Selfie & Told: Saffir Garland racconta il nuovo singolo “Ti mando in Congo”
“In Congo sono ricchi, ricchi da morire!/ C’è un uomo che si chiama John Mpaliza/ che sta girando a piedi per l’Europa/ per raccontare a tutti questa storia qua/ e per spiegare al mondo che cos’è il coltan.// Vuoi usare il cellulare? Coltan!/ Accendere il computer? Coltan!/ Viaggiare in aereo? Coltan!/ Impara questo nome: coltan.// […]” – “Ti mando in Congo“

Saffir Garland, cantautore satirico, è un progetto di Gilberto Ongaro che esiste dal 2009.
Le canzoni di Ongaro uniscono umorismo surreale e critica sociale, mentre musicalmente c’è quanta più libertà stilistica possibile: si passa dal prog al punk, dal pop alle ritmiche latine, dal rock allo strumentale pianistico.
Le influenze sono da cercare nella musica italiana, da Franco Battiato a Rino Gaetano, dagli Elio e le storie tese ai Bluvertigo, e nella musica internazionale dai Genesis ai Muse.
Saffir Garland ha inciso finora 4 album; nel 2011 (sotto il nome Liberascelta) Come un dosso in autostrada; nel 2012 Saffir Garland; nel 2014 l’Lp Le regole sono cambiate. Infine il quarto lavoro, L’ira dei buoni. Nel 2018 uscirà l’album di risposta, La calma dei malvagi, che conterrà il brano Ti mando in Congo.
Saffir Garland è l’alter ego artistico e sicuro di sé di Gilberto Ongaro, cantautore introverso e riservato. Sarà Gilberto ad intervistare Saffir Garland in questa Selfie & Told.
G.O.: Ti definisci cantautore satirico. Cosa intendi per satira?
Saffir Garland: La satira tradizionalmente si rivolge ai potenti, e in certi testi in passato ho lanciato delle frecciate mirate a persone di un certo grado di potere, giocando con il loro linguaggio spesso vago. Però di solito cerco di colpire gli stili di vita, il modo di pensare (anzi, di non pensare) della gente comune, di cui faccio parte. E per farlo, invece di fare una predica su come si dovrebbe agire, preferisco riportare quel che effettivamente si pensa e si fa, e di metterlo in ridicolo. Siccome c’è sempre meno predisposizione all’ascolto creativo, cerco di svegliare dal torpore prendendo una convinzione riconosciuta e ribaltandola.
G.O.: Un bastian contrario, insomma…

Saffir Garland: Diciamo un giullare che non fa ridere. Quello che fa la battuta al momento inopportuno, e tutti impallidiscono perché sanno che è stata detta la verità, ma si guardano bene dal farsi notare concordi dagli altri. Infatti ai concerti, spesso capita che una persona mi prenda in disparte e sottovoce mi dica che gli son tanto piaciuto. Ognuno di loro crede di essere uno dei pochi “intelligenti”, ma se li facessi incontrare tutti scoprirebbero di essere di più.
G.O.: A proposito di battute, “Ti mando in Congo“… Ci spieghi il verso “Tante liti per la tantalite?”
Saffir Garland: Ecco. Chi farebbe mai un gioco di parole trash su uno scandalo simile? Eppure molti ancora non sanno cosa succede nella Repubblica Democratica del Congo: questo famoso coltan, lega di columbite e tantalite, indispensabile per far funzionare i circuiti integrati (quindi cellulari e computer) viene estratta principalmente nelle miniere del Congo Orientale. Come potete immaginare, le condizioni di lavoro sono in pratica di schiavitù. Ci lavorano anche donne e bambini. Per mantenere il controllo della popolazione locale, vengono finanziate le rivalità locali, ad esempio quella fra Hutu e Tutsi in Ruanda. Ecco il senso di “tante liti” per la tantalite. Sì lo so, non fa ridere, ma la mia speranza è che il tema inizi a girare seriamente. Quest’argomento è uno dei tanti che oggi si affrontano solo nelle parrocchie, dove la soluzione è dire una preghiera… Con una canzone volutamente allegra e scema, forse, si può attirare maggiore attenzione.
G.O.: musicalmente parlando, “Ti mando in Congo” non sembra una tipica canzone di denuncia. A cosa ti sei ispirato per scriverla?

Saffir Garland: Questo è l’effetto sovversivo che cerco. Ti raggiungo con una musica che ti prende, in questo caso un pop con melodia rumba, e una volta che ti ho catturato ti arriva una sberla alla coscienza, se ne hai ancora una. Per scriverla ho studiato la musica etnica congolese, guardando dei documentari dedicati, e poi ho approfondito Papa Wemba, artista che io onestamente ho scoperto solo grazie a Peter Gabriel. Infatti se provate a canticchiare le strofe di “Ti mando in Congo” sopra “In your eyes”, vedrete che ritmicamente ci sta. Lo stesso succede con “Sala Keba” di Papa Wemba. Volevo fare un po’ la world music, poi con i musicisti che hanno inciso è venuta fuori diversa, ma ugualmente allegra se non di più di come la prevedevo io.
“[…] E come Papa Wemba ci cantava già/ son le bugie a creare la realtà./ Tu pensi che non c’entri in questa storia qua?/ Ne sei immerso nella quotidianità.// Vuoi usare il cellulare? Coltan!/ Accendere il computer? Coltan!/ Viaggiare in aereo? Coltan!/ Impara questo nome: coltan./ Le fibre ottiche? Coltan!/ L’airbag e la consolle? Coltan!/ Ed il fotovoltaico? Coltan!/ Insomma, noi vogliamo il coltan!/ […]” – “Ti mando in Congo”
Written by Saffir Garland
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