“IT” di Stephen King: il creatore di incubi

Parte prima – La prima volta dell’ombra

It di Stephen King
It di Stephen King

Colgo in 1.1 una frase luminosa: “Bill sapeva vedere”. La pagina dopo, in due righe ravvicinate, per descrivere una nefanda creatura sono usate le espressioni: “qualcosa che non era un comunista o un pluriomicida, ma una creatura mille volte peggiore.”, “una cosa peggiore di tutti i comunisti e assassini del mondo”; insomma, che bestia immonda potrà mai essere?

L’odore era insinuante e sgradevole e ti faceva venir voglia di respirare il meno possibile”: ti invitava cioè a esalare l’ultimo singulto di sopravvivenza.

In 3.3, qualcuno accenna al fatto che “Ora Bill Tartaglia fa lo scrittore.” Bill (Tartaglia per gli amici, a causa della sua balbuzie) aveva avuto un trauma infantile, anzi due. L’autore, per quel che si sa, ne ha avuti altrettanti, se non di più.

In 3.5 spicca una finezza, non rara in lui, inteso come autore, che dà l’idea di quanto sappia vedere la realtà così come appare, non come è, ma come si presenta agli occhi dell’immaginazione: “Mi tocca mandar giù quella schifezza alle feste e in ufficio. Ma non sono costretto a mandarla giù quando sono con te. Sai che effetto fa, ti dirò la verità, non è bella, ma è la verità. È come dover mangiare il moccio del naso altrui.” Sono le parole affettuose che un gentiluomo di nome Tom sussurra alla fidanzatina di nome Beverly (affettuosamente Bev), per farla recedere dal vizio del fumo. Al lettore non rimane che socchiudere gli occhi e costruirsi mentalmente la scena.

Non si tratta di una scelta a monte, il voler leggere un libro di Stephen King, ma di una cogente necessità. Qualcosa era scritto. Qualcuno (tuo figlio?) ti ha spinto a farlo. E senti che non potevi più evitarlo: era destino.

Le scene che seguono dipingono ulteriormente il personaggio; il tipo è manesco, gustous cm’un s-ciaf all’orba, gustoso come uno schiaffo al buio, che infatti ne tira parecchi, di ceffoni, a fin di bene, che però fanno tanto male, e non solo fisicamente, alla sua malcapitata compagna. La violenza che questo bipede emana, non solo quella psicologica, è insopportabile.

3.6: Billsi rende conto che ha finalmente scoperto come farlo dopo dieci anni di tentativi. Ha finalmente scoperto dov’è nascosto lo starter dell’enorme bulldozer che gli occupa gran parte della testa. Si è messo in moto. E romba, romba. Questa macchina imponente non è granché graziosa. Non è stata costruita per portare le belle ragazze alle feste, non è uno status symbol. No, questa è una macchina che fa sul serio, serve per lavorare. È in grado di spianare tutto. Se non sta attento, finisce spianato anche lui.”

Bill, scrittore di successo, non più balbettante, è ora in Europa, sul set di un film ricavato da un suo romanzo, quando riceve una telefonata proveniente da Derry, la città della sua infanzia, dove…

molti anni prima, quand’era ancora un bambino, fu ucciso suo fratello George (lezione che nel libro si alterna col più affettuoso Georgie). I bambini fecero uno strano giuramento, mischiando il sangue fatto scaturire dal braccio: un giorno si sarebbero riuniti e, insieme, avrebbero sconfitto la causa di quella morte. Nessuno oggi ce la fa a capire, ma soprattutto a ricordare il perché di quella promessa.

Hanno tutti quanti in mente un groviglio di amnesie che a fatica, a poco a poco, si schiariscono.

En passant: dopo la morte di Georgie, i suoi genitori parevano avere per unico figlio il deceduto. Poi c’era lui, Bill, che abitava con loro.

Mike Hanlon mi ha telefonato…”

La stessa persona ha chiamato gli altri amici.

Tutti cessano in loco la loro esistenza e si precipitano a Derry, dove accadrà quel che è destino.

Per anni Bill aveva dimenticato l’intero fatto, come se non fosse mai successo. Mai aveva pensato al fratello e alla sua morte, né alla promessa condivisa, né agli amici stessi. Ora parte e nulla più. Così anche gli altri.

“Che cosa giuraste?”

La domanda è legittima. La risposta è penosa: “Io credo che potrei dirtelo – cominciò sottovoce – credo che se davvero volessi, potrei. In gran parte non lo ricordo più, ma una volta che cominciassi a parlare, tutto il resto seguirebbe. Sento quei ricordi… che aspettano di nascere. Sono come nuvole piene di pioggia. Solo che questa pioggia sarebbe molto sporca. Le piante che crescessero da questa pioggia sarebbero mostri. Forse potrei affrontare questo orrore con gli altri…”

Riporto un fatto che ignoro quanto possa rientrare nella faccenda. A quattro anni l’autore si trova a giocare nei pressi di una ferrovia con un amichetto della sua età (e di quella di Georgie). Questi inciampa nelle rotaie mentre sta arrivando il treno: travolto e ucciso. L’autore torna a casa come se niente fosse. Aveva dimenticato anche lui?

Il primo interludio

(tratto, come gli altri analoghi, da Una storia non autorizzata della città di Michael Hanlon, uno dei sette amici)

Mike pensa ai suoi amici sparsi Altrove, lontani da Derry, la loro città d’origine, dove solo lui, di quel gruppo, è ancora residente: “Io sono quello che sente la voce della Tartaruga, l’unico che ricorda, perché io sono l’unico che abita qui a Derry. E poiché loro sono sparsi ai quattro venti, non è dato loro di constatare l’analogia nelle loro vite. Farli tornare, mostrar loro quell’identità… Sì, qualcuno di loro potrebbe morirne. Tutti potrebbero morirne.”

E il ricordo ripiomba nel buio del passato: Ripenso a noi nell’acqua, a tenerci per mano e a promettere di tornare, se fosse ricominciato: quasi come druidi in circolo, con le mani che sanguinavano la loro promessa, a palmo a palmo…

Tutto prende forma da un rito religioso, che mira a una mutua protezione dell’uomo contro il Maligno che è presente nella vita, che a essa è connaturato, direi.

Per sapere cosa è un posto, credo che davvero sia necessario sapere che cosa era.”

Mike esamina la storia della città, da quel lontano fatto occorso nel 1741, per niente comprovato, ma esistente nella fantasia del paese, in cui 340 anime che abitavano la città di Derry sparirono all’improvviso, senza lasciare traccia.

E constata che la storia della città è costellata da frequenti delitti, per lo più inesplicabili, molti dei quali orridi e che “il tasso degli omicidi a Derry è sei volte superiore a quello di qualunque altra cittadina di analoghe dimensioni del New England.” Fredde e innocenti statistiche? Mah!

Parte seconda – giugno 1958

4.1:Mi sono reso conto solo poche ore fa che questi cosiddetti vecchi tempi sono esistiti davvero, almeno per quanto mi riguarda.”

Stephen King - Photo by Shane Leonard
Stephen King – Photo by Shane Leonard

Scrivere è depositare un atto, che ci si augura immortale, affinché testimoni un ricordo. È erigere un monumentum in cui il Sé s’identifica, e si unisce religiosamente, sia pure per un attimo, con l’Altro (che vive dentro e fuori di te). È a volte anche un monito che esala dall’anima. Scrivere è voler, dover, poter tenere in mano una realtà sfuggente, come si farebbe con un passerotto caduto dal nido, facendo attenzione a non stringergli troppo il petto e al contempo a non farlo cadere.

