Quando devi raccontare che hai subito una violenza… ma tutto va male
Raccontare di aver subito una violenza è doloroso. Se poi chi ti ha fatto del male lo nega, la cosa diventa quasi impossibile da sopportare; fa semplicemente troppo male.
Non puoi ricordare qualcosa che ti fa sentire sporca e in colpa, e per la quale ti è stato detto che non sei legittimata a soffrire. Tante violenze, di fatto, non vengono legittimate da chi le perpetra perché “diceva di no ma tanto era sì” oppure “non mi ha mica mandato via”.
Il problema reale è che non puoi non raccontare di aver subito una violenza, perché uscirà fuori in così tanti aspetti della tua vita: dal modo in cui ti muovi, allo sguardo circospetto quando sei accanto a un ragazzo che ti piace, fino alla paura folle che qualcuno ti faccia di nuovo del male.
Nel mio caso, la violenza è partita dal cervello: non ero mai abbastanza. Non sarei mai stata abbastanza. Non avevo diritto di scegliere. Aspettare non era una richiesta che potevo fare.
Non mi ha fatto male il frangente fisico, che è stato comunque traumatico, quanto quello mentale: il modo in cui la mia autostima si è ridotta fino a non esistere più era spaventoso. Non mi sentirò mai realmente una persona completa, perché ci sono sensi di colpa che neppure anni di studi sono riusciti a cancellare.
Il fatto è questo: devo dirlo e devo dirlo subito, a costo di far scappare l’uomo che sto iniziando a frequentare. Devo dirlo chiudendo gli occhi, facendo un respiro profondo e buttando fuori di getto la mia confessione.
Negli anni ho ricevuto svariate risposte, dal “che schifo” (indirizzato a me e non a chi mi ha fatto del male) al “che coglione”. Non ho mai ricevuto una risposta che mi facesse sentire al sicuro e la reazione più comune era sempre quella: impallidire e tacere.
La scorsa settimana ho dovuto fare la mia confessione per l’ennesima volta. È un rituale crudele che mi umilia ogni volta; vorrei che le mie storie non dipendessero così tanto dal mio passato, ma la maggior parte di queste finisce ancora prima di iniziare proprio grazie alla “confessione”.
Insomma, mi sono ritrovata di nuovo a dirlo, solo che ho tagliato delle parti della storia: ho raccontato il fatto, tralasciando quello che è successo alla mia autostima e quante battaglie quotidiane sto ancora portando avanti.
Pensavo non fosse necessario e non vedevo l’ora di liberarmi di questo rituale odioso. Ma i segreti fanno male, non si dovrebbe mai averne. Quindi alla fine ho dovuto raccontare anche il resto: quanto non sentire più di avere valore mi abbia completamente distrutta e mi getti nel panico a intervalli regolari.
Non succede continuamente, ma succede con regolarità in alcuni frangenti: un “ho bisogno di tempo” mi manda facilmente nella sfera della paura, perché se hai bisogno di tempo vuol dire che io non sono abbastanza speciale da farti avere voglia di stare con me e basta. Vedersi distrutta l’autostima è qualcosa di orribile che non passa mai, credetemi.
Chi mi segue su Facebook avrà letto il mio post sulla donna della macchina e quello successivo sul ragazzo. Mi dispiace di aver scritto il secondo così di getto, perché avrei potuto renderlo più utile per una sensibilizzazione maggiore all’emotività ferita.
Comunque sono storie vere e sì, sono andata nel panico per un sms così banale come “la nostra storia mi spaventa”. Ho avuto bisogno di respirare per mezz’ora, di distrarmi con qualche pagina di un libro. Solo dopo ho trovato la calma di rispondere al messaggio.
Ma il ragazzo che lo aveva inviato, ormai, era arrabbiato come mai prima. Ho provato a spiegargli che ho delle cicatrici molto profonde, che a volte c’è bisogno di avere pazienza con la mia carenza di autostima che misinterpreta i messaggi e contempla sempre lo scenario peggiore.
Credo me ne abbia dette di ogni colore, ma quella che mi è rimasta impressa è questa: “Non dare la colpa al tuo stupratore e assumiti le tue responsabilità. È colpa tua.”
Certo, è colpa mia se ho ancora paura di non valere niente. È colpa mia se ancora non ce la faccio a sentirmi meritevole di un ragazzo. È colpa mia se a 24 anni mi ritrovo a dover portare sulle spalle un peso più grande di me. È colpa mia se in quel messaggio ci avevo letto un “sto per lasciarti perché non vali niente”. È colpa mia se ho pensato “Perché mai questo ragazzo così meraviglioso dovrebbe stare con una come me?” È colpa mia. Ho lasciato che qualcosa di meraviglioso andasse in fumo. È tutta colpa mia.
Non so più come dirlo, ma soprattutto non so più come spiegarlo a chi si avvicina a me: sono fragile. Una frase come “è colpa tua” rischia di uccidermi. Bisogna stare attenti a quello che si dice alle vittime perché non è colpa nostra, né mai lo sarà.
Quello che ci è capitato, l’autostima che ci manca e il disperato bisogno di qualcuno che ci resti accanto nonostante le difficoltà non sono colpa nostra.
Paghiamo per un errore commesso da un’altra persona: il nostro stupratore. Paghiamo in felicità che va in fumo, in amore che scappa prima di arrivare e in dolore che si aggiunge al dolore. Non dite mai a una vittima che è colpa sua, perché non è colpa nostra.
Credo di non esagerare se dico che una decina di ragazzi sono andati via da me negli ultimi due anni. Nessuno è durato più di un mese. Tutti sapevano che. Che.
