Dalle Enneadi secondo Plotino: se tutte le anime siano una sola
“L’Anima, dunque, è una e le molteplici anime si orientano a essa proprio in quanto una, mentre essa stessa a un tempo si concede e non si concede alla molteplicità, nel senso che è capace di trasmettersi a tutte le altre, pur non perdendo la sua unità. […] E così anche il seme è un tutto, eppure da esso derivano parti, le parti in cui per natura è diviso; queste, a loro volta, sono un intero, come lo è quell’originale da cui sono derivate e che non subisce diminuzione.” – Plotino

Plotino (Licopoli, 203/205 – Minturno (o Suio), 270) è considerato l’erede di Platone e padre del neoplatonismo, le informazioni che abbiamo su questo importante filosofo greco provengono dalla Vita di Plotino ad opera dell’allievo Porfirio, inserita come prefazione alle Enneadi.
Porfirio racconta nella biografia: “C’erano anche alcune donne al suo seguito, come Gemina, nella cui casa egli abitava, e come sua figlia Gemina, che aveva lo stesso nome della madre, e come Anficlea, che divenne moglie di Aristone, il figlio di Giamblico,[1] tutte quante assai dedite alla filosofia. Molti uomini e donne di nobili stirpe, in punto di morte, gli portavano i loro figli, maschi e femmine insieme, e glieli affidavano con tutte le loro sostanze, come a un sacro e divino custode. Pertanto, gli si riempiva la casa di ragazzi e ragazze. Tra questi c’era anche Potamone,[2] della cui educazione si dava molta cura e di cui spesso ascoltava i componimenti in versi. Controllava persino i conti che gli portavano i loro tutori e si preoccupava della precisione, sostenendo che fosse necessario mantenere integri i loro beni e le rendite finché non fossero diventati filosofi. E, nonostante si prendesse cura e carico della vita di così tante persone, non allentava mai, quando era sveglio, la tensione verso l’intelligenza. Era mite e sempre disponibile con tutti coloro che, per qualunque ragione, entravano in contatto con lui. Pertanto, nei ventisei anni che trascorse a Roma, avendo risolto molte contese, non si fece mai alcun nemico tra i politici.”
Le Enneadi (in greco antico: Ἐννεάδες, Enneádes) sono composte da sei gruppi di nove trattati ciascuno. Porfirio ordinò i trattati in senso ontologico con lo scopo di tracciare un percorso per il lettore per il raggiungimento del superamento della condizione terrena e, dunque, per giungere alla comprensione della filosofia.
Gli scritti di Plotino hanno ispirato teologi, mistici, cristiani, musulmani, ebrei, gnostici e metafisici pagani.
Dal 9 marzo al 4 maggio abbiamo presentato la prima Enneade con alcuni paragrafi tratti dall’edizione Mondadori del 2012. Abbiamo così attraversato gli argomenti “Che cos’è il vivente e chi è l’uomo”, “Le virtù“, “La dialettica”, “La felicità”, “Se l’essere felice aumenta col tempo”, “Il Bello”, “Il primo bene e tutti gli altri“, “Quali siano e da dove vengono i mali” ed “Il suicidio”.
Dall’8 giugno al 3 agosto abbiamo presentato la seconda Enneade ed i suoi nove trattati: “Il Cielo“, “Il moto celeste“, “Se gli astri hanno un influsso“, “La materia“, “Ciò che è in potenza e ciò che è in atto“, “La sostanza e la qualità”, “La commistione totale“, “La vista, perché le cose lontane appaiono piccole“, “Contro gli gnostici“.
Dal 7 settembre al 2 novembre abbiamo presentato la terza Enneade: “Il Destino”, “La provvidenza I”, “La provvidenza II”, “Il demone che ci ha avuto in sorte”, “Eros”, “L’impassibilità degli esseri incorporei”, “Eternità e tempo”, “La natura, la contemplazione e l’Uno”, “Considerazioni varie”.