Il viaggiatore del tempoall’improvviso è qui, qui nel giugno del 1958, la luce abbagliante dell’estate è dappertutto e dietro le palpebre abbassate…

Leggendo il tuo libricino, caro Stephen (ora ti evoco e poi mi scorderò di te), mi viene da dire che è proprio vero il detto che tutto il mondo è paese, per cui Reggio Emilia è Derry, Derry è Reggio Emilia.

Ben Hanscom, quasi obeso quasi dalla nascita, ha “un posteriore largo quasi quanto il Nuovo Messico”. A Reggio si dice: la g’à un cûl cha fa pruvincia.

In 4.5, un giornalista chiede a Stephen, chiedo scusa, a Bill:Da dove prende l’ispirazione?”

“Tutti gli scrittori hanno una loro linea di comunicazione con l’inconscio.”

“Ma la persona che scrive storie dell’orrore comunica forse con qualcosa di più profondo: qualcosa che potremmo chiamare l’in-inconscio, se vi piace.”

“… per quanto lo riguardava i sogni, le confuse nostalgie e le sensazioni déjà-vu si riducevano in fondo a una serie di rutti mentali.”

“Amico mio, tanto varrebbe che mi chiedessi chi ha gettato la luna nel pozzo.”

“Pensieri e ricordi riguadagnavano terreno, tutti insieme – ciao Bill, ehi quasi ti abbiamo perso di vista per un po’, ma eccoci qui – lo raggiungevano, gli si arrampicavano su per la camicia e gli saltavano dentro l’orecchio e gli scaiamavano nel cervello come bambini piccoli accalcati sullo scivolo. Li sentiva andare e rioccupare i soliti posti, urtarsi e sgomitarsi. Caspita! Urca! Eccoci qui di nuovo nella testa di George! Pensiamo a Bill! Okay! Chi comincia, allora?”

6.2: Un patrigno picchia a morte Dorsey, suo figlioccio, e poi simula un incidente. Estrapolo il dialogo fra l’assassino e chi sta svolgendo le indagini.

“Le ha detto niente prima di perdere i sensi?”

“Smetti, papà, scusa ti voglio bene.”

“E lei ha smesso?”

“Poco dopo.”

Costui è un padre di famiglia non dissimile da quello di Bev: gente violenta perché, a suo modo, vuol bene alla propria vittima. Tom desidera, auspica, esige, che lei smetta di fumare. Similmente a suo padre che la picchiava duramente per proteggerla dai mali della vita, quel patrigno ci teneva che quel bambino acquisito non combinasse guai e lo malmenò a morte affinché capisse.

Lo stesso comportamento è quello del marito di Bev. Sono dei cari congiunti mostruosamente amorevoli.

6.3: “‘Tu…non… sei… reale…’, balbettò Eddie, ma ormai soffocanti nuvole grige gli serravano intorno e confusamente capì che quella creatura era abbastanza reale. Non lo stava forse uccidendo?

Non era un brutto sogno, macché.

E mentre l’immagine che Eddie aveva di IT cominciava a dissolversi lentamente, IT cominciava lentamente a trasformarsi in qualcos’altro.”

7.8: Alla fine del capitolo tre ragazzi (Bill, Eddie e poi Ben) raccontano il loro incontro con un sardonico clown che li ha fatti quasi morire di paura. Sono riusciti a scappare, ma non ignorano il fatto che null’altro possono sapere di lui. O forse solo questo: quando c’è Lui, la realtà si deforma e diventa un’Altra Cosa, perdendo ogni collegamento con la vita di tutti i giorni. Un che di assurdo che si ripete normalmente.

Io, che ho altre età ed esperienze (creature che si sono accumulate, a volte gemendo, negli anni, una sull’altra, dimenticandosi spesso delle loro consanguinee) rispetto a quegli infanti, direi che si tratta di un momento religioso indimostrabile, né rinnegabile. L’anticamera dell’Inferno, in altre parole.

9.7: Beverly racconta agli amici un fatto analogo equand’ebbe finito, li osservò a uno a uno, timorosa di quel che avrebbe potuto leggere nelle loro espressioni… ma non vide incredulità. Terrore, ma non incredulità.”

Bev li porta nella stanza del bagno dove ebbe anche lei l’incontro malefico e dove i genitori non riuscirono a scorgere tutto quel sangue che l’aveva terrorizzata, per cui temeva d’essere impazzita.

It - film 1990
It – film 1990

I ragazzi invece riescono a vederlo:E dici che tuo padre e tua madre non se ne sono nemmeno accorti?” – Si meravigliò Ben. Toccò uno schizzo che si era coagulato sul lavandino e ritrasse una mano per asciugarsela su un lembo della camicia. – “Cribbio, caspiterina”.

I ragazzi intendono pulire il tutto. E se gli stracci, portati in lavanderia, mantengono le tracce del sangue?

Allora Ben emise una risatina isterica. – Che differenza fa se non viene più via dagli stracci. Tanto loro non lo vedono.” Loro, i genitori, gli adulti in genere, non vedono mai gli effetti di tanta violenza.

In 9.10, tocca a Stanley raccontare la sua storia quasi mortale, in cui… dei bimbi morti e dei pennuti non la smettano di aleggiare beffardi dentro al suo cervello.

Il secondo interludio

Mike ripensa al padre. La sua famiglia era composta da persone una più negra dell’altra. E per questo negli anni ha patito la violenza fisica e morale da parte di alcuni depravati bianchi razzisti. Il padre gli racconta che, alla fine di un episodio orrendo e assassino, per cui non ci sono parole per definire gli empi che l’hanno provocato, e in cui sono morti numerosi esseri (un’ottantina, a quanto pare) dalla pelle scura, apparve in cielo un gheppio dall’apertura alare di una ventina di metri che svolazzava avanti e indietro che “… rimase sospeso”, come a benedire quella banda di criminali della “Rispettabilità bianca”, la “versione settentrionale del Ku Klux Klan”.

Ma come diavolo faceva!

Stava fermo nell’aria, perché sulla punta delle ali aveva legati due grandi grappoli di palloncini che lo tenevano sospeso.

Gli stessi che aveva scorto a suo tempo Ben volare controvento, come in Natura in genere non può accadere.

Mike, questo negro figlio di negri, ammette: “Mi ero dimenticato di quando avevo visto l’uccello gigantesco a undici anni. Il racconto di mio padre mi aveva fatto riaffiorare il ricordo…” Mike li aveva chiamati a uno a uno perché tornassero in loco ad affrontare il creatore degli incubi.

Parte terza – Adulti

Giunto nella sua città d’origine, Bill è chiamato da Mike. “Fino alla scorsa settimana non ricordava affatto Mike e ora gli bastava una sola parola a identificarlo. Era stupefacente… ma in una maniera subdola…

Mike avverte l’amico:Bill, Stan è morto.” – ma rimanda a dopo le spiegazioni. Bill esce e prende un taxi: “… quella sensazione che Derry fosse fredda, che Derry fosse insensibile, che a Derry non importasse un fico secco se qualcuno di loro avesse a morire e soprattutto non avrebbe minimamente gioito se avessero trionfato su Pennywise il clown…”: il loro (si spera) mortale nemico che tanto ama i palloncini.

“La gente di Derry aveva vissuto da sempre con Pennywise in tutte le sue molteplici manifestazioni… e forse, in qualche modo scervellato, era persino arrivata a comprenderlo. Ad averlo in simpatia, ad avere bisogno di lui. Ad amarlo? Può darsi. Sì, persino quello può darsi.”

Il gruppo, in cui ogni elemento esibisce inevitabilmente la sua trasformazione, si riunisce. Bill capisce che “It e il tempo erano in qualche modo interscambiabili, che It avesse tutte le loro facce insieme ad altre mille con cui aveva terrorizzato e ucciso e l’idea che It potesse essere loro era la più devastante. Quanto di noi era rimasto indietro, era rimasto quaggiù?, pensò mentre sentiva crescere in sé il terrore.” Oltre a “qualcosa di orribile”, “c’era pure qualcosa di consolante, di essere tornato a casa per sempre.Non esiste un avverbio di tempo meno assoluto di questo. Ah, forse c’è: mai.

