“Il Turista” di Massimo Carlotto: cambiano le regole del gioco letterario, fra caso e caos

«L’uomo controllò che non vi fossero luci accese, e il buio e la certezza che la donna fosse sola lo eccitarono a tal punto da fargli perdere il controllo. Conosceva bene quello stato in cui razionalità e istinto di conservazione si annullavano mettendolo alla mercé del sovrano dell’universo: il caso» Massimo Carlotto, Il Turista, Rizzoli 2016

Il Turista

Il Turista“, romanzo nuovo, questo ultimo di Massimo Carlotto edito da Rizzoli. Nuovo non solo per la letterarietà che è insita nella narrazione, ma anche per la forma di sperimentalismo e di ricerca stilistica sottesa alla scrittura apparentemente piana e lineare, semplice nella costruzione e nel lessico, e tuttavia incisiva perché fuorviante.

Dietro l’apparente semplicità Carlotto rivela la natura caotica e magmatica della realtà che rappresenta, dominata dalla confusione e da rapporti e relazioni superficiali, troppo veloci, in-differenti e perciò inutili. Una realtà calata in uno spazio geografico-culturale immediatamente visualizzabile dal lettore, la città di Venezia che Carlotto conosce bene e che per questo restituisce nella forma più “incontaminata” delle calli e dei campielli noti solo ai veneziani. Campielli e calli lontani dal rumore e dalla calca della folla di turisti che consumano la vacuità delle loro esistenze nell’ammasso dei loro stessi corpi che si urtano, dei loro nasi all’insù persi nelle forme dei luoghi tipici del turismo mordi e fuggi.

Ed ecco la sfida: il turista anonimo di una folla anonima è il protagonista di un deragliamento della coscienza, non perché psicopatico serial killer innamorato della bellezza – quella delle donne che uccide e di cui analizza le borse che rappresentano ai suoi occhi alterati la porta segreta per possederle – ma perché completamente dominato dal caso che assurge a paradigma, vero motore della sua vicenda esistenziale vissuta nel gioco del travestimento, del camuffamento sempre diverso. Questo nuovo personaggio di Carlotto è di fatto privo di quella serialità che dovrebbe al contrario connotarlo, è una personalità sfuggente e camaleontica, e tuttavia sorprendentemente prevedibile.

Caso e menzogna.

Carlotto affida al caso e alla menzogna il compito di rappresentare il problema del “contenuto”, un problema che anche in questo suo ultimo lavoro è centrale e genera un cortocircuito che lascia il lettore sospeso, come sospesa è la conclusione della vicenda che non può concludere, perché lo sbilanciamento rispetto alla tradizione del noir, alla quale pure lo scrittore ci ha abituato, consiste nella ricerca di una via di fuga.

Pare anche ci sia la ricerca di una possibilità eversiva di cambiamento delle relazioni sociali che Carlotto però non riesce a ipotizzare, non vede, nella estrema banalizzazione di quelle stesse relazioni che il sistema tende a riprodurre. C’è un vuoto di consapevolezza e di coscienza critica, di analisi, per dirla in maniera sintetica, e i personaggi si muovono dentro questo paradigma fra giochi di ruolo continuamente scambiati: buoni che fanno il male per portare a termine la propria “missione” e cattivi che prestano i loro servizi ad un sistema altrettanto corrotto in nome di una “missione” alternativa, tutti sempre al margine fra legalità e illegalità.

Massimo Carlotto

Nel lucido caos generato dalle azioni mosse dal caso, fra serial killer, mercenari, sbirri, servizi segreti, fra lato oscuro ed esigenza di riscatto, Carlotto devia dalla norma e propone un personaggio al limite, disegnato per portare alla luce quello che è dentro che lo attraversa e gli dà sostanza: il commissario Pietro Sambo.

Un commissario che ha commesso un errore ed è stato rimosso dalla polizia con disonore: a Carlotto interessa cogliere, aldilà di questo errore e di questa perdita del ruolo istituzionale del suo personaggio, il mondo che gli sta attorno e le relazioni che intrattiene con la realtà che lo circonda. E qui torna il “problema del contenuto”: Pietro Sambo, veneziano, nel gioco delle parti che gli è dato di interpretare deve rappresentare antieroicamente proprio Venezia, il luogo simbolo delle contraddizioni che non si possono capire se non si cambiano le regole del gioco.

E allora le vicende si complicano, si intersecano, si raggomitolano le une sulle altre e l’apparente semplicità della forma, essa stessa, genera il caos e l’indeterminatezza. Nulla è più definibile, all’irrompere della realtà corrisponde l’irrompere dei colpi di scena, alla linearità dei personaggi disegnati a tutto tondo corrisponde l’inversione delle prospettive e dei punti di vista, alla logica delle procedure del genere corrisponde l’invadenza del caso che spinge oltre i confini del genere.

L’unica regola è il caso, l’unica azione possibile, per tutti, è dentro le maglie del caso. Carlotto ci consegna una visione lucida e disincantata, un’indagine oggettiva e spregiudicata del presente in cui s’adombra, però, al limite della menzogna e della dissimulazione, fra sospensione ed impegno, l’antica – ed anche qui non rimossa – dimensione dell’inchiesta come forma di intervento dello scrittore sulla materia trattata.

 

Written by Irene Gianeselli

 

 

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