“Raffaello pugnalato” di Marco Carminati: 500 anni dalla morte del pittore Raffaello Sanzio
“A vederli così, armoniosi e perfetti nelle composizioni e nei colori, i dipinti di Raffaello Sanzio – il pittore Divino, come fu definito per secoli – sembrano a prima vista calati direttamente dal cielo, e appaiono protetti e circonfusi da una sorta d’aura celestiale che ce li fa percepire algidi e incorrotti…”
Anche in questo caso, come già accaduto precedentemente, l’occasione è di quelle importanti. Da non dimenticare, ma soprattutto da celebrare.
Il 6 aprile 2020 ricorrono i 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio, uno dei massimi esponenti dell’arte pittorica. A ricordare l’evento è Raffaello pugnalato, testo di Marco Carminati, pubblicato nel 2019 da Il sole 24 ore edizioni.
“Questo racconto ha il dolce sapore della leggenda ma quanto si leggerà in seguito è invece la più aspra cronaca della verità”.
Scrittore e giornalista, Marco Carminati è uno studioso della pittura rinascimentale e delle vicende legate al collezionismo di opere d’arte. Per Il sole 24 ore cura l’inserto culturale di arte, architettura e beni culturali ‘Domenica’. Inoltre, Marco Carminati è conduttore della trasmissione ‘Luoghi d’arte’, su Radio 24. Ed è proprio da articoli e recensioni pubblicati a suo tempo da Il Sole 24 ore Domenica, che l’autore ha preso lo spunto, dopo averli raccolti ed elaborati, per approfondire la comprensione delle opere di Raffaello.
“Il vero ‘protagonista’ della pala di Raffaello Sanzio conservata a Brera, che illustra ‘Lo sposalizio della vergine’, non è il gruppo di persone in primo piano o la meravigliosa architettura dello sfondo, che balzano immediatamente all’occhio…”
Nato ad Urbino nel 1483 e morto a Roma nel 1520, Raffaello Sanzio dà inizio alla sua formazione artistica grazie a Giovanni Santi, suo padre. A capo di una fiorente bottega che operava per l’aristocrazia e per la corte di Urbino, il Santi fu un fondamentale riferimento per il giovane Raffaello.
Circa la presenza del giovane Raffaello accanto al Perugino non si ha una data precisa: certo è comunque, che anche il rapporto con il Perugino sia risultato determinante per il proseguo della carriera pittorica dell’urbinate.
In seguito, nei primi anni del Cinquecento il pittore si emancipa dallo stile del maestro grazie ai viaggi nell’Italia centrale. Rimanendo, però, sempre legato alla città che gli ha dato i natali. Nonostante alcune controversie legali circa l’eredità paterna.
“Nel ‘Battesimo di Cristo’ della Cappella Sistina, Pietro Perugino si accorse – ad affresco ultimato – che un personaggio secondario vestito di rosso si trovava proprio accanto a un cardinale, ovviamente vestito di rosso…”
Formato da 10 capitoli dedicati alle opere più note di Raffaello, Carminati, in Raffaello pugnalato, ha raccolto, in un unicum, una sorta di eredità raffaelliana, se così si può definire il suo lavoro di alto spessore artistico: seppur sviluppato in un numero limitato di pagine, prossime a 100, che promettono un contenuto inedito e coinvolgente.
E quest’aspetto lo si può percepire fin dall’introduzione del libro, durante il quale si avverte un’atmosfera, di cui l’autore ha permeato il testo, che si fa specchio della personalità di Raffaello.
A seguire, al lettore si presentano poi gli altri capitoli che danno vita al saggio, durante i quali l’autore illustra alcuni dei capolavori di Raffaello, che hanno attraversato peripezie e vicende a dir poco incredibili, al limite dell’inverosimile, così avventurose da risultare quasi dubbie.
Ma che dubbie non sono, perché la narrazione è aderente alla realtà, e documentata da fonti assolutamente attendibili. Che, affidata alla felice penna di Carminati, diventa custode di opere che hanno corso il rischio di essere deturpate, o peggio ancora smarrite.
Attraverso l’elaborato, assai intrigante, l’autore ha ben esplicitato le disavventure in cui sono incorse certe opere di uno dei maggiori rappresentanti del Rinascimento; con ampia dovizia di dettagli commenta vicende e aneddoti, che hanno attraversato la storia delle opere raffaelliane qui raccontate.
Non soltanto catastrofi legate a eventi imprescindibili dalla volontà dell’uomo, quali calamità naturali, anche la violenza e l’ingordigia sono stati elementi che hanno danneggiato opere dal valore inestimabile, rendendole maggiormente preziose, e perciò da conservarsi ancora più gelosamente.
L’opera che dà il titolo al libro, forse un po’ provocatorio comunque significativo, è una tela che fa memoria di un episodio gravissimo in cui è incorsa la pala definita lo Sposalizio della Vergine. Opera, le cui vicende sono angoscianti, motivo per cui ha rischiato di non arrivare fino a noi.
All’origine di tutto c’è il furto di un anello ‘nuziale’, risalente al I secolo avanti Cristo, con tutte le conseguenze che ne sono derivate. Vicende intriganti, ma che meriterebbero un ampio spazio per poter essere raccontate.
