Riflessioni sullo stupro: quando Berlusconi appoggia la Deneuve e il femminismo muore

Oggi ho letto l’articolo che parla di Catherine Deneuve su Repubblica.

 

Is It Rape? di Joan McGregor

Neanche a farlo apposta, ieri pomeriggio leggevo Is It Rape? di Joan McGregor, cosa che ho fatto per tutta la scorsa settimana. Credo di non essere arrivata neanche a pagina 12, quando ho preso il telefono e ho scritto a qualcuno: “Sto leggendo una cosa che mi sta spezzando il cuore, voglio piangere”.

La risposta è arrivata immediata. Ho risposto di nuovo, citando quello che avevo appena letto e ne è seguito un dialogo a dir poco rincuorante. Mi sono sentita fortunata, amata e capita.

Così oggi, quando ho letto della Deneuve, della Millet e delle altre donne che hanno supportato quelle idee così ‘fuori dagli schemi’, l’unica cosa che sono riuscita a pensare è stata: “Ma ho letto le stesse identiche cose ieri e mi hanno spezzato il cuore e non avevano senso e come si può continuare a dirle”. Credo di aver pensato queste cose tutte insieme, sommersa dal panico.

Vi racconto cosa ho letto nel libro della McGregor e, da vittima, come mi sono sentita.

[…] many victims of acquaintance rape don’t label their experience as rape at all.” (pg. 5)

“[…] Molte vittime di violenza che conoscono il proprio aggressore non definiscono la propria esperienza come stupro.”

Part of the problem is that society in general, including women, does not see non-consensual sexual intercourse with an acquaintance as rape – a criminal offense.” (pg. 5)

“Parte del problema è che la società in generale, donne incluse, non considera il rapporto sessuale non consensuale con un conoscente come uno stupro – un crimine.”

“[…] if women don’t always consider themselves as rape victims when they have experienced nonconsensual sex, then again why should the law treat nonconsensual sex as a felony”. (pg. 14)

Se le donne stesse non si considerano sempre vittime di stupro quando hanno vissuto un’esperienza di sesso non consensuale, allora per quale motivo la legge dovrebbe considerare il sesso non consensuale un crimine?

The Wounded Heart

La chiave di queste citazioni è il senso di colpa: il dottor Dan Allender ha pubblicato un libro nel 1990; si intitola The Wounded Heart e parla di come si possono aiutare e supportare le vittime di abuso. Una delle parti salienti parla di come ogni vittima inizi a raccontare la sua storia dicendo che di certo il suo caso è diverso, che lei, a differenza delle altre vittime, se l’è cercata e che è tutta colpa sua. Il senso di colpa che si prova, l’imbarazzo e la voglia di scomparire sono sentimenti che ci si porta dietro, perché si resta sempre con la sensazione che “avrei dovuto fare qualcosa, difendermi meglio, impedire che accadesse”. È per questo che non si considera l’esperienza che si è vissuta come stupro: perché ci sono i sensi di colpa che ti dicono che devi solo stare zitta e sopportare, che è stata colpa tua.

Da vittima, posso garantirvi che questa sensazione fa compagnia al cervello per un bel po’ di anni, fino a che non decidi che è ora di capire cosa ti è successo e mettere a posto la tua vita. Credevo che non fosse un segreto, che ormai tutti sapessimo questa storia del senso di colpa. Ma a forza di parlare con altre vittime, potenziali nuovi fidanzati e persone random, mi sono accorta che non è così: non tutti sanno, o capiscono, che se una vittima non usa la parola stupro non lo fa perché quello che le è successo è grave, bensì perché è divorata dai sensi di colpa.

Nel libro della McGregor si parla di come lo stupro, inteso come atto violento da parte di uno sconosciuto, sia un crimine ben diverso e ben più serio dell’abuso che si subisce da parte di un conoscente.

La McGregor cita studi che sostenevano questa tesi e risponde a tono: non è questione di contrapporre il serio al futile, quanto di disegnare un continuum nel quale posizionare in ordine di gravità i vari atti. Perché sono tutti gravi. Sono tutti vili. Sono tutti dolorosi per chi li subisce.

Ma ora vorrei arrivare a quello che è un punto realmente cruciale del dibattito: l’idea che definire ciò che è “permesso” o meno equivalga a paragonare le donne a un bambino che ha bisogno di essere protetto. Il dibattito è stato particolarmente acceso, dato che il tweet di Asia Argento ha buttato benzina sul fuoco, coinvolgendo Marlène Schiappa, ministro per le pari opportunità in Francia, e Samantha Geimer, stuprata all’età di 13 anni.

A final significant objection is the history of the law’s treatment of women – that many rules instituted to ‘protect’ women in fact functioned to treat them as ‘different’ and ‘inferior’ because of their need for protection.” (pg. 14)

“Un’ultima osservazione riguarda il modo in cui le donne sono state trattate dalla legge nel corso della storia – molte leggi che erano state disegnate per ‘proteggere’ le donne le etichettavano come ‘diverse’ e ‘inferiori’ proprio per il fatto di necessitare di protezione.”

