Le métier de la critique: Leonardo Fibonacci, matematico, mercante e viaggiatore pisano

“[…] perché chi desidera essere istruito in questa scienza lo possa fare in modo perfetto e perché i popoli latini non ne restino esclusi come ne sono stati fino a questo momento.” – Leonardo Fibonacci

Serie di Fibonacci
Serie di Fibonacci

Le poche notizie relative alla vita di Leonardo da Pisa o Pisano, detto Fibonacci, soprannominato “Bigollo”[1](girovago), provengono da alcuni riferimenti autobiografici contenuti nelle sue opere e da due documenti notarili.

Il suo nome è attualmente noto per essere legato a quello di una successione di numeri primi naturali dove ogni termine è dato dalla somma dei due precedenti. La successione è nota come “serie di Fibonacci”:

1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89…

Nel 2003 è stata riportata in auge a livello mondiale dal romanzo “Il Codice da Vinci” di Dan Brown.

Le date di nascita e di morte di Fibonacci sono ignote, ma il Liber Abaci, la prima opera dell’autore pisano ci viene in aiuto: il 1202 fu l’anno di composizione del Liber Abaci, un monumentale trattato di aritmetica e algebra, come indicato nei manoscritti che tramandano:

“Incipit Liber Abaci Compositus a Leonardo filio Bonacij Pisano In anno MCCII”[2]

Siamo così informati del luogo di nascita, Pisa, e della casata dei figli di Bonaccio, da cui la volgarizzazione Fibonacci. Il nome del padre, Guilielmus, è invece indicato in un atto notarile del 1226 relativo ad una cessione di immobili, nel quale è menzionato anche un fratello di Leonardo di nome Bonaccinghus.

Proprio grazie al padre, il giovane Fibonacci è stato iniziato alla matematica. Ancora una volta il Liber Abaci ci viene in ausilio:

“Quando mio padre, scrivano pubblico presso la dogana di Bugia per conto dei mercanti pisani, fu incaricato di dirigerla, essendo io ancora fanciullo mi fece andare presso di lui […].”

Si stima che intorno al 1185 Guglielmo Fibonacci fosse pubblico scrivano della Repubblica di Pisa presso la dogana di Bugia, oggi Béjaïa, capoluogo della provincia di Cabilia nell’odierna Algeria, e importante porto commerciale dell’Africa settentrionale.

In quegli anni le repubbliche marinare di Pisa, Genova, Venezia, Amalfi e Ragusa (oggi Dubrovnik) si contendevano il monopolio del commercio marittimo nel Mediterraneo.

Dopo l’anno Mille il commercio marittimo ebbe infatti una notevole ripresa ed assunse nuovamente un carattere internazionale sul Mar Mediterraneo con due principali bacini commerciali: quello europeo che forniva lana, panni, legname, ferro ed altri metalli e i paesi dell’Africa settentrionale e del vicino oriente che esportavano principalmente spezie, seta e gioielli. Neanche le crociate e le differenze linguistiche, letterarie e religiose fermarono questa spinta commerciale, che era retta per l’Europa dai mercanti della penisola italiana, i quali acquistavano mercanzie provenienti dal il continente europeo, per poi veicolarle via nave verso i porti dell’Africa settentrionale o del vicino oriente, dove venivano venduti o scambiati con le merci dei più lontani entroterra giunte con le carovane.

Leonardo Pisano detto il Fibonacci
Leonardo Pisano detto il Fibonacci

La continuità e l’ampiezza dei commerci fra le città marinare italiane e alcuni porti arabi portarono alla costituzione in questi ultimi di quartieri i cui abitanti provenivano tutti dalla stessa città e ai quali erano concessi speciali privilegi. Si trattava di vere e proprie zone franche rette da pubblici ufficiali che vi applicavano le leggi delle rispettive repubbliche di appartenenza. Bugia era uno dei porti dell’Algeria in cui Pisa aveva un suo fondaco, che nel 1185 era presieduto da Guglielmo Fibonacci.

I Fibonacci erano una famiglia di mercanti e non bisogna sottovalutare come in Italia la classe mercantile avesse assunto il governo delle città, in cui gli appartenenti a questa classe ricoprivano a turno le cariche pubbliche.

Guglielmo, mentre era in servizio a Bugia, decise di chiamare a sé il giovane Leonardo per completarne l’educazione. All’epoca la formazione di un giovane destinato alla mercatura attraversava diverse fasi, la prima delle quali avveniva in una scuola, spesso annessa alla cattedrale, in cui veniva insegnato a leggere e scrivere in latino, e i primi rudimenti dell’aritmetica. Successivamente era previsto un periodo di tirocinio presso la bottega di un mercante, dove si apprendevano le tecniche del computo commerciale, infine completavano l’istruzione una serie di viaggi effettuati insieme a mercanti esperti.

