“Il richiamo del cuculo” di Robert Galbraith: il thriller psicologico di J. K. Rowling
Thriller psicologico. Detto inter nos, cara Joanne Kathleen, non esiste forse genere più psicologico di un thriller.

Dovrebbe quindi trattarsi di un’opera in cui la psicologia dei personaggi è analizzata e rappresentata in modo più o meno megagalattico.
Le 547 pagine fitte del romanzo lo comprovano.
Lula è una modella famosa che, senza un motivo apparente, non lasciando nessun biglietto esplicativo, precipita dalla finestra e si schianta al suolo, spiaccicandosi. La polizia, accorsa sul luogo della tragedia, da subito non mette in dubbio che si tratti di suicidio.
Nel secondo capitolo della seconda parte, colgo un’affermazione che farebbe rabbrividire non tanto Agatha Christie, quanto un suo devoto lettore: “I dilettanti, nell’esperienza di Strike, erano ossessionati dal movente: per un professionista, l’occasione stava invece al primo posto della lista.”
Il triplice dogma di Agatha, che si uccide principalmente per passione amorosa, per vendetta o per soldi, sembra disconosciuto. Sembra, ma non lo è. Strike, l’investigatore corpulento e monco di mezza gamba, sa che l’eventuale assassino aspetta in genere l’occasione, ma sente che il movente alla fine non può essere che uno dei tre. Non sempre, forse, ma spesso è così.
Nell’ultimo capitolo della seconda parte, l’investigatore Strike, e la scrittrice Rowling, si ricordano di una frase di Adler, che identifica la bugia come mera necessità nel far fronte a una verità pericolosa.
In pochi thriller come in questo, i vari personaggi diffondono nel mondo esterno una propria verità addomesticata, a lor uso e consumo, che varia dall’orrenda menzogna al fraintendimento quasi inconsapevole, per cui tale gamma di affermazioni formano l’ambiguo intreccio che rende psicologico il romanzo.
Nel primo capitolo della terza parte, si dice: “Strike cercava le tracce di quella verità che aveva percepito tra le bugie” espresse da un personaggio cardine della storia. In effetti, una certa deposizione “appariva inattaccabile, come una parete di roccia senza appigli.”
Strike è un analista psicologico e, a proposito di una persona: “Ricordava come si era coperta la faccia, fingendo di sistemarsi i capelli, quando lui aveva insistito su questo particolare.”
John, il fratello della vittima, talvolta, anzi, spesso, arrossisce improvvisamente. Malamente, ma più che altro stranamente.
Nel primo capitolo della parte quarta, si capisce perché il cuculo del titolo: Cuckoo è il nomignolo con cui Guy, stilista gay, chiamava (affettuosamente) la vittima. Egli definisce ragioniere (anziché avvocato) John, in quanto “stava sempre ficcando il naso fra le percentuali della sorella”, nota e fin troppo ricca modella. A quanto pare, John sta ereditando tutto o gran parte del patrimonio di Cuckoo. Forse.
John è anche il cliente che si è rivolto fin dall’inizio all’investigatore perché non crede al suicidio della sorella. Il principale sospettato pare, in prima battuta, essere Duffield, il fidanzato tossicodipendente, con cui la modella, anch’essa instabile, un po’ si lasciava e un po’ si rimetteva insieme.
John commissiona a Strike quest’ingrato compito: dimostrare che si tratti di omicidio e, in modo viscido e subliminale, che l’assassinio sia Duffield che, secondo lo stilista, “ha il cervello di un dodicenne crudele.”
I lettori sanno che, nella norma, l’assassino condivide con l’investigatore la palma per la personalità più vistosa (stavo per scrivere: invasiva) della storia. Perciò, spoilerizzo appena e mi lascio scappare un: Duffield è troppo scarso per essere il colpevole. Nella realtà potrebbe esserlo, in un thriller no.
Guy amava, platonicamente e commercialmente, Lula, per cui, improvvisamente, pensando alla sua prematura fine, comincia a gemere in silenzio, “con le lacrime che scivolavano sulle lisce guance scure e sulla maglietta”, e non come faceva John, il di lei fratello, “con ansiti e singhiozzi”. Due modi diversi per esprimere il proprio intimo sconcerto.
Lula adottata da una famiglia benestante, era figlia naturale di una miserabile. La sua carnagione era scura perché il di lei padre era un africano passato giù di lì per caso. Si tenga presente che le telecamere avevano ripreso un uomo di colore correre come un pazzo al momento della caduta di Lula.

Descrizione psicologica di Strike: è un ex poliziotto militare, ferito in guerra, amputato di mezza gamba, grosso fisicamente, dal carattere problematico. È senza soldi, senza casa, ora che è stato lasciato per l’ennesima volta dalla sua ragazza, che presto si fidanza con un altro. Per cui accade che si ubriachi malamente: “Sto sciolo festegiando il fidanzamento della mia fidanzata.”
Strike interroga Evan Duffield, che definisce John “quello stronzo di una sanguisuga rottinculo”, come uno che ha sempre disprezzato la sorella, e che ha cambiato atteggiamento solo quando lei stava diventando ricca.
Quando Strike si reca da un’anziana e ormai svanita donna, scopre che l’alibi di uno dei sospettati, anzi, del suo sospettato numero uno, fa acqua da tutte le parti, anzi, sgocciola pericolosamente. Codazzo di questa sua scoperta è che l’amputato investigatore ruzzola come un deficiente giù per le scale urlando: “Cazzo. Cazzo!”
Epilogo: “solo il suo cliente (pur non rendendosene conto)” poteva fornire le prove che avrebbero incastrato l’assassino. E così sarà, fatalmente.
Due interrogativi attanagliano la mente del sottoscritto: perché John non ha mai creduto al suicidio, anzi, perché disse a Strike che non ci credeva? Perché Strike aveva indovinato con tanta certezza (e un pizzico di sicumera) la combinazione della cassaforte? Il primo fatto è evidente, ma niente affatto chiarissimo; il secondo è chiarissimo, ma per nulla evidente.
Ai posteri (lettori) l’ardua risposta. Le vie della psiche umana sono infinite, come le orbite possibili di un elettrone e, a quanto pare, tu, mia sempre più cara Joanne Kathleen, le sai percorrere tutte.
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Robert Galbraith, Il richiamo del cuculo, Salani Editore