Il primo trattato della quarta Enneade è intitolato “La sostanza dell’Anima I”, si estende per soli due paragrafi ed esprime i caratteri essenziali della psiche: l’essere indivisibile e divisibile al contempo ed il suo esser uno e molteplice. Il secondo trattato è intitolato “La sostanza dell’Anima II” ed è il ventunesimo in ordine di scrittura del sommo Plotino e ha lo scopo di precisare in che senso l’Anima indivisibile diventa divisibile. Il terzo è intitolato “Questioni sull’Anima I” ed è il ventisettesimo nell’ordine temporale che inizia con una sferrata critica agli Stoici i quali sostenevano l’omogeneità dell’Anima e la sua partizione, dunque un problema che riprende l’unicità e la molteplicità; per poi proseguire con varie tematiche quali il concetto delle vite precedenti. Il quarto trattato prosegue il precedente e ha come titolo “Questioni sull’Anima II” ed è il ventottesimo scritto da Plotino, ma a differenza del terzo prende in considerazione anche temi complementari e marginali; è il trattato più lungo presente nelle Enneadi con i suoi quarantacinque capitoli. “Questioni sull’Anima III” è il quinto trattato della quarta Enneade ed è il ventinovesimo scritto da Plotino, in cui si discute del problema della vista e della luce, e dunque per analogia dell’udito e del suono. Il sesto trattato “La sensazione e la memoria” è il quarantunesimo scritto da Plotino, nel quale riprende il discorso sulla sensazione e sulla memoria. “L’immortalità dell’Anima” è il settimo trattato della quarta Enneade, ragiona sull’Anima cercando di confutare le tesi dei materialisti, in particolare degli Epicurei e degli Stoici, e le tesi di Aristotele e dei Peripatetici riguardo la concezione dell’entelechia. L’ottavo trattato è denominato “La discesa dell’Anima nei corpi” ed è il sesto scritto in ordine cronologico. Il tema affrontato è quello della discesa dell’Anima e del rapporto tra il mondo sensibile e quello intelligibile e l’incipit del ragionamento parte dell’unico riferimento alla vita privata del filosofo, Eraclito ed Empedocle.
Il nono ed ultimo trattato della quarta Enneade è “Se tutte le anime siano una sola” ed è l’ottavo scritto in ordine cronologico. Plotino riprende il concetto di unicità e molteplicità dell’Anima ed è nell’ottica del paradigma metafisico henologico che si comprende il nesso strutturale dinamico-relazionale dell’Uno con i Molti.
Da un’unica Anima derivano le anime particolari fra loro differenti: alcune migliori ed altre peggiori, alcune intelligenti e altre meno intelligenti; differenti specie di un unico genere che portano in atto nei particolari tutto ciò che l’Anima prima contiene in potenza in generale.
“E così anche il seme è un tutto, eppure da esso derivano parti, le parti in cui per natura è diviso; queste, a loro volta, sono un intero, come lo è quell’originale da cui sono derivate e che non subisce diminuzione.”
Di seguito sono riportati il primo ed il quarto paragrafo dei cinque complessivi del trattato, dunque, si invita all’acquisto del volume riportato in bibliografia per potersi dissetare pienamente.
Enneade IV, 9, 1

Noi sosteniamo che l’Anima individuale costituisce un’unità, per il fatto che è integralmente presente in ogni punto del corpo: in questo modo è unitaria, perché non ne occupa ora una parte ora un’altra. Del resto, ciò vale anche per l’Anima sensitiva negli esseri capaci di sensazione, e perfino nelle piante l’Anima è tutta in ciascuna parte.
Diremo, allora, che anche la mia Anima e la tua, o addirittura tutte le anime, sono unitarie?
E non è forse vero che anche nell’universo l’Anima è in ogni luogo una, e si mantiene dappertutto identica senza frantumarsi nella massa corporea? Oppure per quale ragione l’Anima del tutto non dovrebbe essere una, e la mia sì, quando lassù non si trova alcuna massa né corpo?
Pertanto, se la mia e la tua Anima provengono da quella del tutto, e questa è una, pure le nostre saranno tali. E se l’Anima del tutto e la mia derivano da un’unica Anima, anche per tale ragione tutte le anime costituiscono una sola Anima.
Ma com’è, infine, questa unica Anima?
Prima bisogna chiarire se è giusto intendere che tutte le anime sono un’unica Anima, come quella di ciascun individuo. Certo, è assurdo affermare che la mia Anima e quella di un qualsiasi altro uomo facciano tutt’uno, perché in tal caso quando io avessi una sensazione anche l’altro dovrebbe averla, e quando io fossi buono, o al contrario in balìa del desiderio,[3] anche l’altro sarebbe costretto ad esserlo.
Insomma, saremo obbligati a provare le stesse sensazioni che hanno gli altri uomini o che ha l’universo, al punto che al mio patire l’universo dovrebbe anch’esso patire. Inoltre, se si ammette l’unità dell’Anima, come si spiega che una è dotata di ragione e un’altra no, che questa si trova negli animali e quella nei vegetali?[4] D’altra parte, è pur vero che se non ci attenessimo a quella nostra posizione, il tutto perderebbe la sua unità, e l’Anima smarrirebbe la sua origine unitaria.
