“41”, album di Jurenito: una contemporanea Summer Of Love

41“, un album autoprodotto che lascia sorpresi dalla prima traccia. Jurenito, il nome può distrarre, fare pensare ad un tormentone estivo latino americano, ma i riferimenti sono altri, e guarda più alla California della Summer Of Love, rivisto tutto in chiave contemporanea con notevole stile e creatività.

41 – Jurenito

L’album è stato realizzato da Umberto Bellodi, polistrumentista che si alterna a voce, chitarre acustiche ed elettriche, banjo a sei corde, lapsteel, Weissenborn, basso, tastiere, ritmi e programming.

L’unica collaborazione è quella di Valentina Zanzi, video artista che collabora con Bellodi dal 2010 e con cui ha dato vita a diverse video installazioni.

Fin dalla prima traccia “Dogs Around”, è facile capire che ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso dal solito, dalle qualità rare e preziose. Una sorta di epopea hippie in chiave contemporanea, dove la tecnologia e l’elettronica sono però sempre al servizio della canzone, con un cantato e delle armonizzazioni che richiamano alla mente il migliore David Crosby.

Un album che è nato e partorito in Italia ma che potrebbe provenire direttamente da Laurel Canyon o da qualche remota località desertica ai confini con il Messico e questa traccia iniziale mostra già la personalità eclettica dell’autore, che non lascia nulla al caso.

Il mixaggio è morbido e non compresso, come se fosse stato creato direttamente per essere trasposto su vinile, ed è come una boccata d’aria fresca, si sente il respiro di ogni singolo strumento, le singole sfumature e la dinamica.

Certo, paragonato ad un disco di Neil Young, le differenze si sentono ma è una cosa che con un semplice mastering analogico di qualità può essere risolta e può portare questo album ad un livello superiore.

Umberto Bellodi è sempre presente, sia come vocalist sia come chitarrista dove mostra una propensione alle parti soliste che potrebbe essere migliorata e forse, questo indugiare, è un altro limite nei brani in cui la chitarra è protagonista perché, comprensibilmente, è un po’ difficile fare una jam alla Grateful Dead quando si è da soli a suonare.

Jurenito

“Posto 7” ci mostra invece il lato acustico del progetto, con chitarre slide, armonie vocali a cui ormai ci siamo abituati, mentre “Mockin’” con tanto di banjo è un viaggio nella tradizione americana, un brano alla Townes Van Zandt che non sarebbe stonato nella colonna sonora di “O Brother, Where Art Thou?”.

“A Song For David” potrebbe essere il prologo per sviluppi interessanti, dove voci filtrate e robotizzate affrontano melodie quasi R&B, con accompagnamento ritmico minimale ed una chitarra acustica, secondo una linea tracciata da cantautori come Bon Iver nell’ultimo lavoro.

“Daylord”, brano diviso in due parti, chiude l’album lasciando un giudizio positivo.

Non ci resta che sperare che questo lavoro non rimanga solo confinato al web, ma possa avere anche altri sviluppi, magari con un’uscita in vinile o con dei concerti.

 

Written by Luca Dainese

 

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