Intervista di Katia Debora Melis all’artista Maria Jole Serreli: l’arte racconta storie tracciando percorsi sottili

Oggi approfondiamo la conoscenza di un’artista poliedrica, Maria Jole Serreli, nata a Roma nel 1975 da genitori sardi, ma che fin dall’infanzia vive e opera in Sardegna, a Marrubiu.

Maria Jole Serreli

Da un ventennio plasma la materia con grande sensibilità e sperimentalismo, passando dalla pittura alla ceramica, alla scultura, a complesse opere polimateriche, installazioni e suggestive performances creative.

Inizialmente autodidatta, ha approfondito i propri percorsi artistici seguendo corsi e frequentando stages, laboratori e residenze di notevole spessore.

Ha esposto in numerosissime mostre sia collettive che personali in tutta l’Isola, in moltissime regioni italiane, nonché in varie località estere, come a Londra, presso “The Furniture Cave”, prestigioso spazio antiquario in King’s Road. Ha ottenuto e continua a riscuotere lusinghieri giudizi critici e riconoscimenti in importanti concorsi artistici.

 

K.D.M.: Maria Jole Serreli, in sintesi direi “Anima e Materia”: che rapporto intercorre tra questi due mondi che, spesso, vengono considerati così diversi e lontani da divenire paradigmi della più netta opposizione?

Maria Jole Serreli: Per me la materia è essenziale per raccontare anima e sentimento.

 

K.D.M.: Hai iniziato molto giovane a creare, produrre qualcosa di personale traendolo dal “grezzo” della materia: quali sono stati i tuoi primi maestri e quali le tue prime sensazioni, anche a livello fisico, nel contatto coi materiali che mutavano forma?

Maria Jole Serreli: Sono cresciuta con l’arte isolana, in particolare studiando le opere di Francesco Ciusa, Costantino Nivola, Maria Lai e Pinuccio Sciola. Però, grazie anche alla loro arte mi sono avvicinata a Giò Pomodoro, Manzù, Giacometti, Carla Accardi, Pollock, EgonSchiele, Modigliani, Picasso, Piero Manzoni, Gianni Colombo. Nel 2010 ho partecipato a una Residenza artistica a San Sperate, presso la Scuola d’arte contemporanea di Pinuccio Sciola, e da quel momento considero il padre delle Pietre sonore il mio Maestro. Il contatto con la materia, fin da subito, più che fisicamente, mi ha giovato a livello mentale e spirituale.

 

K.D.M.: Per continuare e andare avanti nonostante le difficoltà che, immagino, da esordiente anche tu avrai dovuto affrontare, ci vuole più coraggio o incoscienza, quella buona, che è in fondo testardaggine o, meglio, determinazione?

Maria Jole Serreli

Maria Jole Serreli: Sicuramente l’incoscienza, perché vent’anni fa non conoscevo in maniera approfondita questo mondo e non mi chiedevo a che cosa stessi andando incontro. Non è mai stato facile, da autodidatta, raggiungere alcuni obiettivi ed entrare in determinati circuiti artistici  ed espositivi. Non avendo fatto specifici studi non ho avuto la possibilità di avere certi contatti professionali, non ho avuto professori che mi hanno aiutata a entrare nel sistema, ho dovuto, invece, fare un’altra strada, imparare e cercare il mio percorso frequentando corsi e residenze per capire come dovessi propormi in maniera autonoma. Sicuramente la determinazione mi ha guidata. Ora il problema è individuare le professionalità in grado di valorizzare il mio lavoro per poter entrare nel mercato dell’arte (anche se per me, ora, non è fondamentale).

 

K.D.M.: La tua opera ormai vasta, annovera una grande quantità di produzioni che vanno dalla scultura alla ceramica, alle installazioni, alla realizzazione di performance artistiche di notevolissimo livello, dal forte impatto visivo ed emotivo (ho ancora davanti agli occhi la tua installazione in omaggio allo scrittore Faustino Onnis, realizzata quest’anno a Selargius). A quale delle tue opere sei più affezionata e perché?

