Bufale Mont’e Prama in Sardegna: debunking sulle statue di Cabras

Dopo la connessione Sardegna – Atlantide è sicuramente il sito di Mont’e Prama quello che accende le discussioni più vivaci dell’ambiente culturale della Sardegna.

Mont’e Prama – Statue – Museo Archeologico Cagliari

Intorno a quei 5178 frammenti sono fioccate teorie, leggende, elucubrazioni più o meno plausibili fino alle vere e proprie leggende; in questo articolo ci concentreremo sulle più gettonate, per poi cedere la parola ad un archeologo che queste statue le conosce molto bene, che ha risposto ai quesiti più ricorrenti sulle stesse e sul loro mondo.

La bufala più gettonata riguardo le statue di Cabras è certamente quella secondo cui sarebbero state volontariamente occultate nei magazzini per decenni prima di essere valorizzate. Non è dato sapere chi e per quale ragione possa aver imposto tale disposizione, garantita oltretutto dalla totale omertà di un discreto numero di persone coinvolte nella scoperta e nel recupero dei frammenti.

Nel mondo del debunking ci sono delle domande standard che garantiscono sempre un notevole effetto, una di queste recita testuale: “Cosa accadrebbe se fosse vero?”.

In tal caso sarebbe stato lecito pretendere ed ottenere la rimozione dei responsabili, magari segnalando tale anomalia al MIBACT. Ma (complottisticamente parlando) sarebbe stato ovviamente inutile visto che il Ministero viene ritenuto non complice ma promotore di tale oscurantismo, in combutta con Sovrintendenze e Università.

Ulteriore opzione, una semplice denuncia alle forze dell’ordine, dietro alla quale si sarebbe mossa la magistratura ordinaria, ma non risulta sia stata interpellata, al contrario di quella social.

Per fortuna però abbiamo mezzi molto più semplici per spiegare tale fandonia, visto che nel 1977 e nel 1982 un certo Giovanni Lilliu diede alle stampe due volumi piuttosto noti nell’ambiente, “Dal betilo aniconico alla statuaria nuragica” e “La Civiltà Nuragica”, che riportavano in copertina immagini delle teste di guerrieri rinvenute a Mont’e Prama. A questi dobbiamo aggiungere il volume di Carlo Tronchetti “I Sardi”, pubblicato nel 1988.

All’interno del secondo titolo, oltretutto, campeggiano le foto di altri frammenti, due teste ed un busto, riprese quando erano dolosamente occultate nelle sale del vecchio museo archeologico di Cagliari. Consigliabile osservale le copertine dei sopracitati volumi, semmai lo sforzo di consultarli risultasse troppo oneroso (satira).

Nessun complotto dunque, solo assenza dei fondi necessari ad esaminare, ricomporre e musealizzare i 5178 frammenti più discussi degli ultimi 40 anni.

Mont’e Prama

Un altro degli argomenti più discussi riguarda la datazione delle statue, il risalire con minore approssimazione possibile al periodo in cui vennero scolpite. Il metodo più affidabile, conosciuto quasi a tutti è ovviamente il carbonio 14, eseguito sui resti degli inumati della necropoli a cui si presume fossero dedicate le statue.

In seguito all’ultima campagna di scavo del 2015 sono stati sottoposti a datazione al radiocarbonio i resti di otto individui provenienti da altrettante sepolture in ben tre diversi laboratori, Groningen, Caserta e Miami. È risultata una forbice avente il limite più antico al XIV sec. a.C., mentre il più recente risale alla metà dell’VIII secolo.

Datazioni più recenti, fino all’inizio del VII sec. a.C., sono risultate dall’esame dei materiali e del contesto del loro rinvenimento sul sito. Tali dati, essendo frutto di analisi di tipo scientifico, sono sottoposti a verifiche sullo stesso piano scientifico e non sono certo discutibili davanti ad altre opzioni basate su leggende, invenzioni e congetture la cui genesi risale al semplice e a volte controproducente sensazionalismo.