Il “Club dei Perdenti”, come si autodefinisce il gruppo di amici, si riunisce ed ognuno racconta la sua esistenza vissuta altrove, tacendo e mentendo su alcuni particolari. Nessuno di loro ha procreato figli, tutti hanno avuto, chi più chi meno, successo nella vita; tranne Mike, che da anni svolge a Derry la poco remunerata mansione di bibliotecario.

Bill, più di tutti, ha difficoltà a ricordare le cose antiche; ha ripreso un po’ a balbettare, come nell’infanzia; e gli sono riapparse le cicatrici alle dita che in quel tempo antico si era procurato rigirandosi tra le mani la foto del fratello morto che si era animata sotto i suoi occhi. Ognuno per conto suo, quei cari ragazzi incontrano di nuovo It, il quale, in vari modi, li avverte che, se non lasciano immediatamente Derry, saranno guai per tutti.

It - film 1990
It – film 1990

Bev in 11.3, tornando all’avita casa, s’imbatte in una vecchia chiacchierina, che dopo qualche amabile minuto, mentre la ragazza sta sorbendosi un tè che le è stato gentilmente offerto, si trasfigura e dichiara di essere la figlia del clown e la bevanda tutt’a un tratto si rivela essere nient’altro che “sterco, liquame, un piccolo dono offerto dalle fogne cittadine.”

Alcune parti del discorso della vecchia mi colpiscono: “Oh, mio padre ed io siamo una cosa sola”, ed anche: “Nessuno di quelli che muoiono a Derry muore per davvero. Questo lo sapevi già. Credilo ancora.Cosa significa? Nessuna città muore fino a che c’è un paio di esseri che vi si riproducono?

La continua evoluzione delle immagini porta la strega a diventare il padre di Bev, che ora indossa “il costume da clown con gli enormi bottoni arancione”.

It va a trovare in manicomio criminale il derelitto Henry, figlio assassino del padre violento, nemico numero uno (fra i viventi), nel tempo che fu, del Club dei Perdenti. E gli ordina di scappare, perché deve affrontare i suoi avversari. Gli dice:Posso sistemarli io se credono anche solo per metà” – ribadì – ma tu sei vivo, Henry. “Tu puoi fargliela pagare in ogni caso, che credano del tutto o solo per metà o che non credano affatto. Tu puoi prenderli a uno a uno o tutti insieme. Tu sì.”

Il terzo interludio

… Ove si parla della banda Bradley, anno… diciamo 1929, ottobre, “alle soglie del crollo in Borsa”. Fu un epico scontro a fuoco fra polizia e la Banda: “Il luogo fa notizia non meno dell’accaduto, figliolo…”, dice Norbert Keene, un anziano testimone oculare, il quale risponde a un’ultima domanda: “Durante la sparatoria, non vide per caso qualcuno che non riconobbe?”

La risposta non si fa aspettare:

Dici del clown? Come sei venuto a saperlo, figliolo?”

Il bello di questi avvenimenti è che ognuno ha i suoi ricordi relativistici, cioè ciascuno di loro li ha fissati dal suo punto di vista. Il pagliaccio, vestito da contadino, ma con “in faccia quel cerone bianco che usano i clown, con un grande sorriso rosso dipinto. E poi quei ciuffi di capelli finti, sai? Arancione. Abbastanza comico.

Norbert lo ricorda che imbracciava un fucile simile al suo, un Winchester. Bill gli vide in mano un Remington, uguale al suo. Secondo Jimmy stava sparando con uno Springfield, uguale al suo.

Due amenità per finire: Bill “disse che quel clown si sporgeva tanto dalla finestra che non gli sembrava possibile che non cadesse giù…”, pazzesco!, “come se fosse appeso lì nell’aria”…

E c’è dell’altro:Il sole era alto, ma il clown non proiettava nessuna ombra.”

Parte quarta – luglio 1958

In 14.6, il Club dei Perdenti sta esaminando l’album di vecchie foto del padre di Mike, che era un appassionato della storia di Derry. E accade di nuovo il maleficio, che sortisce da una foto, tratta da un giornale del 1891, ove appare il clown, che comincia ad animarsi: gli adulti presenti nella foto si limitano a tenersi “alla larga da lui, ma non come se s’accorgessero della sua presenza, bensì come per sottrarsi a un colpo di vento o a un cattivo odore.” Con gergo attuale si potrebbero definire pazienti asintomatici.

Solo i bambini lo vedono e si ritraggono intimoriti. Ben non sembra avere timore a maneggiare l’album, anche perché la foto è protetta da un foglio di plastica. Ma il clown, all’improvviso, “corse verso di loro, muovendo febbrilmente la gran bocca dipinta, blaterando e ridendo.” Poi li minaccia:Vi ammazzo tutti!E lancia varie volte il grido: “Non potete fermarmi…!” e ogni volta abbina a quello strepito il terribile ricordo di una sua passata apparizione.

Tutti i ragazzi dicono, uno alla volta “Sì!”: per affermare l’intenzione a combatterlo e la fede di poterlo neutralizzare. Tutti tranne Stan, che urla due volte No, per poi arrendersi anch’egli alla volontà collettiva: “”, ammise, “Sì. Va bene. Sì. È così che volete? Sì.”

Ventisette anni dopo sarà scritto nel palloncino di It:Stanley Uris è finalmente in testa”: gli altri, si augura quella Bestia Metafisica, seguiranno a ruota. Stan s’era suicidato subito dopo aver ricevuto la chiamata di Mike.

In 15.6, alla fine di un rito poco comprensibile (forse per lo stesso autore, anche se c’è un precedente antropologico che lo giustifica), Richie e Mike, rischiando quasi di venire soffocati, intravedono cos’è It, senza però capirlo.

È sceso dal cielo” – ripeté Mike – “ma non era un’astronave. Non era nemmeno una meteora. Era piuttosto come… Be’… come l’Arca dell’Alleanza, della Bibbia, quella che conteneva lo Spirito di Dio… solo che lì dentro non c’era Dio…Era un essere cheveniva a far del male”. “È qui da sempre”, elaborò allora Mike. “dal principio del tempo… da prima che ci fossero gli esseri umani…

Amen.

In 16.3 prendo coscienza di un fatto che da un po’ mi sta baluginando in testa: l’autore non esita a descrivere la pubblicità di una sigaretta, citando poco dopo la marca della fibbia di uno di quei discoli che stanno seminando il terrore fra i coetanei. Queste denominazioni commerciali paiono quasi dei Penati protettivi della grande famiglia americana, come può essere definita la piccola cittadina di Derry, onesti uomini e membri verminosi, tutti compresi.

It - film 1990
It – film 1990

Il signor Gedreau s’imbatte in quattro marmocchi potenzialmente assassini, mentre se la stanno prendendo con Eddie, e li riprende malamente, dicendo loro: “Quattro contro uno. Che cosa penserebbero i vostri genitori?Al che, due di quei guappiabbassarono la testa e si esaminarono le scarpe”, che è un’immagine già utilizzata dallo scrittore per descrivere l’imbarazzo di un ragazzo di fronte al rimprovero di un adulto. L’unico moccioso che non ci sta, anzi aggredisce l’adulto, malmenandolo, è il solito Henry (“Il signor Gedreau non capiva. Non capiva che Henry era pazzo.”), che diventerà il braccio violento di It (o forse lo è dalla nascita, senza saperlo).

