“Palestine from my eyes. Una blogger a Gaza” di Shahd Abusalama: dalla pulizia etnica della nakba al campo profughi
“Iniziai a disegnare la Palestina dai miei occhi, assediata dal filo spinato, i polsi ammanettati, i bambini dei campi profughi che tenevano la chiave del ritorno e gli occhi pieni di lacrime ma con la speranza della pace”.
Chi parla è Shahd Abusalama, giovane palestinese che fin da piccola è riuscita a esprimere attraverso i disegni e la scrittura le forti emozioni che contraddistinguono la sua esistenza di profuga.
Originaria del villaggio di Beit Jirjia, dove i suoi nonni subirono la pulizia etnica della “nakba” del 1948 ad opera degli occupanti israeliani, Shahd nasce e cresce nel campo profughi di Jabalia nella striscia di Gaza.
I suoi occhi di bambina registrano le sofferenze, le enormi difficoltà, le ingiustizie patite in una situazione di assoluta precarietà fisica e psicologica, come è la vita nei campi profughi. Crescendo Shahd ha continuato a testimoniare attraverso gli strumenti che più le sono congeniali, ovvero il disegno e la scrittura, la tragedia del suo popolo relativamente al quale sostiene che la “nakba” in realtà non si è fermata al 1948, ma continua, va avanti, pulizia etnica e colonizzazioni feroci non si sono mai fermate.
“In Palestina il sapore della vita è più amaro. In Palestina puoi vedere persone vive ma morte dentro. Portano il loro dolore e continuano a sfidare la propria sofferenza”.
Il libro nel quale la Abusalama riporta la sua testimonianza di vita, “Palestine from my eyes. Una blogger a Gaza”, edito in Italia da Lorusso Edizioni, è la trasposizione cartacea di un blog che l’autrice cura da diversi anni e nel quale racconta, più o meno in diretta, la sua vita quotidiana, le sfide che ogni giorno i profughi sono costretti a raccogliere per andare avanti e resistere, le sofferenze, i soprusi e le violenze vere e proprie alle quali sono sottoposti dagli occupanti israeliani.
Il volume è diviso in capitoli che vanno dal rapporto dell’autrice con la sua famiglia alla vita nella striscia di Gaza.
“Essere palestinesi significa che abbiamo forza nonostante l’ingiustizia, speranza nonostante la miseria, e sorrisi nonostante le sofferenze”. E ancora “Camminando per Gaza vedo un mare di scene tristi, che potranno essere spazzate via solo quando la Palestina sarà libera. Ma non lascerò mai la speranza di camminare un giorno per Gaza e guardare la gente negli occhi, vedendoli scintillare di felicità, anziché solcati da lacrime”.
Il sentimento della speranza pervade i racconti di Shahd, la sua giovinezza non le permette di rassegnarsi al presente che è costretta a vivere, ma sogna e spera in una Palestina libera, nella quale il suo popolo potrà finalmente vivere nella piena autodeterminazione.
Giorno dopo giorno, l’autrice si rende testimone degli eventi che coinvolgono la sua comunità, racconta esperienze vissute in prima persona oppure raccontate da parenti, amici e conoscenti. Ci porta di fronte alle tragedie dei martiri, dei prigionieri, torturati e seviziati. Non ci risparmia il dolore delle madri che vedono morire i propri figli o che ne perdono le tracce, dispersi nei meandri di un sistema carcerario che non lascia speranza.
Un intero capitolo è dedicato a Vittorio Arrigoni, detto Vik, attivista, giornalista e scrittore italiano, che ha pagato con la vita la sua passione per la causa palestinese. È stato ucciso a Gaza nel 2011.
“Mio caro Vik, voglio che tu sappia che tu ci hai lasciato solo col corpo ma che la tua anima vivrà per sempre. Voglio che tu sappia che tutti quelli che credono in te e nella causa palestinese continueranno il tuo cammino. Voglio che tu sappia che sei il nostro eroe: tu hai definito l’umanità per noi perché tu sei l’umanità. Restiamo umani, come eri tu in ogni tuo passo. Vittorio, tu sei il vincitore, tu sei il sognatore che non molla mai, riposa in pace amico mio”.
Un libro duro, come lo sono tutti i libri che raccontano la Palestina, una terra dilaniata da un odio insensato e feroce, dove l’uomo mette in scena ancora e ancora una tragedia che dopo la Seconda guerra mondiale si sperava definitivamente archiviata.
Shahd Abusalama ce la fa vivere con intensità, in un racconto accorato, appassionato, viscerale, come può esserlo solo il racconto della vita vissuta. E ce lo fa anche vedere attraverso i numerosi disegni che corredano le storie narrate e che trasudano tutta la sofferenza, ma anche la speranza, del popolo palestinese.
Written by Beatrice Tauro