E oggi mi sono dovuta sentire dire che è colpa mia.
Non avvicinatevi a chi non pensate di poter amare, perché il male che fate è indicibile.
Written by Giulia Mastrantoni
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Giulia , ti ringrazio per le tue sincere parole ,
scrivi che sei fragile e invece ti sento forte , più di me che ancora non riesco a confrontarmi con l’abuso che ho subito. Non riesco neppure a firmare con il mio cognome tanto mi vergogno ancora di cio’ che mi è accaduto.
Ma leggerti mi ha dato molto a cui pensare.
Carissima Luisa, spero davvero che tu legga questo commento. Prima di tutto devi essere orgogliosa di te stessa: scrivermi questo commento deve esserti costato fatica e coraggio. Siine fiera, perché è un passo enorme. Come seconda cosa: sappi che le tue parole sono accolte a cuore aperto e molto apprezzato.
E ora la parte più importante.
Sei libera di farne ciò che desideri e di prenderti tutto il tempo che ti occorre, ma mi piacerebbe avere tue notizie, quindi ti scrivo qui la mia email. Mi ripeto: puoi fare ciò che vuoi di questo indirizzo email, incluso ignorarlo e dimenticarlo. Ma mi farebbe davvero piacere se mi scrivessi. Sei la benvenuta nella mia casella di posta elettronica.
Ti mando tanto amore.
giulia.mastrantoni@hotmail.it
Sono “caduta” nel tuo post cercando su internet delle spiegazioni riguardo alle reazioni degli altri quando si racconta di una violenza sessuale subita. Quando ho raccontato cosa mi capitò quando avevo 14 anni – al fine di spiegare perché non mi fido e perché non posso avere una relazione di cui non sono sicura – lui si è solo arrabbiato, mi ha detto che sono morta dentro e mi compiaccio della mia “sfiga”.
Il tuo testo non mi spiega perché gli altri abbiano questa reazione, ma almeno mi sento meno sola.
Grazie.
Ciao, Giulia! Che coincidenza, abbiamo lo stesso nome :)
Intanto vorrei ringraziarti per aver condiviso la tua storia e per aver trovato il tempo di rispondere non tanto a me, quanto alle donne che leggono Oubliette e hanno storie simili.
La mia spiegazione non scientifica, per così dire, è che semplicemente non sono sufficientemente interessati e/o maturi. Purtroppo assumersi la responsabilità di vivere accanto a qualcuno che ha subito un trauma è cosa difficile: vuol dire che passerai ogni giorno della tua vita nella consapevolezza della forza di quella persona. Questo è un problema, nel senso che al di là dei discorsi sul patriarcato (che oggi lasciano il tempo che trovano), a livello di autostima vivere accanto a qualcuno di palesemente forte, più forte di noi, è un problema. Però, e qui arriva la bella notizia, ci sono persone, uomini o donne che siano, che hanno sentimenti sinceri nei tuoi confronti e che vogliono starti accanto. Non per pietà o per darsi una prova di forza, ma perché arrivano a innamorarsi di te e questo permette loro di andare oltre.
Non so se questa mia opinione può esserti utile, ma nel caso avessi voglia di un riscontro scientifico, posso consigliarti questi libri:
Groth, Men Who Rape
Beneke, Men On Rape
Sono datati (nel senso di vecchiotti), ma sono ancora capisaldi della letteratura sulla violenza di genere e riportano diverse testimonianze di stupratori e/o uomini che hanno avuto la sfortuna di subire un trauma, come la violenza sessuale della propria partner. Alcuni uomini di cui sono scritti i pensieri sono anche avvocati, quindi danno pareri non solo da compagni e uomini, ma anche da professionisti.
Scrivimi tutte le volte che vuoi, se ti va.
Ti abbraccio,
Giulia
Cara Giulia, mi prendo tale confidenza, perché abbiamo subito lo stesso atroce dolore.
Lessi questo articolo, la sera del 20 Febbraio 2021, perché credevo di aver trovato finalmente una persona che mi avrebbe capita e tra mille paranoie, già vissute con le altre relazioni avute in precedenza, alla fine prendo coraggio e gli racconto del mio stupro. Facendoli vedere un video, molto soft e anche poetico, spiegandoli che avevo recuperato molto di me, degli anni di terapia svolti ecc… Silenzio per una notte e la mattina seguente, dopo le 12, leggo il suo messaggio, che dice che non gli è piaciuto il modo in cui gliel’ho detto e che aveva bisogno di tempo per affrontare la cosa, ma che ora non ce la faceva e forse non ce l’avrebbe fatta.
La mia risposta è stata immediata, augurandogli una buona vita, bloccandolo ovunque.
Ho pianto due giorni di fila e mi sono sentita sporca e sbagliata di aver avuto una vita piena di atrocità.
Oggi a distanza di ti scrivo per dirti grazie.
Grazie davvero, certe persone le riconosci solo in determinati momenti.
E voglio dirti una cosa, chi ci da colpe per il nostro vissuto, è perché non hanno il fegato di dirci, che non gli piacciamo abbastanza e che il NOSTRO trauma, è solo una bella scusa dopo potersi parare.
Troverai una persona che avrà il coraggio e la comprensione, ti abbraccerà. Magari non ti dirà niente, ma l’importante è restare.
È possibile, l’ho provato sulla mia pelle.
Peggio per loro, che non hanno più la possibilità di avere accanto a se, una donna come te. Sei forte e dolce e qualcuno lo capirà, che hai solo bisogno di un’amore.
Grazie con tutto il mio cuore.
Mi hai salvata da una relazione tossica.
Un abbraccio