Al che mi ricordo di un passo di 16.1, che avevo sottolineato senza nemmeno io sapere perché: “E quasi per sbaglio Eddie scoprì una delle grandi verità della sua infanzia: I veri mostri sono gli adulti. Non fu una di quelle rivelazioni che si fanno annunciare da un’esplosione interiore, di squilli di trombe e campane. Fu invece un passaggio sommesso e veloce, un’intuizione subito seppellita da un pensiero assai più forte e trascinante. Voglio il mio inalatore e voglio uscire da qui.

L’inalatore è per lui quello che la copertina è per Linus: l’essenziale per non morire dell’angoscia che un altro adulto, la mastodontica madre, gli aveva donato col più sincero degli affetti: la certezza di essere soggetto a crisi respiratorie. Il farmacista, signor Keene, sta cercando di convincerlo amorevolmente e delicatamente che si tratta di un’invenzione materna: i suoi polmoni sono sani, ma il suo cervello è stato intaccato dall’ansia genitoriale. Questo conflitto fra adulti getta il ragazzo in confusione.

Oh Dio mamma sto soffocando non riesco a respirare oh mio Dio oh Gesù non ce la faccio ti supplico non voglio morire non voglio morire oh ti prego…

Su questo timor panico, It più volte ha giocato sporco, ad esempio in 11.2, mentre Eddie “correva, vide librarsi una scritta davanti agli occhi, quella stampata sul palloncino verde liberato dalla mano di Greta Bower: La medicina per l’asma provoca il cancro ai polmoni! con gli omaggi della farmacia di center street.”

Interessanti anche le considerazioni espresse in 16.1L’energia che si scialacqua con tanta profusione da ragazzi, l’energia che si ritiene debba mai esaurirsi, si dilegua fra i diciotto e i ventiquattro anni per essere sostituita da qualcosa di assai più opaco, una sensazione fittizia come quella che ti dà una sniffata, aspirazione, forse, o traguardi o comunque voglia chiamarla un qualsiasi universitario rampante.

L’autore poi aggiunge:Non si smette di essere piccoli tutt’a un tratto, con una grande esplosione, come uno di quei palloncini pubblicitari con gli slogan. Il bambino che hai dentro cola fuori, trapela come aria da una foratura in una gomma. E un giorno ti guardi allo specchio e ti trovi faccia a faccia con un adulto…

Auguro ai miei figli di assomigliarmi soprattutto nei miei aspetti infantili. Il resto sarà compito loro.

L’adulto non mostra pietà verso il virgulto, quando ormai è una sequoia irraggiungibile:Lasciami finire”, ripeté il signor Keene in un tono così perentorio che Eddie ripiombò a sedere. “Gli adulti sapevano rendersi così odiosi nell’esercizio del loro potere. Così odiosi…”

Il conflitto non è fra un adulto e una criatura, bensì fra due adulti (il farmacista e la mamma) nella gestione della stessa, perché ognuno di loro ha la sua verità non da difendere, da imporre. L’atteggiamento del venditore di medicine, paragonabile a uno sciamano, tranquillo e autorevole, risulta talmente invasivo che il fanciullo che è in me ne rimane turbato. Cosa avrei detto io al suo posto? Forse nulla, o forse: vedi Eddie che la tua asma potrebbe essere una fantasia di tua mamma, ma vedi tu cosa fare di quell’inalatore. Poi sarei tornato a giocare alle figurine con lui, o al lancio della piastra, o al gioco della settimana.

L’opera dei quattro teppisti è messa in discussione dall’intervento dell’adulto signor Gedreau, e qui succede l’impensabile. Uno di loro, il più malato, figlio di un genitore pazzo, Henry si ribella: “Torna dentro”, gli ordina.

Come?” ricominciò il signor Gedreau e questa volta s’interruppe da solo. Finalmente l’aveva vista anche lui. “La luce negli occhi di Henry. Si alzò alla svelta in uno svolazzo di grembiule.”

Da meditare il fatto che poc’anzi il signor Gedreau aveva afferrato “Henry per il colletto della camicia e la bretella destra della tuta. Uno strattone e Henry fu sollevato di peso. Ricadde nella ghiaia e si rialzò.

A questo punto non so più chi parteggiare! Forse per Eddie, l’essere violento perennemente malcapitato. Ma faccio troppo fatica…

Il signor Gedreaunon si mostrava per niente intimorito, sebbene Henry lo sopravanzasse in statura di almeno cinque centimetri e fosse più pesante di lui di una ventina di chili.” Non è una questione di stazza, ma di autorità. Quella di Gedreau è annichilita dalla pazzia di Henry, che gli permetterà anni dopo di ammazzare il padre ancor più pazzo e violento di lui.

Eddie approfitta della confusione per dileguarsi, ma viene subito inseguito. Dimentica d’un tratto la sua ansia e mette le ali ai piedi, quasi letteralmente “Ci furono tratti, alcuni lunghi anche una ventina di metri, nei quali non sapeva dire se le suole delle sue P.F. Flyers toccavano il marciapiede.” Potenza mistica delle P.F. Flyers!

Poi avviene il patatrac: Eddie si scontra con un “marmocchio uscito sul suo triciclo dal vialetto di casa”, che gli si parò davanti inaspettatamente. “Eddie cercò di sterzare, ma lanciato com’era a rotta di collo, meglio avrebbe fatto a scavalcare l’ostacolo (quel bimbo era Richard Cowan e sarebbe cresciuto, si sarebbe sposato e avrebbe generato un figlio maschio di nome Frederick Cowan, il quale sarebbe annegato in un water; dove sarebbe stato parzialmente divorato da una cosa emersa sotto forma di fumo nero, per prendere quindi le sembianze di un essere impensabile.”

Quel parzialmente la dice lunga di chi possa essere il criaturofago. It notoriamente non divora, fa degli assaggi. 

Che dire se non: riposino in pace tutti, buoni e meno buoni.

La tracotanza selvaggia di Henry è ben poca cosa rispetto alla violenza amorevole di Sonia, la madre di Eddie, per come si comporta nella vita familiare in generale e nella corsia dell’ospedale in particolare. Basti dire che, oltre a lei, e del fatto se ne accorgono solo Eddie e un neonato che all’improvviso si mette a frignare, c’è il clown che, dopo innumerevoli e festose capriole di giubilo (Sonia sta allontanando malamente gli amici del figlio, che è ora ricoverato per la frattura di un braccio, procurata dal solito Henry), si tramuta in vari orrori, tra cui, per un attimo che fa sobbalzare Eddie, anche nell’obesa mammina.

Davanti a quest’orrore materno i ragazzi del Club si erano limitati a contemplarsi i piedi.”

Mi viene in mente uno slogan pubblicitario (senza però indicare la marca): dove c’è violenza, c’è sempre un It che prospera.

Scena tratta dallo scontro esistenziale fra Eddie e la madre: il ragazzo le dice in faccia la verità, senza mostrare titubanze. “C’era dolore dietro quell’espressione, ma questo aspetto era anche più spaventoso: le sembrò che avessero caratteristiche adulte, quel dolore, e tutte le volte che le succedeva di pensare a Eddie come a un adulto, si sentiva frullare nella mente un uccellino di vivo panico.”

Eddie prima o poi, e lo sentiva gemendo nell’anima, l’avrebbe lasciata a rammendare calzini e a lavare in solitudine la sua propria biancheria intima.

Ora piangeva a causa di quell’espressione sul volto di suo figlio, così terribilmente adulta e aliena. Aveva paura per lui, ma in un certo senso aveva anche paura di lui.”

La cosa più orrida è che per due volte la genitrice ricorre a Dio per giustificare il suo operato (e di questo certamente It sta gioendo, dovunque ora sia).

Alla fine della tenzone, Eddie ha la meglio, e per riuscirci deve ricorrere a un ricatto: l’accetta come madre solo sei lei gli permette di rivedere gli amici, quei piccoli demoni tentatori (agli occhi malevoli di lei).