Critics […] argue that feminists are actually undermining women’s goals of equality by enfeebling women, by portraying them once again as victims of men, and thereby in need of protection from the state.” (pg. 22)

“La critica sostiene che le femministe danneggino gli obiettivi delle donne mirati all’uguaglianza perché indeboliscono le donne, ritraendole ancora una volta come vittime degli uomini che necessitano di protezione da parte dello stato.”

Women generally are not incompetent, timid, fragile creatures who don’t know their own mind, their own desires and cannot express themselves. Nevertheless, some women are, and some just find themselves in threatening situations that the legal system has not recognized as coercive.” (pg. 84)

“Generalmente le donne non sono creature incompetenti, timide e fragili che non sanno cosa vogliono, che non conoscono i propri desideri e che non sanno dire quello che pensano. Ciò nonostante, alcune donne sono così, e alcune si trovano in situazioni di pericolo che il sistema legale non riconosce come pericolose.”

[…] some women seemingly accept stereotypical gender roles and thereby present themselves as timid, passive, non confrontational and/or afraid of men. If we design laws to protect these women from exploitation and harm are we then sending out the wrong message about women and encouraging women to behave in accordance with those gender stereotypes?” (pg. 84)

” […] Alcune donne accettano gli stereotipi di genere e si presentano come timide, passive, tendenti a evitare il conflitto e/o impaurite dagli uomini. Se creiamo delle leggi per proteggere queste donne dall’abuso e dallo sfruttamento stiamo forse dando il messaggio sbagliato e incoraggiando le donne a comportarsi seguendo proprio quegli stessi stereotipi di genere?”

“It could be argued that the most effective way of motivating women to give up passive, traditional female behaviour is to penalize those (by not protecting them) who don’t give them up.” (pg. 84)

“Potremmo dire che il modo più efficace per motivare le donne a smettere di comportarsi passivamente e a perpetrare il modello classico di comportamento femminile è penalizzare quelle donne stesse (non proteggendole) che continuano a comportarsi così.”

Even if it were true that it was in the long-term interest of women’s equality to exclude the protection of ‘traditionally female’ victims, wouldn’t our failure to protect them from harm now be exploiting them for those overall long-term interests?” (pg. 86)

“Anche se fosse vero che negare protezione alle vittime che si comportano in modi ‘tradizionalmente femminili’ è la cosa più saggia da fare in una prospettiva a lungo termine, il nostro immolare alcune donne in nome di un ideale futuro di uguaglianza non è forse una sconfitta?”

Women not asking for it

Subire una qualunque forma di contatto non desiderato da parte di un conoscente non è un metodo di corteggiamento, bensì un abuso. Il problema è che spesso dire di no è difficile, perché cosa succede se il tuo no sortisce il solo effetto di far diventare più aggressivo il tuo conoscente?

Le donne sono in una posizione delicata: da una parte sono reduci da secoli di “promozione” di un atteggiamento docile, dall’altra sono fisicamente più deboli dei propri “assalitori”, almeno nella maggior parte dei casi; l’idea che la paura possa in qualche modo “immobilizzare” la donna è un fattore che va tenuto in conto.

L’uomo dovrebbe arrendersi al primo no, ma non sempre accade e non sempre ci si può difendere in maniera adeguata da un uomo insistente. L’atto sessuale può avere luogo anche senza che la donna venga picchiata, ma non per questo si può descrivere tale atto come “desiderato” o “volontario”.

Mettere appunto una legge che regoli le situazioni all’interno delle quali la donna sottostà a un qualche voler altrui è complicato. Raggruppare quegli atti sessuali che avvengono senza violenza fisica, ma non in modo volontario è altrettanto ostico. Da qui è nata l’idea che la donna “ha cambiato idea in un secondo momento e si è messa a dire che l’ho stuprata”.

Nel complesso la discussione che sta sconvolgendo i social non è niente di nuovo: si tratta sempre di definire cos’è lo stupro e situare gli abusi da parte di conoscenti o partner all’interno del continuum di cui si parlava prima; si tratta di dare dignità al dolore delle vittime, che sono vittime a tutti gli effetti, e di riconoscere che molte donne, per una varietà di motivi, faticano a ripetere il proprio no quando il primo è andato inascoltato.

Si tratta, insomma, di smettere di incolpare le donne per tutti i mali del mondo, incluso l’aver paura di difendersi e incluso il voler un mondo più equo in cui nessuno ci consideri bambole gonfiabili.

 

Written by Giulia Mastrantoni

 

Info

Articolo Repubblica Deneuve 

Is It Rape di Joan McGregor

Articolo Repubblica Dibattito

Articolo The Wounded Heart

Articolo Quando devi raccontare che hai subito violenza

Articolo Il Post che raccoglie vari link

Risposta alla lettera della Deneuve su Le Monde

Repubblica affermazioni Berlusconi

 

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