“Zeina” di Nawal El Sa’dawi: l’invidia della donna soggiogata nei confronti della donna libera

In fondo all’anima la invidiavo. La vedevo camminare per le strade, alta e forte, muovere con grazia le braccia e le gambe, danzare e cantare liberamente con i bambini di strada, senza una madre pronta a rimproverarla o un padre pronto a schiaffeggiarla”.

Zeina

Quella che sgorga dalle parole di Magida è un’invidia dalla valenza collettiva più che soggettiva. È l’invidia della donna soggiogata nei confronti della donna libera, è l’invidia di chi è costretto a sottostare alle regole della tradizione, per convenienza o viltà, nei confronti di chi invece affronta la vita con coraggio, rinunciando al benessere materiale per non rinunciare alla propria libertà.

È su questo dualismo che si sviluppa la complessa trama di questo romanzo, pubblicato in Italia da Atmosphere Libri, scritto da Nawal El Sa’dawi, famosa scrittrice, psichiatra e giornalista egiziana, portavoce di quel pensiero femminista che vuole liberare le donne arabe dal giogo di un Islam fatto di violenze e sottomissioni.

La sua intera esistenza e le numerose pubblicazioni testimoniano il suo profondo impegno per la lotta contro le discriminazioni, le violenze nei confronti delle donne, battaglie per la parità di genere, per l’affrancamento dalla sottomissione legalizzata dal precetto religioso. Impegno che le è costato anche il carcere e le minacce di morte da parte dei fondamentalisti islamici.

Il romanzo “Zeina” racchiude molti spunti di riflessione ma anche vere e proprie denunce sulla società egiziana che sottomette le donne, siano esse appartenenti ai ceti più abbienti sia quelle delle classi più povere. È la storia di Zeina Bint Zeinat, ragazzina abbandonata dalla madre fin dalla nascita, cresciuta in strada, in mezzo ai gatti randagi e agli altri bambini abbandonati come lei.

Zeina non ha paura di niente e di nessuno, non si lascia sottomettere e si ribella a tutti coloro che in qualche modo intendono privarla della sua libertà.

La sua grande passione è la musica, che coltiva grazie all’impegno della sua insegnante che le fa lezioni gratuite in casa sua e che ne farà una grande artista apprezzata in tutto il paese.

Ma nonostante il talento Zeina resta sempre la bastarda, la figlia della fornicazione, e in quanto tale ne pagherà pesanti conseguenze.

Speculare alla storia di Zeina vi è poi quella di Magida, sua compagna di classe, appartenente ad una ricca e importante famiglia dell’alta borghesia cairota, padre scrittore e madre professoressa universitaria.

Una famiglia all’apparenza perfetta, ma al cui interno proliferano l’odio e l’insofferenza reciproca fra i due genitori. Il clima familiare porterà Magida ad accettare passivamente la vita preconfezionata che suo padre ha già pensato per lei: diventerà una affermata giornalista, pur odiando la scrittura, ricoprendo un ruolo comprato appositamente per lei.

Non avrà mai la forza di ribellarsi a questo mondo che diventa una prigione dorata, dalla quale scappa grazie solo a massicce dosi di psicofarmaci.

La benestante società egiziana che ci racconta la El Sa’dawi è intrisa di corruzione, prevaricazioni, violenze psicologiche e fisiche perpetrate soprattutto nei confronti delle donne, dei bambini, dei poveri. Molte di tali violenze sono compiute nel nome di un permesso religioso che assicura agli uomini la totale impunità.

Nawal El Sa’dawi

Il sesso violento quale arma di sottomissione di infedeli o di chi vale meno di niente “La pulizia deriva dalla fede, la sporcizia deriva dalle donne” era solito ricordare il nonno di Magida a suo figlio Zakariyya, illustre scrittore. E quest’ultimo, interpretando alla lettera tale raccomandazione, dispensa violenze a destra e a manca, tradisce la moglie ripetutamente e più la preda si ribella più trova godimento e piacere.

Un uomo non ha niente nel corpo che indichi la verginità, non attende l’età del ciclo mestruale né quella della menopausa che precede la vecchiaia, non deve sopportare le gravidanze e i parti, non è oppresso dal peso della casa, dei figli e dall’onere di preservare la reputazione. Niente infanga la fama di un uomo se non le tasche vuote, anche se frequenta le ragazze di vita dei bordelli”.

In questo passaggio, riflessione di Budur, madre di Magida e personaggio emblematico del romanzo, è racchiusa l’immensa frustrazione femminile in una società profondamente maschilista, dove la supremazia dell’uomo sulla donna si manifesta innanzitutto e soprattutto nell’assoluta mancanza di rispetto nei suoi confronti.

Donne come oggetti di godimento, da consumare a piacimento.

Donne serve in casa, donne prive di soggettivismo e quindi fantasmi.

È così che si sente Budur, nonostante la sua affermata carriera universitaria e l’agiata vita a fianco dell’odiato marito. Budur che conserva gelosamente nel petto un segreto indicibile, che lega la sua vita a quella di Zeina e che porta, quasi inspiegabilmente, ad attirare l’una verso l’altra Magida e Zeina. Budur che scrive il romanzo della sua vita, parlando attraverso la voce di Badriyya, il suo alter ego d’inchiostro.

Budur, la libertà si paga cara. La scrittura è irrealizzabile senza la libertà. Spezza le tue catene Budur, esci dalla tua prigione, allunga la mano per cogliere il frutto proibito. Se ne mangiassi non moriresti. La conoscenza fa vivere, non morire. Vivresti in eterno”.

Un libro in cui la narrazione immaginaria del romanzo si intreccia con le riflessioni su aspetti sociologici, religiosi, politici di una società profondamente segnata dalla discriminazione nei confronti delle donne.

L’autrice ha utilizzato lo strumento del romanzo per comunicare ancora una volta le proprie idee e il proprio impegno nella lotta per la liberazione delle donne da un giogo che ne strangola l’essenza stessa, lo spirito, l’anima.

 

Written by Beatrice Tauro

 

 

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