In 16.7, Eddie capisce chenelle parole che le aveva detto, nel modo in cui si era comportato, c’era stato anche lui, ma non solo lui. Un’altra presenza aveva lavorato dentro di lui, tramite lui, una forza… e anche sua madre l’aveva percepita. Glielo aveva visto negli occhi e nel tremito alle labbra. Non aveva motivo di credere che questa energia fosse malefica, ma era intimorito dalla sua intensità. Era come montare su una giostra al luna park e accorgersi che in effetti era pericoloso ma che era impossibile scendere finché non fosse finita la corsa, fosse quel che fosse.

La precedente è la solita allegoria, tanto banale da parere stupida, che dà l’idea talmente bene che lo stesso Platone, leggendola, si alzerebbe in piedi in senso di rispetto (anche questo dà l’idea).

16.8: gli amicisi avvicinarono al suo letto, solenni. Nemmeno Richie sorrideva.” Il che è tutto dire.

Stiamo varcando il confine, rifletté Eddie. Stiamo passando dall’altra parte, in qualcosa di nuovo… ma che cosa c’è dall’altra parte? Dove stiamo andando? Dove?

It - film 1990
It – film 1990

In 17.5 è descritta l’anima di Patrick, uno degli amici scellerati di Henry. Tutto sommato è un ragazzo tranquillo, anche se a suo tempo soffocò in culla il fratellino neonato; uno che ama catturare mosche, scarafaggi e quadrupedi, senza far distinzioni fra artropodi e mammiferi, fra randagi e domestici. Interessante l’annotazione: dopo aver rinchiuso l’ennesimo cagnolino nel frigorifero nei pressi della discarica, “aveva avuto un’erezione in quel momento”, fenomeno non raro, assicura l‘autore.

Triste fine la sua: “poco prima di perdere i sensi vide una sagoma emergere dietro l’ultima delle carcasse d’automobile.

Chi potrà mai essere?

La forma umanoide lo prese per un braccio incrostato di sanguisughe e cominciò a tirarlo verso i Barren…”

Povera bestia anche quel giovane ribaldo, che si credeva immortale, perché “se fosse morto lui, con lui sarebbero scomparsi tutti gli altri esseri viventi del mondo”, a cui non aveva mai prestato attenzione.

Si risvegliò una volta sola, quando, in un inferno buio, puzzolente e gocciolante nel quale non brillava luce alcuna di nessun genere, It cominciò il suo pasto.”

In 18.1, dopo poco meno di 1000 pagine il gioco sta facendo duro e assume contorni di una guerra aperta senza esclusione di colpi (proiettili d’argento che Bev, la miglior tiratrice della combriccola, dovrà scagliare con la fionda contro It).

Mi occupo pertanto, per allentare la tensione di un fatto minimo, ma, chissà perché, essenziale: il sottocapitolo termina con “Dobbiamo stare a-a-a”; 18.2 inizia con “attenti”. Notoriamente il capo dei Perdenti, per volontà unanime di tutti, è Bill, che altrettanto notoriamente è uno che balbetta. Bene, ora potete partire, miei prodi.

Il Club dei Perdenti è fiducioso nella propria vittoria:nessuno aveva mai dubitato che un proiettile d’argento, da fionda o da pistola che fosse, avrebbe fermato un mostro; avevano dalla loro il peso di mille film dell’orrore.”

Dimenticavo un mito yankee molto importante: Bill aveva passato a Ben “una sezione di bossolo di mortaio. Era un ricordo di guerra. L’aveva raccolto Zack cinque giorni dopo che lui e il resto dell’armata del generale Patton…”.

Zack era il padre di Bill. Era una specie di passaggio di consegne.

18.7:Siete p-pronti?”

“Pronti, Bill”, rispose Richie per tutti.

Bill, Beverly, Ben, Eddie, Richie, Stan, Mike, il Club dei Perdenti sta per affrontare It.  Che appare per quel maledetto licantropo zannuto e artiglioso e dagli occhi verdi che è. Che forse è.

18.9: la prima pallina d’argento sparata da Bev manca il bersaglio “per una spanna almeno”.

La seconda colpisce It a poco più di un centimetro dall’occhio destro.

“L’urlo fu assordante e quasi umano.”

Itcon un balzo aggraziato, si sollevò nell’aria avvitandosi su se stesso e si tuffò nello scarico.”

Grida:Vi ammazzerò tutti!”

L’importante è che sia scappato: significa che ha avuto realmente paura.

I ragazzi si ritrovano nei Barren, che è un luogo in cui in genere gli adulti brillano per la loro assenza. Quella volta in cui avevano costruito una diga, si presentò un poliziotto di origine irlandese, che aveva ironizzato un po’ nei loro confronti, senza cattiveria, ricordando che anche lui, quand’era bambino, passava molto del suo tempo in questo luogo in cui erano assenti i genitori.

Ognuno torna poi a casa sua. Prima di imitarli, ricordo una frase interessante (17.11): “i proiettili d’argento avevano funzionato perché in sette avevano fuso insieme la loro convinzione sull’efficacia di quello strumento. Ma non avevano ucciso It. E la prossima volta li avrebbe affrontati sotto spoglie diverse, contro le quali l’argento non avrebbe avuto alcun potere.”

Ogni visione del mondo si basa su un finto convincimento, che a volte si tinge d’eroismo.

Il quarto interludio

It - film 1990
It – film 1990

Narrasi dell’ennesimo fatto di sangue procurato dall’ennesimo esaltato. Un certo Claude Heroux (si pronuncia più o meno come heureux, felice in francese) compie una serie di misfatti del tipo: “estrasse il suo attrezzo come un buon boscaiolo stacca la lama da un tronco di legno tenero, manovrando su e giù il manico per sfilarlo dalla morsa della polpa ricca di linfa. Poi sollevò nuovamente l’accetta in alto e quando la calò di nuovo King smise di gridare.”

Il quasi omonimo dell’autore ora riposa in pace.

La solita domanda di Mike non si fa attendere. L’intervistato di turno, un anzianissimo testimone del massacro accaduto a Derry nel 1905, un tale che di nome fa Thoroughgood che, forse anche per via del cognome (Completobene), risponde che: “… c’era un tizio… un tipo buffo… che faceva capriole… numeri di giocoliere con i bicchieri… trucchi di magia… si metteva quattro monete sulla fronte e gli restavano appiccicate… un comico, sa…”

Mike poi si chiede:Che cosa mangia in realtà It?”

Sottinteso: oltre che gli assaggi delle vittime morte?

A noi tutti è stato insegnato fin dalla prima infanzia che quel che fa il mostro se ti acchiappa nel folto del bosco è appunto mangiarti. È forse la cosa più terribile che riusciamo a immaginare. Ma in verità i mostri vivono di fede, no?”

Anche gli dei mi verrebbe da dire.

“Il cibo può essere la vita, ma la fonte del potere è la fede, non il cibo.”

E noi ci si fa vecchi. It no.

“Ventisette anni. E forse It li ha occupati in un sonno tranquillo, breve e tonificante quanto potrebbe essere per noi un pisolino pomeridiano. E quando It si sveglia, è lo stesso di sempre, mentre per noi è trascorso un terzo della nostra vita. La nostra prospettiva si è ristretta, la nostra fede nel magico, che rende possibile la magia, si è consumata come il brillio di un paio di scarpe nuove dopo una giornata di lunghe camminate.”

E, togliendole la sera, non possiamo non notare le piaghe che si sono sviluppate nei nostri piedi.

Parte quinta – Il rito di Chüd

Primo commento: ad ogni parte è messa come paratesto una poesia di William Carlos Williams e una di un altro autore, senza che sia chiaro il motivo della scelta, come se fosse estratto a caso da un cappello.

Alla quinta volta non sorge un dubbio, ma qualcosa di più, una fondata intuizione, che si tratti di un ennesimo rito propiziatorio.