Ma, l’episodio di maggior rilievo che riguarda l’opera, è il danno che ha subito nel lontano 1958. Accadde che uno squilibrato armato di pugnale ne squarciò la tela, danneggiandola in due punti: sul gomito della Vergine e proprio in un punto centrale della pala. Se il dipinto non fosse stato protetto da una lastra di vetro, che ne ha attutito la violenza dei colpi, il danno sarebbe stato maggiore. In seguito, il dipinto è stato restaurato ed è tornato a risplendere della luce che Raffaello gli ha dato.
San Giorgio e il drago è una tavola di ridotte dimensioni, oggi conservata alla National Gallery di Washington. Le vicende che l’hanno vista protagonista sono lunghe ed articolate. Passato di mano in mano, fino ad essere esposto all’Ermitage, da cui venne rubato e spedito in gran segreto a Berlino: era il 1930. Il quadro raggiunse poi l’America per arricchire la collezione del segretario del Tesoro degli Stati Uniti, all’epoca in carica.
La Madonna del Cardellino è un’opera di intensa armonia, segnata però da una ferita gravissima. Scampato miracolosamente al crollo dell’abitazione in cui era custodita, a Firenze nel 1547, oggi è conservata agli Uffizi ed è stata recuperata grazie ad un pregevole restauro, dopo essere miracolosamente scampata ad altri e infausti episodi.
Poi, a seguire, l’autore presenta altri capolavori raffaelleschi.
La Madonna di Foligno, grande pala d’altare che raffigura la visione della Vergine, ricevuta da Augusto il giorno della nascita di Cristo. Trasferita a Foligno nel 1564 l’opera è stata, anche in questo caso, protagonista di un episodio disgraziato: un visitatore gettò su di essa del liquido infiammabile nel tentativo di incendiarla. Il quadro fu salvato grazie all’immediato intervento di un custode vaticano, che con un cappotto estinse le fiamme: all’epoca l’opera era parte della Pinacoteca Vaticana. Nel 2014 il quadro è stato esposto a Milano nella vetrina di un’azienda italiana leader nel mondo della vetrinistica da museo. Che ne ha garantito la resistenza a ogni possibile aggressione.
La Madonna Sistina si trova da oltre 250 anni a Dresda. Oggi è un’opera in buono stato di conservazione ma che ha avuto un percorso travagliato fino a trovare la sua collocazione finale. A Dresda, appunto.
“Un periodo di notevole turbolenza iniziò per la ‘Madonna Sistina’ con lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Come è noto il conflitto deflagrò il 1° settembre 1939…”
La Fornarina è uno dei ritratti realizzati dall’artista in età matura, esposto tuttora presso la Galleria Nazionale di Palazzo Barberini a Roma. La donna raffigurata sulla tela pare essere la musa ispiratrice e l’amante di Raffaello. Anche se pareri controversi sull’identità della donna sono stati espressi da autorevoli opinionisti.
La Madonna Esterhàzy’ è stata oggetto di un furto d’eccezione messo a segno nel Museo di Belle Arti di Budapest nel 1983; oltre alla tavola, dal museo ungherese ne furono sottratte altre, sei per l’esattezza, tutte di scuola italiana. L’indagine seguita al furto, però, ha permesso di recuperare la refurtiva nottetempo.
In conclusione, la Trasfigurazione. Ultimo lavoro realizzato dal pittore di Urbino.
“La ‘Trasfigurazione’ di Raffaello Sanzio, oggi conservata nei Musei Vaticani è l’ultima opera realizzata dal grande maestro di Urbino. Raffaello la stava ancora completando nella sua bottega romana quando morì improvvisamente a 37 anni il 6 aprile 1520…”
A corredo, nella sezione finale del libro, l’autore ha inserito un’iconografia di alcuni dei quadri di cui ha raccontato. Stampate su di una fine carta patinata, sono riproduzioni fedelissime al vero.
E questo è un elemento che dà al testo un attributo estetico maggiore, tanto che Raffaello pugnalato è un saggio fruibile sì dagli appassionati d’arte, ma anche da chi è poco avvezzo all’esercizio di tale disciplina. Da aggiungere, che Raffaello pugnalato è un libro dal contenuto ‘stuzzicante’, che si offre a una chiave di lettura inaspettata. Molto ben strutturato, è un testo indubbiamente da apprezzare, sia per il contenuto, ricco e inedito, come per la forma.
Che dire poi del registro narrativo con cui è stata sviluppata un’opera di valore testimoniale alquanto originale?
Un prezioso registro narrativo, gradevole e invitante, che spinge il lettore, anche quello che ha poca familiarità col mondo dell’arte, a cimentarsi in una lettura che offre un’interpretazione singolare della produzione di Raffaello.
Dunque, è una prospettiva del tutto nuova quella che accompagna il lettore disposto a beneficiare del racconto di situazioni insolite e poco conosciute, tali da permettergli di approfondire la conoscenza di un eccellente interprete dell’universo artistico italiano. Un rappresentante dell’arte che va oltre lo spazio e il tempo che gli sono appartenuti.
“La morte improvvisa del maestro aveva trasformato la ‘Trasfigurazione’ Vaticana in una sorta di intoccabile reliquia…”
Written by Carolina Colombi