“Le quaranta porte” di Elif Shafak: la dimensione spirituale del sufismo

“Che immenso spreco, se anche un solo giorno nella nostra vita è identico al precedente. Ogni momento, a ogni respiro, dobbiamo rinnovarci e poi rinnovarci ancora. Vi è un solo modo per rinascere a nuova vita: morire prima della morte”.

Le quaranta porte

È questa una delle quaranta regole dell’amore su cui si sviluppa il meraviglioso libro “Le quaranta porte” della scrittrice turca Elif Shafak, edito in Italia da BUR Rizzoli. È un libro di difficile catalogazione, è un romanzo che contiene in sé un altro romanzo, in un intreccio temporale e contenutistico di rara maestria.

L’autrice conduce il lettore dentro due storie apparentemente lontane e distinte, che però, man mano che la trama si sviluppa, finiscono per sovrapporsi e definire i contorni di una immagine unica nella quale il soggetto dominante e l’amore e la capacità dell’uomo di abbandonarsi al più sublime dei sentimenti, solo però dopo aver conosciuto gli abissi più neri e profondi.

La duplice struttura del romanzo si sviluppa da un lato sul piano temporale del presente, nel mondo occidentale, con la storia di Ella, una casalinga quarantenne che apparentemente vive una vita felice, piena degli impegni legati alla famiglia, i tre figli, il cane e il marito, affermato professionista che in realtà da lungo tempo la trascura per coltivare numerose relazioni extraconiugali.

Dall’altro c’è il piano temporale dell’Anatolia del XIII secolo, dove si sviluppa la storia del derviscio errante Shams-i Tabrīzī, un sufi dalla mente illuminata, e del suo incontro con il poeta Rumi.

In entrambe le storie il protagonista principale è l’amore e la capacità di cambiare la propria vita per poterlo raggiungere e vivere in pienezza.

È quello che accade a Rumi che prima di incontrare il derviscio errante era solo un teologo, sebbene di fama e grandezza indubitabili, ma non era capace di guardare nel cuore delle persone, di accostarsi all’umanità sofferente, di sentire in simbiosi il dolore degli uomini e consolarli con parole d’amore. Tutto questo lo imparerà dal suo compagno sufi che lentamente lo trasformerà nel grande poeta che oggi tutti conosciamo.

Ma è altresì quello che accade a Ella che leggendo il romanzo che narra la storia di Shams e di Rumi comincia a interrogarsi sulla propria esistenza, a guardarsi dentro per cercare di capire quanto amore ci sia nella sua vita e scoprire che tutto ciò che la circonda è una patina di ipocrisia che le procura una malcelata infelicità.

Man mano che la casalinga frustrata prosegue nella lettura, prende coscienza della propria situazione e inizia un rapporto epistolare con l’autore del romanzo, anch’egli un sufi, per scoprirsene innamorata, finendo per riconoscere le vere priorità della sua vita.

“Non cercare di opporre resistenza ai cambiamenti che ti si presentano. Lasciati invece investire dalla vita. Non preoccuparti se la tua vita sembra scorrere alla rovescia. Come puoi sapere se il lato a cui sei abituato sia migliore di quello che ti si presenta?”

Elif Shafak

E allora Ella affronta i suoi personali demoni, e dopo aver toccato il fondo, sceglie di cambiare e di vivere nel presente il sentimento che sente prorompente invaderle l’anima.

Il pregio di questo romanzo è quello di avvicinare il lettore occidentale ad un mondo, quello del sufismo, ancora poco conosciuto, e utilizzando lo strumento del romanzo ne facilita l’approccio. La lettura delle quaranta regole dell’amore che Shams illustra nel corso della storia ci invita a numerose riflessioni sulla natura umana e su quella dei rapporti interpersonali.

Ma è un libro che in maniera coraggiosa affronta anche un altro tema, vale a dire la differenza fra spiritualità e religione, laddove la prima è la vera dimensione dello spirito, quella nella quale si estrinsecano i sentimenti dell’umanità, e la seconda è invece la pedissequa osservanza di regole scritte da gerarchie più o meno riconosciute.

In questo ambito la Shafak compie un’operazione coraggiosa, mettendo in discussione l’architettura dell’Islam, ma non solo, per invitare a ricondurre la sfera religiosa alla sua dimensione spirituale, di intima riflessione, la di là dei dogmi e dei riti.

 

Written by Beatrice Tauro

 

 

 

3 pensieri su ““Le quaranta porte” di Elif Shafak: la dimensione spirituale del sufismo

  1. La spiritualita’ e’ sempre stata una condizione che esula dalle religioni formali e praticare la spiritualita’ senza farsi intrappolare dalle consuetudini formali delle religioni e’ veramente difficile …i Sufi mediante un Maestro Vero praticano questa Via … ma sono veramente pochi … Le Quaranta porte descrive bene queste differenze tra religione formale ( maggioritaria nel mondo) e la spiritualita’ e i problemi che hanno utti quelli che non si uniformano a certe “regole” ..Shams I Tabriz amico e Maestro Vero di Rumi ha pagato cara questa scelta di essere un mistico itinerante e non un “dottore della Legge”. Ma come succede la Verita’ supera ogni piccolezza umana e Rumi ha compreso il Messaggio di Shams e da giuriconsulto quale era e’ diventato il Maestro piu’ importante del Sufismo …

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