E perché mai WCW? Forse perché egli, per quel poco che ne so, ha cercato di riprodurre, nudo e crudo, quello che i suoi occhi vedevano, usando un linguaggio semplice, ma appropriato. Lo conosco perché era spesso citato dal poeta che più mi aprì la mente da ragazzo: Allen Ginsberg.

Di lui ricordo anche i versi dell’epitaffio che gli dedicò Jonathan Williams.

19.1: Mike dice: “… tutto quello che so è che esiste un’altra forza, o almeno c’era quand’eravamo bambini, una forza che voleva che ci salvassimo per compiere la nostra opera. Ecco, mi auguro che ci sia ancora.”

Cercherò di capire se questa forza sia morale, oppure no.

19.2: reduce dal solito raduno ai Barren, Bev viene messa sott’accusa dal padre, che fraintende un sacco di cose e che teme per la verginità dell’unica figlia (o forse è preveggente!). È un genitore manesco quanto amorevole, che fa molto male quando picchia. Analogamente a quell’altro uomo della vita di Beverly: il marito, che più le fa male, più le vuol bene. Entrambi non sono pazzi, sono assurdamente malecreati.

Faccio una sinossi dei magnifici sette:

Bill, capo indiscusso del gruppo, balbettante per un trauma infantile: la morte del fratellino Georgie per opera e per virtù dello Spirito di It. I genitori sono violentemente assenti, peggio: indifferenti e distratti in toto dal pensiero del figlio morto.

Ben, madre apprensiva, opprimente quanto basta, ma gestibile. È obeso perché è ipernutrito dalla genitrice. Quando decide di fare la dieta, la mamma si dispera, ma non può farci nulla. È un esperto di riti, infrastrutture e logistica.

Eddie: reso invalido psicologicamente dalla mamma ansiosa ed oppressiva, vedova, che ha paura di rimanere sola quando Eddie sarà cresciuto, che gli impone un’asma inesistente, l’ostacola nelle sue amicizie e lo ricatta col suo pianto; Eddie sa a volte ribellarsi con intelligenza, ma non può di certo ammazzarla. Eddie è il navigatore del gruppo, uno che non si perde mai (se non d’animo, a volte). Spruzzerà col suo inalatore un malcapitato It, facendolo fuggire in preda al terrore, salvando con quel gesto stizzoso il gruppo.

Richie: un burlone sensibile; da segnalare la sua instancabile tendenza a risollevare il morale del gruppo con imitazioni e sciocchezze varie. Anche quando è terrorizzato.

Stan: ha il complesso di essere ebreo, perché tutti da sempre glielo fanno notare. Ha un’evidente debolezza d’animo, con cui riesce a convivere fino al suicidio. È coraggioso quando è essenziale esserlo, timoroso quando potrebbe anche evitare. Esperto di ornitologia, neutralizzerà con rabbia l’azione di un pennuto inesistente creato dalla fantasia di It.

Beverly: molto carina e coraggiosa, ama il padre, e lo odia (ha paura di dirlo ad alta voce, perché sente che è un peccato contro Dio; ma non può fare a meno di provare quel sentimento). In maniera analoga ha amato il marito. È una micidiale tiratrice con la fionda, nonché una ragazza molto aperta e solidale.

Mike: il più normale e saggio dei magnifici sette, studia il fenomeno It con il piglio del sociologo. È saggio e coraggioso. Ma soprattutto informato. Dimenticavo di riportare quel che ho già segnalato: è negro.

Torno ora alla battaglia che è in corso fra Bev e il padre.

Suo padre non c’era più. E Beverly capì a un tratto di essere sola in casa con It.”

It - film 1990
It – film 1990

Si tratta di un’intuizione, perché non si sente la presenza del Male, come già fu durante la battaglia con cui i magnifici sette avevano trionfato su It: “… la fondamentale umanità di suo padre aveva in qualche modo diluito la pura energia di It…”

Ma chi aveva detto al padre che lei se ne andava con sei amici maschi ai Barren?

… Forse It non aveva fatto altro che usare strumenti che da tempo aspettavano di essere raccolti.”

Negli occhi del padre “Beverly scorse solo cieca furia omicida. In essi vide solo It.”

Un bimbetto di tre anni, “che dodici anni dopo sarebbe morto in motocicletta, vide qualcosa di terribile e disumano sul volto del signor Marsh. Ebbe incubi per tre settimane. In essi vedeva il signor Marsh trasformarsi in ragno dentro i vestiti.”

Il solito funambolico (non meno piroettante di It) autore continua la frase di 19.2 “… la percezione di…” in 19.3: “… essere osservata”.

Nel frattempo la narrazione altalena un po’ e passa dal luglio 1958 ai giorni nostri, in cui “Mike Hanlon posò la penna e scrutò nella penombra della grande scodella rovesciata che era il salone della biblioteca.”

19.8: Pensieri di Henry, del guerriero itiano (fresco parricida):La voce l’avrebbe accompagnato e protetto, se lo sentiva. Se tu ti prendevi cura di It, It si prendeva cura di te. Così era sempre stato a Derry. Ma quei marmocchi dovevano essere fermati, presto, oggi stesso, così gli aveva detto la voce.”

Il romanzo It a me pare uno sconfinato testo di natura religiosa. Lo si può definire un analogo (ma non un equivalente) de Il libro di Mormon, in quanto narra di vicende umane inquadrate in un discorso mistico e divino. E, nel caso di It, demoniaco: questa è la principale differenza fra i due manufatti umani.

Entrambi sono stati scritti (o trascritti) da qualcuno che non partecipa alle vicende, ma che le scruta da Altrove, ma che pare soffrirne come se fosse presente e potesse essere coinvolto nelle vicende da un momento all’altro. Nel caso del romanzo del XX secolo il fenomeno coinvolge il lettore.

In 21.1, l’autore abbozza una cosmogonia.

Prima dell’Universo erano esistite solo due cose. Una era It e l’altra era la Tartaruga. La Tartaruga era uno stupido essere che non usciva mai dal suo guscio. It pensava che la tartaruga fosse morta…

Di quest’immane chelònia talvolta (inconsapevolmente?) ha borbottato qualche volta Ben e una volta Mike. It stesso sa poco di lei, se non che ha vomitato l’universo in cui It avrebbe condotto la sua villeggiatura.

Derry era il suo mattatoio, la popolazione di Derry era le sue greggi. Così era stato.

Nel Testo Sacro trascritto da Joseph Smith, si fronteggiavano due tribù israelitiche: I Lamaniti e i Nefiti, in perenne dissidio fra loro, alternativamente in accordo e in disaccordo col loro Dio. Qui la divisione, che non è permanente, ma si evolve, è bambini da una parte, adulti dall’altra. I primi diventano lentamente come i secondi, per produrre altri bambini, in un ciclo naturale e continuo.

It e la chelònia avevano questo in comune: “il principio secondo il quale tutti gli esseri viventi devono sottostare alle leggi della forma che abitano.

I magnifici sette gli avevano recato due novità esistenziali, gli avevano fatto assaporare la paura e la collera, quei sentimenti che conducono all’odio, quando It “non voleva né cambiamenti né sorprese. Non voleva novità, mai. Voleva solo mangiare e dormire e sognare e mangiare di nuovo.

Un dubbio atroce sconvolge la mente della bestia:e se It non fosse stato solo come aveva sempre creduto?

E se fosse esistito un altro?

Perché It odiava tanto quei marmocchi?

Odiava la paura, vi si sarebbe avventato contro e l’avrebbe divorata, se avesse potuto… ma la paura lo provocava deridendolo da lontano e It avrebbe potuto uccidere la paura solo uccidendo loro.

Qualcosa che forse non capisco: It è visto solo dai bambini, e soltanto sentito inconsapevolmente dagli adulti, che vengono giostrati come marionette.