“Essendosi reso conto dell’utilità e dei vantaggi che me ne sarebbero venuti in seguito, volle che là per un certo tempo stessi a studiare l’abbaco e su esso venissi istruito. Ivi fui introdotto in tale arte da un mirabile insegnamento per mezzo delle nove figure degli Indi. La conoscenza di tale arte molto mi piacque rispetto alle altre.” – Leonardo Fibonacci, Liber Abaci

La scelta del completamento della formazione del giovane mercante nel Maghreb era sicuramente inusuale, ma si rivelò fortunata per il giovane Leonardo e per il destino del sapere matematico e della cultura europea. Nella scuola di Bugia, Leonardo si ritrovò proiettato in un contesto internazionale, e sotto la guida di un maestro arabo, venne a conoscenza del sistema posizionale elaborato dagli Indiani e usato dagli arabi per scrivere i numeri, con i relativi algoritmi per eseguire le operazioni aritmetiche.

Leonardo Fibonacci fu folgorato dalla praticità di un sistema che con sole 9 cifre e un segno chiamato Zephir (lo zero), poteva esprimere qualunque numero in contrapposizione al macchinoso sistema di numerazione romana, il quale imponeva il ricorso estenuante all’abaco a tavoletta anche nelle più semplici operazioni.

Questo sistema, che utilizziamo tutt’oggi, è molto più agevole per l’esecuzione dei calcoli ed è verosimile che avesse attirato l’attenzione dei mercanti italiani che frequentavano i mercati arabi. Fu proprio perché Leonardo imparasse questo metodo di calcolo che il padre lo aveva chiamato a Bugia.

“Successivamente con studio assiduo e impegnandomi in discussioni, giunsi a comprendere quanto di essa si studiava in Egitto, Siria, Bisanzio, Sicilia e Provenza, luoghi che ripetutamente visitai per i miei viaggi commerciali. Per questo considerai l’algoritmo e gli archi di Pitagora quasi un errore in confronto al procedimento degli Indi.” – Leonardo Fibonacci

Il giovane Fibonacci si appassionò alla matematica al punto che durante la terza fase della sua educazione, quella dei viaggi commerciali, ne approfittò per ampliare le sue conoscenze in materia, sia studiando che discutendo le nozioni apprese con i maestri dei vari paesi che visitava.

“Riassunto in breve tale procedimento degli Indi, studiandolo più attentamente e aggiungendovi qualcosa di mia iniziativa e altro ancora apponendovi delle sottigliezze dell’arte geometrica di Euclide, mi sono impegnato a comporre nel modo più chiaro possibile questo libro diviso in 15 capitoli, presentandovi con dimostrazioni quasi tutto quello che ho inserito. E questo perché coloro che sono attirati da questa scienza ne vengano istruiti in modo perfetto, e i popoli latini non se ne trovino esclusi come è stato fino ad oggi.” – Leonardo Fibonacci

Liber Abaci - conservato nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
Liber Abaci – conservato nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze

Dai suoi libri siamo abbastanza informati sulla sua attività scientifica, mentre le informazioni sul lavoro che svolgeva per vivere sono assenti nei documenti. Si può supporre tuttavia che Fibonacci non rimase estraneo alla pratica della mercatura e della navigazione, alle cognizioni di astronomia, geografia, geometria tanto da supporre che esercitasse la mercatura, attività di famiglia per la quale aveva svolto l’apprendistato in gioventù, ma è altrettanto verosimile che dopo il rientro a Pisa si fosse dedicato all’insegnamento, come testimoniato dai suoi allievi e dai ripetuti contatti col fior fiore degli studiosi più eminenti dell’epoca. Nulla esclude infine che esercitasse entrambe le attività. Esempi di mercanti dediti anche all’insegnamento sono infatti attestati nei secoli successivi.

Qualche informazione sull’attività di Leonardo dopo il suo ritorno a Porto Pisano si trova in una delibera del Comune di Pisa, inclusa nelle addizioni del 1241 al Constitutum Pisanum legis et usus del 1233.

Gli ufficiali del Comune dopo essersi compiaciuti degli alti onori derivati alla città dalla fama scientifica del maestro Leonardo Bigollo, e averne lodato l’opera assidua e competente di consulenza prestata nei confronti degli ufficiali comunali, deliberano di attribuirgli un salario annuo di venti lire di denari affinché prosegua in detta attività.

