“Bella mia” di Donatella Di Pietrantonio: l’elaborazione di una tragedia privata e collettiva
“Apro le tende. Il tempo che ho voluto perdere è già ieri. In uno ieri più vecchio ho aiutato mia madre a lavarla, vestirla. All’inizio c’era qualcun altro con noi nello stanzone gelido, una figura indistinta sullo sfondo, sul bianco della parete, di sicuro una donna, non so chi. Poi deve essere uscita, ci ha lasciate sole quando ha capito che avevamo trovato la forza, sul momento, per quello che andava fatto”.
Ci sono libri che ti entrano nell’anima, si aggrappano alla tua esistenza e chiedono asilo alle tue emozioni, perché raccontano storie che in un modo o nell’altro ti appartengono, sono una parte del tuo essere nel mondo. “Bella mia” di Donatella Di Pietrantonio, Elliot Edizioni, per me è stato uno di questi libri.
La storia drammatica di un vissuto spezzato dal terribile terremoto appare come un pretesto per indagare emozioni e stati d’animo dei personaggi.
Le loro paure ma anche le loro speranze diventano i fili sottili di una trama che pagina dopo pagina acquista uno spessore via via crescente, tanto da diventare una calda trapunta sotto cui accoccolarsi per sfuggire all’orrore e rigenerarsi nell’amore.
“Potevamo scambiarci la morte, come ci siamo sempre scambiate i vestiti, i libri, le occasioni. La sua vita sarebbe stata più utile, avrebbe cresciuto il ragazzo. Gli avrebbe curato l’acne e la fatica di diventare adulto”.
Il rapporto simbiotico delle due sorelle gemelle, Caterina e Olivia, viene brutalmente distrutto, insieme a molto altro, da quell’onda sismica che travolse alle 3.32 del 6 aprile 2009 le vite e i sogni di una intera comunità.
Quel terremoto, che in parte ha toccato anche me, è una ferita ancora aperta per chi vive o frequenta quei luoghi. Le zone rosse, le transenne e le imponenti gru di una ricostruzione infinita sono lì a ricordarcelo, ogni singolo giorno.
Così come ogni singolo giorno diventa una nuova sfida per Caterina, sorella superstite, che si trova a dover gestire una maternità surrogata alla sorella morta, prendendosi cura del figlio Marco, adolescente indomito, arrabbiato col mondo per il torto subito. Non perdona a nessuno la morte della madre, schiacciata da una trave nella loro abitazione nel centro storico de L’Aquila.
Non si perdona per l’incapacità di stabilire un rapporto costruttivo con il padre, anche lui colpevole di abbandono. E non perdona la zia Caterina, che non riesce a vestire i panni della madre, anzi intimamente li rifugge sottolineando la sua innata mancanza di spirito materno.
“Non è mio figlio. Marco e io non ci apparteniamo. E se una gemella doveva morire, non ho voluto essere io la superstite. La lotteria del terremoto ha estratto a caso e li ha spaiati, Olivia e la sua creatura. Ha salvato me, e a volte ho nostalgia della fine che mi è stata negata. Non sono madre, lui non è frutto di questo ventre magro. È un altro, nato da un’altra quasi uguale a me. Io non lo amo, spesso non lo amo, quando rientro a casa e annuso la sua presenza sento subito un disagio nello stomaco e poi cado sotto gli spari dei suoi occhi. Mi spaventa, come l’enormità del mio compito. Dovrei essergli mamma di scorta. Invece sono ancora la supplente di prima nomina incapace di affrontare la classe turbolenta”.
Nello scorrere delle pagine l’autrice scandaglia molteplici aspetti dell’umano cammino di vita. È un libro nel quale si indaga il rapporto di sorellanza, ma anche quello fra madre e figlia. Caterina, dopo la morte di Olivia, mette a nudo tutta la sua celata gelosia nei confronti della madre. Una madre che ha visto sempre troppo legata a quella sorella che fin da bambina aveva catalizzato gli affetti e le attenzioni di tutti.
È un libro che indaga la paura dell’ignoto, quando questo poi si manifesta nella forza incontenibile della natura, quel terremoto che toglie le certezze e innesca un sentimento di vulnerabilità che si attacca addosso come una seconda pelle.
È un libro che indaga la capacità di tornare ad amare, a quell’amore che alla fine permette alle pieghe dell’animo di distendersi, come una lucertola al sole, di scaldarsi e di scaldare, in altre parole di tornare a vivere.
Sì, è un libro che ti entra nell’anima e che, prendendoti per mano, ti conduce al cospetto delle tue emozioni più profonde.
Written by Beatrice Tauro
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Sito Elliot Edizioni