Audra, la moglie dello scrittore, come già Tom, il violento marito di Bev lo vedono. Audra è con It, dopo che sia Henry che Tom sono morti, e viene da lui utilizzata “viva solo in parte, dopo che le era stato spento il lume dell’intelletto al primo apparire di It come It realmente era, spogliato di tutti le piccole maschere e malie.”

E vede It in modalità bambino, motivo per cui rimbambisce (la sua coscienza viene, come dire, ri-formattata).

Ora la mente della moglie dello scrittore era con It, in It, oltre la fine del macroverso, nelle tenebre oltre la Tartaruga, nelle remote regioni che sono tutte oltre tutte le altre regioni.

It 1900 ed It 2017
It 1900 ed It 2017

It capisce che avere a che fare con l’umanità ti permette sì di avere sempre cibo e schiavi, ma che talvolta, tra questi “contadini medievali”, prima o poi “può essercene sempre uno, e probabilmente bambino, capace di immaginare il piolo con cui ucciderli”, i vampiri come Dracula.

Quando crescono, però, gli ex bambini cessano di vedere quel che assomiglia ai mostri (come i ben noti “piranha nel Kenduskeag”), credendo ormai solo ai miti sociali, tipo “nelle polizze d’assicurazione”.

La ragione avrebbe frantumato la fantasia e l’immaginazione.

Per tutto il romanzo, l’autore si diverte (o s’angustia?) a passare da una dimensione temporale (infanzia) all’altra (maturità), sconvolgendo leggermente la mente del lettore che fatica spesso a capire dove si trovi esattamente in quel momento.

La cosa s’intensifica nella parte finale, in cui il passaggio avviene talvolta con il meccanismo, già esemplificato, della frase spezzata, che confonde sempre di più le sinapsi. Tutto pare calcolato al centesimo, come da un programma informatico.

It, come un qualsiasi dio opprimente, ricorre vigliaccamente al senso di colpa, quando fa apparire a un adulto (ma ancora molto complessato) Bill il viso deformato di George, che l’accusa. Ci vuole tutto il suo coraggio e il supporto morale dei suoi combattenti per allontanare il miraggio.

Il complesso di colpa di Bill era stato creato e rinnovato giornalmente dall’indifferenza dei genitori, queste divinità non sempre accorte e quasi mai giuste.

Magia, religione o baggianata che sia, Bill s’accorge di un pericolo che sta correndo Mike, che ora è ricoverato in ospedale a causa del tentativo di omicidio da parte di Henry. Per magia, religione o baggianata che sia, tenendosi per mano i cinque, trasmettono grazie a “chiunque Tu sia!”, la loro forza all’amico lontano e degente, permettendogli di opporsi, pur dissanguato e con l’anima tenuta stretta nei denti, a un nuovo tentativo di omicidio da parte di un essere gestito da It.

Bill, prima di svenire, pur non sapendo “esattamente a Chi stesse elevando le sue preghiere, ma pregò lo stesso.”

Aggiornamento cosmogonico in 22.2: Bill incontra la Tartaruga, la Demiurga che vomitò l’universo che conosciamo (lei lo chiama macroverso), che purtroppo non può aiutare i ragazzi (tra l’altro ha anche “mal di pancia”), se non invitandoli a compiere il rito di Chüd.

Bill ha un’intuizione: vi èun Altro ancora e capiva che quell’Altro abitava un vuoto che si trovava oltre il vuoto in cui stava viaggiando. L’altro era forse l’Entità definitiva, il creatore della Tartaruga, che soltanto guardava, e di It, che soltanto mangiava. L’Altro era una forza al di là dell’universo, un potere oltre tutti i poteri, l’autore di tutto ciò che era.”

Molto importante, anzi, la cosa importante, poco utile però allo scopo di salvarsi ora la pellaccia.

Bisogna solo pensare di togliere di mezzo ‘sto aracnide puzzolente, It.

“Ciò che viveva laggiù nel nero era forse invulnerabile, quando It era lì e in nessun altro luogo… ma It era anche sulla Terra, sotto Derry, in una forma fisica. E per quanto repellente fosse It in questa forma, a Derry era fisicamente reale… e per questo poteva essere ucciso…”

Punto, anzi… tre punti di sospensione…

La Tartaruga gli aveva indicato, in maniera subliminale, un’altra arma per sconfiggere It: gridare le parole stanno stretti sotto i letti sette spettri a denti stretti, che è lo scioglilingua di cui Bill negli anni si era servito per vincere la sua balbuzie.

Questo a Reggio Emilia, a Derry invece la filastrocca è:

Amidst the mists and coldest frosts,
With stoutest wrists and loudest boasts,
He thrusts his fist against the posts
And still insists he sees the ghosts.

Bill riesce a pronunciare con voce fin troppo autorevole queste parole magiche e It scappa via come farebbe una puzzola inseguita da un molossoide ringhioso. Ma, per stare a gingillarmi con ‘sta cosmogonia, mi sono scordato di dire il fatto importante: It è femmina, incinta, e reca con sé un numero ingente di uova pronte ad essere scodellate ‘n coppa a ‘sto mundo.

Il sesso di It era stato intuito da Stan e visto da Audra, che non rimane annichilita grazie a quest’ultimo gentil pensiero, che le ha attutito in maniera significativa il trauma procuratele da It.

Sull’ipotetico papà non sono a tutt’oggi registrati aggiornamenti.

Nel vuoto di quel mondo irreale, o iperreale, o realmente reale, ognuno la pensi come desidera, It fa una rivelazione: “… la tua amica Tartaruga… è morta qualche anno fa, quella vecchia imbecille si è vomitata dentro il guscio e si è ammazzata soffocandosi su una galassia o due, molto triste, non trovi?”

Consiglio di assumere tale notizia con le pinze.

Bill conferma:La Tartaruga è morta oh mio Dio, la tartaruga è veramente morta…

In questo secondo vuoto succede di tutto: non mi va di farne una sinossi, come ho letto io fin qui può farlo chiunque. Preferisco riportare una battuta del solito Richie, per alzare un po’ l’umore collettivo: “… qui credo che potresti anche camminare per dieci miliardi di miglia senza mai trovare un solo, lurido cesso a pagamento.”

Mi limito a ricopiare, senza esprimere ulteriori pareri di merito, una frase inquietante: “Passò la Tartaruga e fu cosa di un batter di ciglia.”

Risorta dopo qualche giorno?

Richie sentì che si stavano avvicinando a quella dimensione che si ritiene sia il mondo reale (anche se era convinto che non sarebbe mai più riuscito a pensarla come ‘reale’; l’avrebbe vista d’ora in poi solo come una magistrale rappresentazione di una presumibile realtà su un immenso ordito di cavi di supporto… cavi come fili di un’enorme ragnatela).”

Potenza della scrittura, che eterna il ricordo dell’esistenza umana. In 22.6, It mutila e reca la morte a un componente della banda, quello che più mi era entrato nel cuore. Poche pagine dopo, ventisette anni prima, eccolo ringiovanito e arzillo, che guida gli amici “nell’oscurità di quel dedalo di gallerie, per un’ora”.

L’autore stravolge il detto di KeatsA thing of beauty is a joy for ever” diventa: “A thing of horror is a thrill for ever”.

In 22.9, Ben pazientemente schiaccia le uova di It, da cui ogni volta esce un piccolo Itino e ogni volta Ben “calcò di nuovo il tacco.” Unica preoccupazione del ragazzo è di finire il suo infanticidio prima che “i fiammiferi fossero finiti”. Si tratta di una rigorosa pulizia etnica. Qualcuno lo deve pur fare…

It percepisce la morte dei suoi piccoli”. Poi (in 23.2) implora per sé, promettendo mari e monti (e una vita lunga svariati secoli) a chi decidesse di salvarla. Non le va proprio di fare la fine del dodo.