Se gli elementi biografici relativi a Fibonacci sono scarsi, fortunatamente la sua produzione scientifica ci è giunta quasi integralmente: oltre al Liber Abaci, si ricorda il Liber Geometriae, un imponente trattato sulla geometria in lingua latina, dedicato a Giovanni da Palermo, filosofo naturale ed eminente personaggio della corte di Federico II. Il testo fu pubblicato fra il 1220 e il 1221, e il tema è suddiviso in otto distinctiones che trattano il calcolo delle aree delle figure piane, la divisione delle superfici regolari, alcuni problemi di determinazione di altezze e distanze geografiche, l’estrazione delle radici quadrate e cubiche, la determinazione del volume di diversi solidi.

Altra importante opera è il Liber Quadratorum, pubblicato intorno al 1225 e di poco successivo al Liber Geometriae, il quale si apre con un’epistola dedicata a Federico II:

“Quando Maestro Domenico a Pisa mi condusse ai piedi di vostra altezza, principe illustrissimo signore Federico, essendo presente Maestro Giovanni da Palermo, mi propose il problema scritto più sotto appartenente alla geometria non meno che all’aritmetica: trovare un numero quadrato tale che aggiungendogli o togliendogli cinque resti sempre un numero quadrato”. […]” – L. Fibonacci

Nel Liber Quadratorum Fibonacci espone la risoluzione di due quesiti: il primo, postogli dal maestro Giovanni da Palermo, consisteva nel “Calcolare un numero quadrato tale che, aumentato o diminuito di cinque, desse come risultato un numero quadrato.”– N. Ambrosetti[3]

Il secondo problema, fu posto dal maestro Teodoro di Antiochia, e consisteva nel rinvenire tre numeri

“Tali che la loro somma, aggiunta al quadrato del primo, sia un numero quadrato; che questo numero quadrato, aumentato del quadrato del secondo, sia un numero quadrato e che anche quest’ultimo, sommato al quadrato del terzo, dia un quadrato” – AA.VV. [4]

Seguono poi le pubblicazioni del Flos, dell’ Epistula ad Magistrum Teodorum, e altri due trattati che non sono pervenuti ai nostri giorni, ma che troviamo citati in un manoscritto del XV secolo come il Libro di merchaanti detto di minor guisa e il Libro sopra il 10° di Euclide.

L’Opera di Fibonacci e della sua scuola venne portata avanti dai suoi discepoli, tra cui Campano da Novara, cappellano e medico presso Papa Urbano IV (1261-1264), a cui dedicò la Theoria Planetarum ed il Tractato de Sphaera Solida.

Alla scuola di questi due personaggi si formarono i maggiori matematici e geografi dell’Europa del XIII secolo, non estranei alla navigazione e al commercio così come agli studi cosmografici e astronomici.
Sono gli anni delle prime produzioni delle grandi carte nautiche del Mediterraneo, degli astrolabi e della creazione della Toletta de Marteloio, o “Ragion a navigar con tutti i venti”, che, compilati da sapienti nocchieri, attingono a piene mani dalle nozioni di geometria e trigonometria sviluppate dalla scuola di Fibonacci.

Statua di Fibonacci - Pisa
Statua di Fibonacci – Pisa

Poco si sa sulle successive vicende biografiche di Leonardo Fibonacci, l’ultimo documento in cui viene citato, databile tra il 1233 e il 1241, fa riferimento all’assegnazione del salario annuo di 20 lire sopra citato, mentre la sua data di morte rimane a noi ignota.

“Considerando l’onore e il profitto della nostra città e dei cittadini, che derivano loro dalla dottrina e dai diligenti servigi del discreto e sapiente maestro Leonardo Bigollo nelle stime e ragioni d’abaco necessarie alla città e ai suoi funzionari, e in altre cose quando occorre, deliberiamo col presente atto che allo stesso Leonardo, per la sua dedizione e scienza e in ricompensa del lavoro che sostiene per studiare e determinare le stime e le ragioni sopraddette, vengano assegnate dal comune e dal tesoro pubblico venti lire a titolo di mercede o salario annuo, oltre ai consueti benefici, e che inoltre lo stesso [Leonardo] serva come al solito il comune pisano e i suoi funzionari nelle pratiche d’abaco”Constitutum pisanum legis et usus, Pisa, Archivio di Stato

 

Note

[1] Fonte.

[2] Traduzione: “Qui inizia il Liber Abaci, scritto da Leonardo Pisano, figlio di Bonacci, nell’anno 1202

[3] N. Ambrosetti, L’eredità arabo-islamica nelle scienze e nelle arti nell’Europa medievale, Milano 2008.

[4] AA.VV, “Per un’edizione critica del Liber Abaci di Leonardo Pisano, detto il Fibonacci”, Napoli 2012

 

 

 

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