FEFF 2017: Sezione Competition – “Close-Knit” di Naoko Ogigami

Il secondo film giapponese dopo “Survival Family” indagato da Oubliette Magazine in qualità di web media partner appartiene alla terza giornata di Far East Film Festival di Udine, una commedia agrodolce a tematica transgender accolta, come la regista stessa Naoko Ogigami presente in sala, con generosi applausi.

Close-Knit di Naoko Ogigami

La traduzione letterale di “Close-Knit” suonerebbe “Compatto”, ma riesce più utile considerare che “knit” è il verbo inglese utilizzato per indicare l’attività dello “sferruzzare”. E lo sferruzzare è il fil rouge che tiene stretti i diversi atti dell’opera, assurto a vera strategia filosofica, attività catartica protettiva da risoluzioni estreme, cui è lecito ricorrere per lasciarsi scivolare addosso la rabbia cocente o piuttosto i momenti di sconforto acuto.

La figura che per prima apprende i benefici del lavorare a maglia è contestualmente Rinko, donna che era uomo, compagna fedele di Makio, zio dell’undicenne Tomo, la quale da un giorno all’altro si trova (nuovamente) abbandonata dalla madre, irresponsabile di prima categoria fuggita con un individuo non meglio identificato nella consapevolezza che il fratello si sarebbe occupato della figlia.

La giovane così è costretta a convivere con l’insolita fidanzata, inserviente premurosa presso la casa di riposo dove risiede la nonna di Tomo, dolce e comprensiva anche nei confronti di quest’ultima; ella tenta fin da subito un approccio il più possibile sano e onesto, vuoi preparandole dei bentō assai fantasiosi (i tradizionali vassoi per pranzi “al sacco”), vuoi parlandole con circospezione riguardo il proprio orientamento sessuale.

Dopo le prime naturali diffidenze la bimba, già molto più matura dei suoi coetanei che tendono a emarginarla a scuola, fatta la debita eccezione di un ragazzino che nutre in nuce la consapevolezza della propria omosessualità, unica persona da cui Tomo si lascia progressivamente avvicinare (ecco delinearsi un incontro-scontro parallelo a quello familiare), comincia ad apprezzare le attenzioni rivoltele da Rinko.

C’è anche qualcuno però, come la madre del compagno, che se può accettare l’omofilia di un figlio, arriva a vietargli qualsiasi contatto con l’amica, cresciuta com’è da una coppia inammissibilmente “diversa”, insinuando come può in un’anima innocente il germe della diffidenza e dell’odio.

La giovane protagonista, a maggior ragione una volta riapparsa la vera genitrice nel cui ritorno non aveva mai smesso di sperare, verrà spinta perciò ad un bivio fondamentale; sarà tuttavia in grado di scegliere in totale autonomia che destino accogliere, se riabbracciare una mal sopportata e malgrado ciò legittima assenteista o rimanere con gli zii e in special modo con l’educatrice putativa colla quale è riuscita, giorno dopo giorno, a costruire un rapporto addirittura più sincero di quanto non lo fosse quello con la madre naturale (emblematica a tal proposito l’affezione al seno artificiale, simbolo per quanto acquisito di una femminilità che la piccola percepisce maggiormente vicina, tangibile, significativa).

Close-Knit di Naoko Ogigami

Naoko Ogigami possiede la capacità di applicare alla narrazione un’impronta delicata, soffermandosi su alcuni soggetti particolarmente lirici (i ciliegi nipponici), lavorando meticolosamente ad una sceneggiatura che, avvalorando la trasparenza dei rapporti e le crisi intime dei diversi personaggi (prima fra tutte la mamma “incompleta”), di minuto in minuto costruisce credibilmente un percorso formativo dall’esito non scontato, lungi dal peccato di buonismo sempre in agguato, sostenuta da un commento musicale che simula purezza.

Il risultato complessivo appare quindi tutt’altro che risaputo, sereno nello stile adottato, limpido nell’esposizione (priva di ambizioni magari fuori portata), generoso nel collocare numerosi longtakes statici rivestiti della precisa funzione di evidenziare l’essenza di ciò che viene espresso con i corpi e le voci.

Il che permette di puntare i riflettori sulla nostra giovane esordiente, molto ben calata nella parte della ragazzina prossima alla pubertà, sensibilizzata con candore alle tematiche sessuali anche sfruttando lo stesso caratteristico uncinetto, dai cui movimenti nasceranno ben 108 scalda pancia “a forma di pisello”, compimento del “rito funebre” che Rinko è tenuta a celebrare prima di essere riconosciuta femmina a tutti gli effetti, compreso all’anagrafe.

 

Voto al film

 

 

Written by Raffaele Lazzaroni

 

 

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