Vi è poi l’uso di ruspe per scavare, una polemica chiusa dall’intervento dei Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio, che nella relazione presentata alla Procura della Repubblica di Oristano segnalano di non aver rilevato alcun reato o negligenza nell’operato degli specialisti impegnati nello scavo di Mont’e Prama.

Gli archeologi responsabili dello scavo segnalarono prontamente che l’uso, non di una ruspa, ma di un mini-escavatore in tal caso, è una pratica normalmente utilizzata per smuovere grandi volumi di terreno di riporto; per dovere di informazione si riporta l’uso di pale meccaniche in contesto archeologico, in questo caso in Egitto, a Il Cairo e a Luxor.

Cediamo ora la parola al Dott. Alessandro Usai, funzionario archeologo della Soprintendenza che attualmente dirige lo studio e la valorizzazione del complesso di Mont’e Prama, perciò la figura più competente in materia. Gli abbiamo sottoposto le domande più ricorrenti sul tema Mont’e Prama.

 

I.C.: Quale relazione esiste tra le statue e gli inumati di Mont’e Prama?

Alessandro Usai – Mont’e Prama

Alessandro Usai: Mi chiedi relazioni archeologiche-stratigrafiche o culturali-ideologiche? Nel primo caso, semplificando, posso dire che senza ombra di dubbio le statue stavano vicinissimo alle tombe, sopra o a fianco, da una parte o dall’altra della fila di tombe; quindi stavano anche vicinissimo agli inumati di quelle tombe (quelle dell’ultima fase monumentale, per intenderci, perché ci sono anche molte tombe un po’ più antiche). Alcuni frammenti delle statue (pezzetti di dita delle mani o di scudi) sono stati trovati anche dentro qualche tomba; probabilmente questo significa che i momenti di deposizione degli inumati e di sistemazione delle statue erano molto vicini e che le azioni si intersecavano, al punto che un piccolo urto tra la statua e il coperchio della tomba (o una leva, o qualche altro strumento) poteva staccare qualche parte sporgente. Nel secondo caso, dobbiamo supporre un legame culturale stretto, di gruppo, non individuale. Sembra impossibile pensare che le statue volessero ritrarre singolarmente i defunti (e i modelli di nuraghe, allora, ritrarrebbero determinati nuraghi?). Quindi preferisco pensare che le statue fossero genericamente immagini di giovani uomini abili e coraggiosi, vestiti e armati come quelli sepolti nelle tombe e come quelli che si recavano a onorarli, quindi generiche rappresentazioni di un gruppo sociale scelto (scelto per portare quelle armi, scelto per essere sepolto in una necropoli esclusiva, scelto per essere rappresentato in statue di pietra di grandi dimensioni); rappresentazioni rese come immagini del presente ma forse anche proiettate nel passato, come sembrano dire i modelli di nuraghi e i betili, cioè per esaltare la stirpe e la discendenza dei grandi costruttori, e poiché la stirpe si associa sempre a mitici eroici capostipiti, si può pensare anche a qualcosa del genere. Anche la necropoli di tombe individuali è lo specchio della società evoluta del tempo nuovo, ma richiama il tempo antico degli antenati, quelli che avevano costruito i nuraghi. Nella lunga fila delle tombe individuali, i vivi ricordavano i loro morti, anch’essi giovani uomini abili e coraggiosi, in un legame di sangue e di cultura che univa le generazioni. I morti nelle loro piccole tombe si identificavano con gli antenati, diventando eroi nel loro ricordo. Insomma, il significato sembra essere quello dell’espressione di un’identità sociale e culturale dentro il mondo nuragico (cioè per esaltare una parte di quel mondo nei confronti di altre), non dei nuragici di fronte a stranieri; infatti Mont’e Prama non sta di fronte al mare ma al centro del Sinis, sulla strada che dal cantone nuragico di Cabras va verso il cantone nuragico di San Vero Milis, e già questo sembra rivelare tensioni e frizioni tra le società nuragiche del Sinis.

 

I.C.: Chi scolpì le statue?