Maria Jole Serreli: Io non creo per dimostrare capacità tecniche, creare per me è un’esigenza. Così da sempre mi sento legata a qualsiasi cosa che creo. Ci sono, invece, delle opere che mi hanno dato particolare soddisfazione, perché legate a determinati contesti e situazioni; da questo punto di vista, l’Omaggio a Faustino è senza dubbio la creazione più importante che ho realizzato, proprio perché sono stata onorata dell’invito della Fondazione stessa di creare un’opera che raccontasse il poeta e che ora si trova in esposizione permanente presso la biblioteca di Selargius. Un’altra mia opera di uguale importanza si trova nel museo del minatore di Buggerru (CI); in quell’occasione mi è stato dato modo di raccontare la vita delle quattro cernitrici decedute in miniera e diventate il simbolo della comunità iglesiente.

 

K.D.M.: Da sensibile e attenta artista, ma anche un po’ artigiana e poeta, quale tu sei, scegli con molta cura i materiali delle tue creazioni. Spesso si tratta di oggetti d’uso, con un vissuto a volte lontano nel tempo. A molti di questi sei legata affettivamente. Qual è, dunque quel filo, che spesso rendi evidente e fortemente protagonista nelle tue opere, che lega materia, oggetto, storie, passato e  presente?

Maria Jole Serreli: Il filo, che per me rappresenta l’affetto, o gli affetti, o meglio spiegato con la parola pathos, è protagonista nel movimento che si rivela naturale; nell’esecuzione cerco l’armonia ritmica e melodica, è l’opera a dirmi basta. A questo punto la materia utilizzata è diventata la metafora di un ricordo, spesso un vissuto non mio ma una confidenza, un affetto tramandato, così nel mio lavoro ricordo persone che hanno segnato la mia infanzia. Legare la tela o piccoli oggetti mi permette di essere immediata: rappresento legami alle cose, ricordi! C’è chi scrive per non dimenticare, io lego oggetti per ricordare!

 

K.D.M.: Com’è nato e si è sviluppato il tuo progetto Animas?

Maria Jole Serreli

Maria Jole Serreli: Mi sono venute a mancare delle persone care, e Animas è nato per l’esigenza di continuare a sentirle vicine. Si è sviluppato, poi, in ricerca, e da questa sono scaturite quattro diverse produzioni:  la prima, Animas, è stata esposta nel 2014 a Carloforte (CI), ispirata alle reti dei pescatori; con un’opera di quella serie, Il ventre di Eva, ho vinto a Roma il III Premio al concorso “Premio Adrenalina 2014 – Il mio Paradiso”, e l’opera è stata esposta al Museo MACRO Testaccio; poi Animas – Custodi di trame, nata in Calabria e sviluppata in Sardegna, dove è stata esposta a Cagliari, allo Spazio (In)visibile di Thomas Lerner, a cura di Efisio Carbone. Grazie a questa mostra, in cui racconto l’allevamento del baco da seta e la produzione della seta in Calabria, sono stata invitata dalla curatrice Lara Caccia a partecipare al Premo Limen, dove ho vinto il secondo premio con un’installazione di m 2,80×2, ora in esposizione permanente presso il complesso del Valentianum, la sede della Camera di Comercio di Vibo Valentia. È stata poi la volta di Animas – Memory, l’omaggio al mio maestro, Pinuccio Sciola, che ho esposto alla Galleria Lo Studiolo Home Gallery di Francesca Procopio in Calabria, a cura di Lara Caccia; l’ultima è Animas – Le stanze del tempo, in concorso su Streamers, progetto del Premio Celeste; quest’ultima sarà sicuramente la fine dello sviluppo del progetto Animas.

 

K.D.M.: Hai conosciuto e frequentato grandi artisti sardi di rinomata fama; essi hanno riconosciuto in te una vena artistica d’eccezione e incoraggiata a procedere nel tuo percorso. Tra questi, in particolare il Maestro Pinuccio Sciola, da poco scomparso. Qual è il più grande insegnamento artistico che hai tratto dalla sua conoscenza e amicizia.

