“Né onore né gloria” di Mark Robson: l’occupazione dell’Algeria da parte del governo francese
“Dev’esserci qualcosa di sbagliato nel cervello di quelli che trovano gloriosa e eccitante la guerra. Non è nulla di glorioso, nulla di eccitante, è solo una sporca tragedia sulla quale non puoi che piangere. Piangi per quello cui negasti una sigaretta e non è tornato con la pattuglia; piangi su quello che hai rimproverato e ti si è disintegrato…” ‒ Oriana Fallaci

Diretto dal regista Mark Robson nel 1966, Né onore né gloria è film che fa riflettere.
Principalmente sui soprusi, messi in atto per biechi interessi coloniali, da un paese a scapito di un altro.
Comportamento questo che non può avere giustificazione alcuna.
Il titolo della versione francese del film è Les Centurions, anche perché ispirato dal romanzo I centurioni, di Jean Lartéguy.
Pellicola appartenente al genere drammatico, Né onore né gloria è ambientata durante l’occupazione dell’Algeria da parte del governo francese.
Ma, inizialmente, le prime inquadrature presentate sullo schermo mostrano scene belliche di un altro conflitto, ormai prossimo alla sua conclusione, tra Francia e Indocina.
Fin da subito si evince che uno dei protagonisti del film è il gruppo, inteso in senso metaforico.
Gruppo coeso grazie alle affinità che uniscono i suoi componenti: tutti commilitoni francesi, catturati e imprigionati in un campo di lavoro asiatico.
Uniti da una sorte avversa, gli appartenenti alla squadra guidata dal colonnello Pierre Raspeguy (Anthony Quinn) rafforzano i legami e la stima già esistente fra loro: così come spesso accade nei momenti di difficoltà e di pericolo della vita.
Il colonnello Raspeguy, uomo ambizioso, ha tutte le caratteristiche del leader che mira a conquistarsi una posizione di maggior rilievo. D’altra parte il suo carisma, tutto militare, è notevole, come pure la sua capacità di prendere decisioni rapide ed energiche; aspetti questi che fanno di lui il perno attorno cui ruotano le vicende sviluppate nella narrazione filmica.
Nelle sequenze successive all’avvio del film, il gruppo è ancora impegnato in azioni militari. Questa volta, però, su territorio algerino, per difendere gli interessi del governo francese, che tenta in tutti i modi di assoggettare l’Algeria e la sua popolazione che, invece, usa ogni mezzo per ribellarsi all’occupazione. Anche in quest’occasione, almeno in un primo momento, unito dalle comuni esperienze militari, il gruppo scopre di essere saldo.
Intorno al colonnello, personaggio tracciato con maestria cinematografica, gravitano figure dall’altrettanta interpretazione intensa e significativa.
Il capitano Phlippe Esclavier (Alain Delon), definito inizialmente dal suo superiore uno ‘scribacchino’, in quanto corrispondente di guerra. Scribacchino sì, il capitano Esclavier, ma cui è da aggiungersi una notevole qualità morale: quella di essere un uomo, nella migliore accezione che tale termine contempla. Perché saprà scegliere, dopo crudeli vicende belliche, da che parte stare. Ovvero, dalla parte giusta, che certo non è quella degli oppressori.

Sulla scena compare poi il capitano Boisfeuras (Maurice Ronet), figura controversa, e pronto a dimostrare con violenza e sopraffazione i suoi attributi negativi, oltre che la prepotenza messa in atto dalla Francia sull’Algeria. Quindi, l’ufficiale dell’esercito francese, ma di etnia algerina, Mahidi (George Segal), il quale ricopre un ruolo fondamentale nella narrazione, e che dopo gli avvenimenti vissuti in Indocina abbandona il gruppo per tornare al proprio paese d’origine.
Un’interprete d’eccezione, nel ruolo della sorella di Mahidi, è Aicha, una Claudia Cardinale nella fulgida bellezza dei suoi anni giovanili, la quale manifesta anch’essa un’accesa ribellione nei confronti degli invasori.
Aicha cerca però di nascondere la sua appartenenza al gruppo di ribelli che, anche con l’uso di armi pesanti, manifestano il loro dissenso all’occupazione francese.
E, per essere maggiormente incisiva nella sua lotta, intreccia una storia sentimentale col giovane ‘scribacchino’, storia però destinata a fallire ancora prima di avere inizio, a causa delle evidenti incompatibilità di appartenenza, e delle loro diverse etnie.
Ed è fra azioni militari e vicende collaterali, che il 10° Reggimento dei paracadutisti del colonnello Raspeguy, concentrato a catturare il capo dei ribelli, elimina le forze avverse.
Nonostante i drammatici e difficili eventi raccontati, la narrazione filmica, ben strutturata, è accattivante.
Le sequenze scorrono sullo schermo catturando a pieno l’attenzione dello spettatore, il quale assiste sì a una pellicola di genere bellico, ma è pellicola che dà l’occasione di approfondire i fatti storici realmente accaduti.
Film, quindi, che nulla ha in comune con altre ‘fiction’ dello stesso genere.
Né onore né gloria è film che mostra, oltre agli accadimenti militari molto prossimi alla realtà dei fatti accaduti durante l’occupazione dell’Algeria iniziata nel 1954 e terminata soltanto nel 1962 con la sua indipendenza, le dinamiche interne che regolano i rapporti degli appartenenti al gruppo di commilitoni impegnati sul suolo algerino. Mette in luce, inoltre, le caratteristiche dei diversi personaggi, positivi e negativi, e i sentimenti annidati in loro.
È il caso del capitano Boisfeuras (Maurice Ronet) che, con una sorta di compiacimento, ostenta un comportamento assolutamente negativo, tanto da svilire la coesione del gruppo cui appartiene.
Personaggio cinematografico presentato in maniera verosimile tramite la sua ottima interpretazione, tale da suscitare nello spettatore un sentimento di disprezzo e avversione.

Mentre, esemplare, quale figura positiva, è il giovane capitano Esclavier, che sceglie infine una strada completamente aliena all’acceso militarismo che, invece, scorre fluido come il sangue nelle vene del colonnello Raspeguy, il quale verrà infine promosso generale.
Squisita, quindi, l’interpretazione dell’intero cast, i cui componenti, tutti di calibro elevato, si sono calati con professionalità nel ruolo consegnato loro dall’eccellente regista.
Né onore né gloria contiene in sé uno sviluppo eccellente ed esaustivo, anche per l’ottima ambientazione che vede i fatti narrati contestualizzati in un territorio aspro e affascinante al contempo, ma soprattutto di un grande realismo, e perciò alieno da scene girate negli studios.
In conclusione alcune curiosità.
Il personaggio interpretato da Anthony Quinn, il colonnello Raspeguy, è figura storica realmente esistita.
Veterano della Seconda guerra mondiale e combattente in Indocina, lo stesso Quinn l’ha elogiato tramite un suo autografo accompagnato da una frase rimasta memorabile.
“A voi che questi eventi li avete vissuti, io ho solo recitato”
Anche il capo dei ribelli algerini, Mahidi, è personaggio ispirato a un autentico leader che ha fatto parte del Fronte di Libération National, ed è stato ucciso dai francesi nel 1957.
Infine, occorre ricordare che il film non fu distribuito in Francia prima del 1971.
È stato infatti soltanto nel 1999 che il governo francese ha ammesso la propria presenza sul territorio algerino durante l’occupazione. Ovviamente senza parlare di guerra, ma di ‘operazione di polizia militare’.
“La gloria la si deve acquistare, l’onore invece basta non perderlo” ‒ Arthur Schopenhauer
Written by Carolina Colombi