Alessandro Usai: Colleghi archeologi di formazione classicista e orientalista hanno messo in evidenza elementi che secondo loro farebbero ipotizzare scultori orientali che abbiano rappresentato personaggi reali locali. Altri colleghi di formazione protostorica mettono in evidenza la millenaria tradizione prenuragica e nuragica di lavorazione della pietra e considerano illusori e ingannevoli quei presunti elementi orientali. Io sono tra i secondi.

 

I.C.: Chi o che cosa le ha portate alla distruzione?

Alessandro Usai: Fin dall’inizio, Carlo Tronchetti ha proposto tre possibili attori della distruzione: 1) altri nuragici; 2) i fenici (cioè i primi arrivati orientali che si incontrano-scontrano con gli ultimi nuragici, o meglio coi discendenti dei nuragici che cominciavano a perdere la tradizionale identità culturale); 3) i Cartaginesi (cioè i fenici di Cartagine diventati dominatori, che prendono possesso delle città e delle campagne popolate da gente di sangue e cultura sardo-fenicia). La prima ipotesi è stata sempre trascurata, perché sembra sacrilega agli occhi di un sardo intriso di romanticismo nazionalista, per cui popoli e culture sono blocchi monolitici in lotta tra loro ma non al loro interno. La terza è stata sempre preferita, perché agli occhi dello stesso sardo sembra l’ennesima dimostrazione della violenza dei conquistatori stranieri, e anche la seconda in subordine ottiene lo stesso scopo. Però la storia non ha solo due o tre fotogrammi, né due o tre attori o altrettanti significati. I fotogrammi, cioè i momenti, i fatti e le azioni concrete possono essere moltissimi e per interpretare la storia bisogna esaminare tutte le possibilità entro un quadro logico e verosimile, concreto e non teorico, soprattutto non condizionato da pregiudizi romantici e nazionalistici. Io osservo che le statue sono molto fragili e facilmente sbilanciabili; penso che non potessero restare in piedi a lungo, perciò credo che siano cadute da sole dopo qualche tempo; però non escludo un’azione violenta da parte di altri nuragici. In ogni caso mi sembra probabile che fenici e cartaginesi abbiano visto solo pietre rotte; possono aver continuato a romperle, ma che abbiano avuto l’intenzione di distruggere l’eredità culturale nuragica, dopo tanti secoli, è tutto da dimostrare. Uno studio documentatissimo appena uscito di Carla Del Vais sostiene che i fenici arrivano a Mont’e Prama circa 100-150 anni dopo l’abbandono dei nuragici, che conoscono il luogo come spazio sepolcrale e che probabilmente mantengono quella funzione e la rispettano. La leggenda dei cattivi fenici e dei cattivissimi punici forse sta per essere ridimensionata. Quel che è certo è che i punici (o meglio sardo-punici?) devono aver finito di ammucchiare confusamente le pietre rotte.

 

I.C.: È vero che ci sono dei caratteri incisi sulle statue?

Alessandro Usai: Che io sappia, no. Ho visto solo qualcosa che sembrano segni di riferimento per far combaciare i pezzi di alcuni modelli di nuraghe compositi.

 

I.C.: Qualcuno parla di falsi… per esempio in un articolo del 2014 su Democraziaoggi.it si accostavano le statue alle Carte d’Arborea, oppure su Sardiniapost.it nel 2015 si riportava il pensiero dell’architetto veneto Franco Laner secondo il quale la testa del pugilatore pareva contraffatta sostenendo: “È troppo perfetta: gli occhi, la bocca, le orecchie così precisi, e poi è molto espressiva. Quella testa non è originale”.

Statua Mont’e Prama – Alessandro Usai

Alessandro Usai: Ma chi può dire che quella testa “è troppo perfetta”? Qual è il parametro di riferimento per la perfezione scultorea nuragica? Abbiamo mai visto una “Dea Madre” del neolitico medio? Abbiamo mai guardato un bronzetto di stile geometrico? Se quella testa fosse “meno perfetta”, sarebbe autentica? E non si è parlato di altre parti “troppo perfette”, come i guantoni decorati dei guerrieri, le corazze, gli schinieri, e così via: tutto falso? Allora siamo tutti falsari: Alessandro Bedini, Carlo Tronchetti, Raimondo Zucca, Paolo Bernardini, io e tutti i nostri collaboratori! E pure quelli che hanno trovato le protomi d’ariete di Oliena e di Nughedu San Nicolò e il grande modello di nuraghe con figurine in rilievo di San Vero Milis! Ma dov’è la fabbrica dei falsi? E perché fabbricare falsi? Non ci sono risposte e nemmeno domande, solo fantasie appese alle nuvole del complottismo a oltranza.

