“Come diventai monaca” di César Aira: quando il gelato alla fragola può rovinare la vita
“Mio padre non attese nemmeno un paio di giorni per mantenere una promessa che mi aveva fatto: portarmi a mangiare un gelato. Sarebbe stato il primo per me, dato che a Pringles non esistevano. Lui, che in gioventù aveva conosciuto molte città, mi aveva fatto più di una volta l’elogio di quella leccornia, che ricordava deliziosa e tipica dei giorni di festa anche se non riusciva a spiegarne la bontà a parole. Me lo aveva descritto, molto correttamente, come qualcosa di inimmaginabile per il non iniziato, e tanto era bastato perché il gelato mettesse radici nella mia mente infantile e vi crescesse fino ad assumere le dimensioni di un mito.”

Nessun scrittore argentino ha mai vinto il Nobel per la letteratura ma da anni ormai si vocifera che lui sia tra i favoriti. César Aira, classe 1949, è uno dei più importanti autori latinoamericani contemporanei, ha pubblicato più di 120 libri, tradotto autori come Franz Kafka, Jane Austen, Stephen King e scrive regolarmente per «El País».
La sua scrittura è davvero particolare, saltella tra ironia, realtà, invenzione, orrore, commozione, ilarità.
“Come diventai monaca” (Fazi Editore, maggio 2018, traduzione di Raul Schenardi) è la sua autobiografia (leggendo capirete che realtà e fiction si trovano in bilico tra di loro) tra i sei e sette anni di età, un periodo breve ma molto intenso.
Tutto comincia con quel padre che ha creato il mito del gelato. Lei (César Aira è un uomo ma utilizza il genere femminile nel racconto) non ne ha mai assaggiato uno e quando vanno a vivere in città è la prima, o quasi, esperienza che il padre le fa vivere.
La bambina sceglie la fragola come gusto ma quando porta il cucchiaino alla gola si rende conto che le fa letteralmente schifo. Il padre non capisce e si arrabbia con la figlia e quando lo assaggia anche lui si rende conto che è avariato e perciò realmente disgustoso.
Preso da un raptus va a chiedere spiegazioni al gelataio che minimizza la situazione, lo affoga nel gelato alla fragola e viene arrestato. La figlia viene invece ricoverata a causa dell’intossicazione e per questo comincerà la scuola in ritardo.
Non sa leggere, né scrivere e affida ogni sua sensazione ed esperienza alla fantasia. Per mesi vive in mondi incredibili e dolorosi al tempo stesso. Fino a quando un giorno incontra una signora, un’amica della madre dice lei… Un colpo di scena inaspettato che sorprende il lettore!
L’originalità del breve romanzo è ciò che colpisce immediatamente e dopo la parte iniziale con protagonista il terribile gelato alla fragola ci si ritrova in una sorta di limbo, una via di mezzo tra un sogno e un incubo.
L’ambientazione è la mente di César, un bambino piccolo che non comprende appieno cosa gli sia accaduto e non comprende il mondo della scuola fatto di bambini che scrivono e dicono cose per lei incomprensibili.

E poi c’è la madre, anche lei in un mondo tutto suo, con un marito in galera che non può più aiutarla economicamente e una figlia che quando capita le fa fare figuracce con i suoi stravaganti capricci.
“Non si poteva fargliene una colpa, erano donne povere, ignoranti, casalinghe in disgrazia. I figli, nove volte su dieci, si erano ammalati per colpa delle madri… Non si poteva impedire loro di sognare… credevano di sapere, e sapevano realmente, come doveva essere una brava infermiera. Il loro errore consisteva nel fare un passo in più e pensare che quelle qualità potessero trovarsi riunite in una donna…”
Una lettura piacevole, inusuale, uno stile personale e riconoscibile, una storia ai limiti del grottesco dalle sfumature comiche.
Written by Rebecca Mais