Non c’è da essere tristi per nessun evento naturale e questo che capita ora lo è. O pare esserlo.

Mi pare giunga ad hoc il detto reggiano pianzêr fa trî e réder fa trî. Lo assicura anche l’autore, quando scrive: “… non è forse vero che anche loro, tutti e sette, hanno trascorso la gran parte della più terrificante e lunga estate della loro vita ridendo come matti? Si ride perché ciò che è spaventoso e ignoto è anche ciò che è ridicolo. Si ride come un bambino talvolta piange e ride contemporaneamente quando gli si avvicina un clown goffo e dinoccolato e sa che dovrebbe essere buffo… ma è anche sconosciuto, pieno del potere eterno dell’ignoto.”

È la fine?

“Colpirono insieme, entrambi con il pugno destro, ma Bill capiva che nella realtà non stavano affatto colpendo con le mani: sferravano il loro attacco lanciando contro It la loro forza unita, resa invincibile dalla forza di quell’Altro, ed era la forza del ricordo e del desiderio, e soprattutto era la forza dell’amore e di un’infanzia non dimenticata.”

L’Altro parteggia per gli umani e non per la Bestia. È un rito esorcista simile a quelli che sono usati contro Satana. Sta vendicando dopo ventisette anni la morte del proprio fratellino Georgie, e dopo forse ventisette minuti quella, altrettanto atroce, dell’amico che forse gli è più caro, ma Bill non è politicamente corretto quando urla “Sì! Prova questo trucco, bastarda! Prova! Ti piace! Godi, baldracca? Godi?

Chissà quale sarebbe stato l’epiteto se It fosse stato un maschio: lazzarone?

“E udì distintamente la voce dell’Altro. Anche se la Tartaruga era morta, viveva ancora l’entità che l’aveva prodotta.

‘Hai fatto davvero un buon lavoro, figliolo’”

1n 23.5: “… nessuno restò ferito (e di questo si renda atto alla misericordia di Dio…)”

1n 23.7:La pioggia non diminuì progressivamente, na cessò tutt’a un tratto, come se Qualcuno lassù avesse chiuso un rubinetto…”

“… anche se alcuni avrebbero potuto obiettare che la realtà è un concetto del quale è bene diffidare e che talvolta la sua solidità non è maggiore di quella di una stoffa tessuta sopra un ordito di fili fragili come quelli di una ragnatela.”

“Il numero dei morti sarebbe cresciuto all’indomani della tempesta assassina. era stata in effetti la più spaventosa tempesta primaverile nella storia del maine.”

“Derry era in declino.”

Così finisce il capitoletto.

A Derry, Maine, c’è la statua enorme di Paul Bunyan, di plastica, gigantesca, terribile solo quando It s’impossessò di lui. Ma ora It pare sia morto.

Paul Bunyan Portland
Paul Bunyan – Portland

L’autore, mi sembra che si chiami… Stephen King, nacque, come i magnifici sette, nel Maine, a Portland, ove si erge una statua di Paul Bunyan pressoché uguale a quella di Derry, alta 31 piedi, costruita anni dopo rispetto a quella di Derry, nel 1959.

Non riesco a commuovermi, ma mi reca piacere leggere in 23.8:Beverly scorse qualcosa di cui non avrebbe mai parlato, ma che non avrebbe mai scordato. Per un attimo vide le loro immagini riflesse nel vetro… solo che erano in sei, non in quattro, perché Eddie era alle spalle di Richie e Stan era dietro a Bill, con quel suo solito mezzo sorrisetto sulle labbra.”da ricordare che Mike era ancora in ospedale.

Il quinto interludio

“… mi ha chiesto per la terza o quarta volta se mi deciderò a scrivere. Gli ho risposto di sì, e così sto facendo, infatti… almeno per adesso. Perché intanto sta succedendo anche a me.

Sto dimenticando.

Come ha detto Bill, per ora sono solo le piccole cose, i dettagli. Ma la sensazione è appunto che si tratti di un’amnesia progressiva…”

Non solo, ma anche l’inchiostro con cui Mike ha scritto sta sbiadendo e i quaderni su cui ha scritto sono ormai quasi illeggibili.

La religione a volte funziona da Alzheimer.

Perché quel bibliotecario non ha usato il computer? Nel 1985 io già ne possedevo uno, possibile che la biblioteca di Derry ne fosse sprovvisto?

Ma nulla sarebbe forse cambiato: non c’è niente di più effimero di una memoria di massa (intendo del computer, non delle persone).

Cosa resterà nella mia mente della storia appena letta?

Devo solo ricordarmi di rileggere queste mie note che, sagaci o no, serviranno proprio a questo.

Finora hanno avuto la funzione di aiutare quei ragazzi. Sì, a un certo punto, forse dal decimo capitolo in poi, ho avuto come la sensazione che It si stesse indebolendo sempre di più man mano che stavo descrivendo le sue nefaste e fantasiose capriole.

Epilogo

“… abbastanza risoluti da capire, forse, che dalle persone che diventeranno dovranno necessariamente nascere le persone che sono state in precedenza, prima di potersi rimettere a cercare di comprendere il semplice fatto della mortalità. Il cerchio si chiude, la ruota gira e altro non c’è.”

“Bambini, vi voglio bene, vi voglio bene.”

Ultima considerazione: nel 1985 nessuno dei magnifici sette riesce o si mostra interessato a incontrare i genitori. A parte forse Bev, che era andata a trovare la casa paterna, dove aveva incontrato quella strega avvelenatrice.

In effetti, solo Mike ogni tanto ama parlare con affetto dei suoi: rara avis.

L’epilogo si chiude con un miracolo che piacerà molto a chi ha letto fin lì.

Segnalo solo un particolare interessante: “Lo so!” rispose lei e poi lo afferrò fra i calzoni, schiacciandogli una gioiosa erezione. “Ma non ti fermare!”

E vissero per sempre felici e contenti.

FINE

Libro consigliato da mio figlio, che ho già trasmesso a mia figlia. Maggiore difetto: i dialoghi fra gli adulti sono artificiosi e rallentano la tensione; del resto c’è bisogno che ogni tanto l’autore dia una sosta al cuoricino del lettore, ma a volte esagera in lungaggini.

Utili o inutili? Chi può dirlo?

Tutta l’opera ha la consistenza di un rito quasi interminabile, e potrebbe recare guai togliere o aggiungere alcunché. Avendo un’anima leggermente blasfema, ho compiuto tre sacrilegi, mutando tre cose, una importante, una banale, una minima. Più eventuali altre, inconsapevoli.

Io non ho letto It, ma la sua traduzione in italiano, che è tutt’altra cosa.

Se c’è un’immagine (ripetuta tre o quattro volte, se non cinque) che ricorderò del libro è quando un ragazzo (non necessariamente Richie) dice una scemenza e gli altri ridono, tenendosi la pancia o rotolandosi per terra.

Un consiglio per chi è tediato dalla vita: leggete il libro, vi aiuterà a dare un senso alla vostra noia. Un’avvertenza per chi invece è avido di nuove emozioni: ve le darà e in cambio vi succhierà molta della vostra energia.

Ogni buon islamico dovrebbe andare alla Mecca una volta almeno nella vita. Lo stesso vale per ogni buon lettore, in riferimento al tuo meraviglioso (in senso lato) romanzo, caro Stephen.

La storia è ambientata nel cuore fetido di Yankeeland, ma se è vero il detto che S’l’è sira a cà mia, l’è sira anca a cà ed chiêter (ora sono le 22,42), potrei viverla un giorno anch’io e, forse, anche tu.

 

Written by Stefano Pioli

 

 

 

Bibliografia

Stephen King, IT, Sperling & Kupfer, 2013

 

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