“Amore, sesso e altre questioni di politica estera” di Jesse Armstrong: da Londra alla Bosnia con umorismo
Far conciliare l’umorismo con la guerra è un qualcosa che hanno provato in molti a fare nel campo delle arti. Spesso il risultato è tragicomico a sua volta, rischiando di urtare sensibilità già messe a dura prova dai conflitti citati e che sicuramente hanno poca voglia di ridere pensando alla tragicità dei fatti vissuti.

Già dalle prime righe di “Amore, sesso e altre questioni di politica estera” (Fazi Editore) di Jesse Armstrong, sembrerebbe però di aver trovato una valida eccezione: con un humor intelligente e arguto, l’incipit di questa commedia inglese attrae incredibilmente il lettore in una storia che ben presto si mostrerà in tutta le sue sfumature. Partendo da una casa londinese dell’alta borghesia, una come tante che popolano l’universo da “Notting Hill” che ormai abbiamo imparato a sognare.
È il 1994: al centro della scena c’è Andrew, giovane muratore della provincia inglese che si ritrova a frequentare i propri coetanei dei quartieri alti, pieni di soldi e con poche idee. Se non quella, base, di cambiare il mondo: tra questi c’è la bellissima Penny, commediografa alle prime armi ma già piena di ambizioni per il futuro. Che non si limitano all’Inghilterra ma guardano molto più lontano, verso il sudest dell’Europa. Proprio laddove, in quegli anni, sta infuriando la guerra civile.
L’idea è quindi quella di partire in van e raggiungere Sarajevo, la capitale bosniaca da mesi sotto assedio e nel centro dell’inferno terrestre. Lì lei e un gruppo di amici metteranno in scena una pièce teatrale per promuovere la pace. Il protagonista farà carte false per partecipare alla spedizione, innamorato come un pesce lesso della giovane, tanto da fingere di sapere il serbo-croato. Venderebbe pure l’anima per partire con lei e, finalmente, la spedizione parte sotto gli sguardi attoniti dei genitori di Penny.
Da qui in avanti sarà tutto un susseguirsi di incontri, colpi di fortuna e, soprattutto, disgrazie che daranno di volta in volta una profonda piega nel tragitto dei nostri “eroi”. Il tutto mentre Andrew tenta maldestramente di attirare l’attenzione dell’amica, suscitando incomprensioni all’interno del gruppo e dando vita a equivoci molto spesso più deliranti e non-sense che esilaranti. Fino a quando il segreto del protagonista non verrà pietosamente svelato: da lì in poi il tragitto assumerà nuove sfumature.
Ciò che Armstrong è riuscito a creare è una commedia tutt’altro che banale, con grande senso dell’humor (molto inglese, va detto) ma che cela sotto un eccessiva propensione all’autoironia una sofisticata trama di simboli e richiami. Che si scontrano inevitabilmente con la faccia più dura della realtà, quella che nella “civile” Europa nessuno si sarebbe aspettato di trovare alle porte di casa: la guerra dell’ex Jugoslavia.

Il ’94 rappresenta comunque una fase avanzata e prossima al termine del conflitto, Slovenia e Croazia se ne sono già tirate fuori e il caos si concentra principalmente tra i vari signori della guerra locale tra Kosovo, Serbia e Bosnia. E, nonostante le scarse pretese di fedele ricostruzione storiografica-politologica, il racconto riesce a dare un quadro piuttosto netto della situazione nei Balcani occidentali a metà degli anni Novanta. Nella quale il gruppetto inglese finisce quasi senza troppo preoccuparsi della guerra “reale” e non raccontata unicamente via tv.
I personaggi che orbitano attorno ad Andrew appaiono ben presto insopportabili, insignificanti nella loro sfera di “siamo-qui-per-salvare-il-mondo” e diventano maschere grottesche di chi abbraccia bandiere e bandierine senza saperne nemmeno il reale significato. Ma l’autore non risparmia nemmeno critiche a ONU e altre organizzazioni sovranazionali che all’epoca intervenirono nel conflitto: mere comparse, destinate a sparire al primo soffio di vento.
La pecca più grande di quest’opera compare nel finale, che pare messo lì perché bisognava concludere in qualche modo il romanzo. Ma tutto il percorso prima rappresenta una narrazione intelligente che vale la pena affrontare, per rimanere intrappolati in una ragnatela dominata da allusioni e umorismo che a volte non portano da nessuna parte. Facendo però sembrare il dramma quotidiano del sentirsi inutili un po’ meno triste.
Written by Timothy Dissegna