Enneade IV, 9, 4
Tutto ciò andava detto per scongiurare lo stupore dinnanzi al nostro sforzo di ricondurre l’Anima a unità. Ma il problema rimane: in che maniera l’Anima è una?
Forse tutte le anime sono una perché provengono da una sola, o sono una nel senso letterale del termine? E se vengono da una sola, questa si suddivide in parti o rimane integra, pur producendo da sé le anime molteplici? E come può una sostanza mantenersi identica nel produrre da sé molte altre sostanze?
Chiamiamo Dio in aiuto,[5] nel momento in cui affermiamo che, se ci sono molte anime, all’origine deve esisterne una sola da cui le molte derivano.
Ora, se questa fosse un corpo, le anime molteplici dovrebbero generarsi per via di partizione e l’una sarebbe assolutamente una sostanza e l’altra pure. In tal caso, siccome l’Anima risulterebbe costituita da parti identiche, tutte sarebbero uguali, portatrici di un’unica e medesima forma di carattere universale, distinguibili solo per le masse corporee che informano.
Tuttavia, a questo punto, o la loro natura di anime dipende dalle masse che fanno da sostrato, e allora le anime si differenzierebbero l’una dall’altra, oppure dipende dalla loro forma, e allora esse sarebbero, quanto al genere, una sola.
Ma tale alternativa porta a dire che c’è un’Anima unica e identica in molti corpi, e che prima di questa Anima una in molti ne esiste un’altra che non è in molti e da cui deriva quella che è una in molti, come un’immagine più volte ripetuta dell’Anima che è una in uno, quasi che da un solo sigillo venissero molti pezzi di cera foggiati da un’unica impronta.
Nel primo caso – nel caso cioè che si divida in parti – l’unica Anima si disperderebbe in molte, nel secondo caso – quando cioè rimane integra –, invece, sarebbe incorporea.
E se pure l’Anima si riducesse ad un’affezione, non ci sarebbe niente di strano se fosse una sola qualità immanente in molti esseri, ma derivata da uno solo. E, addirittura, non ci sarebbe da meravigliarsi neppure se fosse un composto. Noi, però, assumiamo che sia un essere incorporeo e una sostanza.[6]
Note
[1] Porfirio sembra si riferisca al suo discepolo Giamblico di Calcide (245-325 d.C.) che fonderà una sua scuola neoplatonica ad Alessandria secondo Giovanni Reale, mentre più fonti parlano di una scuola neoplatonica ad Apamea, nella provincia romana della Siria. Giamblico si allontanò dall’insegnamento di Porfirio sostenendo che la conversione dell’anima verso le realtà superiori necessitava della pratica di rituali magici-religiosi che permettono la comunicazione con demoni, dei corporei e dei immateriali (teurgia, in greco antico: θεουργία, termine ritrovato per la prima volta nell’opera Oracoli caldaici di Giuliano il Teurgo (II secolo d.C.)). Plotino e Porfirio, invece, ritenevano che fosse possibile la conversione dell’anima verso le realtà superiori attraverso la dialettica e l’indagine filosofica. Delle due posizioni entrambe possono essere prese come esempio a seconda della propensione dell’Anima, ci sono Anima che hanno la possibilità gettandosi nel grande abisso e ci sono Anime che si convertono con la dialettica, la via secca, breve e pericoloso di contro alla via umida, lunga e sicura.
[2] Nulla si sa di Potamone.
[3] Si sottolinea la differenza tra “essere buono” ed “essere in balìa del desiderio” inteso dunque come lasciarsi dominare dalle passioni.
[4] Si noti come qui si congiunga la tripartizione dell’Anima di Platone e quella di Aristotele.
[5] Invocazione a Dio così come Platone nel Timeo dove si dice che tutti, quando si accingono a compiere qualche azione, invocano Dio; e questa invocazione è tanto più necessaria nell’affrontare il grande problema del cosmo.
[6] L’Anima è una sostanza unitaria incorporea della quale le anime particolari sono immagini che rispecchiano l’intero.
Info
Rubrica Dalle Enneadi secondo Plotino
Bibliografia
“Enneadi” di Plotino, Arnoldo Mondadori Edizioni, 2012. Traduzione di Roberto Radice. Saggio introduttivo, prefazioni e note di commento di Giovanni Reale.
4 pensieri su “Dalle Enneadi secondo Plotino: se tutte le anime siano una sola”