
Giovanni Delvò: Mi diverte molto discorrere dei miei scritti. Al contempo mi emoziona poterlo fare di fronte a persone sconosciute. Ma l’emozione si dissolve man mano che i personaggi diventano protagonisti. Le loro vicissitudini si frappongono tra me e il pubblico e nella stanza iniziano ad apparire i racconti. Si svolgono, si aprono e coinvolgono gli astanti. Al momento ci stiamo organizzando a causa della pandemia. Non sono affatto contrario al metodo presentazione. Anzi, spero di vendere più libri possibile così da poter dedicare meno tempo al mio lavoro, essere di conseguenza meno stanco e quindi avere più tempo ed energie per dedicarmi finalmente alla scrittura come necessito. Quindi ben vengano le presentazioni! Chiunque voglia organizzarne una, contatti la mia casa editrice. Sarò ben lieto di discutere dei miei racconti a patto che l’evento preveda la consumazione di vino rosso. La bocca si asciuga troppo parlando!
A.M.: Salutiamoci con una citazione…
Giovanni Delvò: “Anita ha sempre ragione!” – Giovanni Delvò
È una citazione in anteprima. Sarà presente nel prossimo libro di racconti che sto scrivendo. E sottende significati profondi!
In realtà non ho memoria che mi rimandi in modo preciso una frase collegata al nome e al cognome di chi l’ha proferita. Forse conviene lasciarci con una semplice stretta di mano…
A.M.: Giovanni ringrazio per questa anticipazione e saluto con le parole dello scrittore, aforista e poeta irlandese Oscar Wilde: “Il guardare una cosa è ben diverso dal vederla. Non si vede una cosa finché non se ne vede la bellezza.”
Written by Alessia Mocci
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