Maria Jole Serreli: In questi vent’anni di attività artistica ho conosciuto grandi maestri e bravi artisti. Sicuramente Sciola mi ha lasciato un insegnamento di grande importanza: lui diceva che l’artista non ha bisogno di chiedere il permesso a nessuno per creare e condividere il proprio fare. Bisogna solo trovare il coraggio di farlo senza sentirsi scoraggiati.

 

K.D.M.: Instancabile nella ricerca e nella progettualità. Hai recentemente cambiato la sede del tuo studio personale, creando nuovi ambienti con diversa spazialità creativa ed espositiva: quanto peso ha lo spazio fisico nella tua arte? Cosa hai cercato maggiormente in questa nuova location?

Maria Jole Serreli: Sì, da Terralba riprendo il mio vecchio studio a Marrubiu; ma ora gli spazi sono più ampi, un’intera abitazione che diventerà anche residenza artistica; il mio obiettivo è quello di rendere fruibile ad amici artisti questo mio spazio e continuare i miei studi e la sperimentazione con chi avrà il piacere di creare con me e per la comunità del luogo; sopratutto con i giovani artisti autodidatti come me che avranno piacere di fare questa esperienza. L’arte non è fine a se stessa, è condivisione. Per questo ritengo d’aver avuto un bravo maestro, lui mi ha spronato a portare avanti questa iniziativa.

 

K.D.M.: Credi alla collaborazione tra artisti, sia in fase creativa che di promozione, sia in ambito più ampio e generale che nella realtà sarda in particolare? Che esperienze hai avuto al riguardo?

Maria Jole Serreli

Maria Jole Serreli: Assolutamente sì. Posso farti nomi e cognomi. Tra gli artisti con i quali tutto questo è stato possibile, ho lavorato a diversi progetti itineranti con il fotografo Fabio Costantino Macis e il poeta Riccardo Mereu; per la performance, invece, con l’attrice Noemi Medas. Ora sto lavorando a un progetto che unisce marmo e filo con l’amico scultore Beppe Borella che risiede a Bergamo. Potrei citarti tanti altri nomi di importanti collaboratori e artisti che sicuramente hanno contribuito  alla mia formazione artistica, perché con loro ho fatto scuola: Renate Verbrugge, DamjanKomel, Elena Faleschini, ecc. ecc., o la forte amicizia di scambio artistico nata con artisti calabresi, uno tra tutti Giuseppe Negro. Ma anche con Maria Diana, Ilaria Margutti, con la quale, di recente, ho condiviso una mostra bi-personale a Milano, dal titolo Tessere trame, presso la Galleria Zoia di Erika Lacava. Tutti questi legami sono contraddistinti dalla grande umanità e umiltà di quelle persone.

 

K.D.M.: Quali sono i tuoi progetti artistici nell’immediato? Puoi indicarci i prossimi appuntamenti espositivi?

Maria Jole Serreli: Ora sto creando una produzione che porterò per la prima volta in una fiera. Tra pochi giorni esporrò in un importante evento d’arte contemporanea a Cortona (AR): si intitola “Art Adoption New Generation”, una mostra collettiva che si svilupperà nei locali commerciali della famosa “rugapiana” della cittadina toscana dal 17 dicembre al 10 gennaio, a cura di Massimo Magurano. Sono particolarmente attenta a questo evento perché mi è stato dato modo di esporre con grandi artisti. Questa esperienza sarà per me occasione di studio. Per quanto riguarda la Sardegna, sono felice di anticiparti che il 22 dicembre, a Cagliari, presso il Teatro delle Saline, in occasione del concerto dei grandi jazzisti Filomena Campus, Antonello Salis e Gavino Murgia, mi esibirò in una o più performance improvvisate durante la lettura di importanti testi da parte di Giacomo Casti. L’evento si intitola “Fili di Pace”. Il ricavato della vendita dei biglietti sarà interamente devoluto ai progetti di Emergency. Chi è interessato a vivere l’evento con noi può seguire la pagina di Emergency Cagliari su Facebook, dove troverà tutte le notizie relative all’acquisto dei biglietti.

 

K.D.M.: Grazie Jole!

 

Written by Katia Debora Melis

 

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