 

I.C.: I modelli di nuraghe: ne abbiamo di bronzo e di arenaria rinvenuti in varie parti della Sardegna. Secondo alcune ipotesi però non si tratterebbe di nuraghe ma di capitelli, lucerne o candelabri… Ha senso tale ipotesi, considerando che alcuni modelli riportano scolpite figure umane e di animali?

Alessandro Usai: I modelli di nuraghe. Ce ne sono grandi, medi, piccoli e piccolissimi; ci sono vasche cerimoniali connesse alla torre del nuraghe e decorate coi finti mensoloni come i nuraghi; ci sono affilatoi in pietra con l’impugnatura fatta in forma di nuraghe; ci sono bottoni, o borchie in bronzo, che a volte portano in cima un minimodellino di nuraghe, oppure una testa d’ariete o un uccellino; ci sono minimodellini di nuraghe sugli alberi e sulle protomi delle navicelle; ci sono nuraghi disegnati in stile geometrico come ornamento simbolico sulle pareti di vasi speciali, forse cerimoniali, le cosiddette anforette piriformi. Ci sono modelli di nuraghe dappertutto. Sembrano proprio un simbolo ubiquitario, e come tale si prestano a comparire in diverso modo e ad assumere diverse funzioni pratiche, in qualche modo sempre associate all’idea del nuraghe, anzi nobilitate da questo riferimento. Quindi un oggetto fatto come un nuraghe può servire per tante cose, ma ciò non toglie che sia fatto come un nuraghe e questo elemento espressivo è determinante. Quindi non meraviglia il cosiddetto doppiere di Tergu, che sembra proprio un candelabro terminante con due modellini di nuraghe. E non meraviglierebbero nemmeno i capitelli in forma di nuraghe, ma qui il problema è semplicemente archeologico: esistono capitelli nella civiltà nuragica? Un capitello ha bisogno di una colonna o di un pilastro di dimensioni adeguate, e anche ammesso che fossero in legno, una colonna o un pilastro hanno bisogno di una base in pietra di dimensioni adeguate, come si vede in molte parti del mondo, per esempio negli arcinoti palazzi minoici e micenei. Ma in Sardegna non se ne conoscono. Strano che nessuno, all’infuori degli archeologi che lavorano sul campo, pensi a queste semplici connessioni funzionali di elementi costruttivi.

 

In conclusione, nessun mistero e nessuna omissione; solo la dimostrazione, l’ennesima, che la scienza è una cosa seria e complessa, ovvero la conoscenza sulla base di dati storici e scientifici, sui quali ci si confronta mettendo da parte complotti, congetture ed invenzioni, questi ultimi elementi cardine della pseudoscienza, ovvero gabbare l’insipiente muovendone “la pancia” piuttosto che la testa, magari saggiandone le tasche nel mentre.

Elementi stra-noti, nell’epoca delle fake-news.

 

Written by Igor Carta

 

Info

Articolo Sardegna-Atlantide

Sito Regione Sardegna ‒ Ruspe per scavare

Sito Corriere ‒ Il Cairo

Sito Quaderni Archeo Beni Culturali ‒ Mont’e Prama 2015

Sito Quaderni Archeo Beni Culturali ‒ Settore Nord-Ovest Mont’e Prama

Sito Espresso ‒ Luxor

Sito DemocraziaOggi ‒ Laner

Sito Sardinia Post ‒ Laner

Sito Pittau ‒ Ballatoi

 

2 pensieri su “Bufale Mont’e Prama in Sardegna: debunking sulle statue di Cabras

  1. Circa le statue di Mont’e Prama, le risposte dell’archeologo Usai sono ricche di buonsenso, di competenza e di onestà intellettuale. Grazie dr. Alessandro Usai!

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