“Topiopì” di Andrea Camilleri: una favola per festeggiare il suo novantunesimo compleanno
“I pulcini se ne stavano tutti ammassati in un lato della cesta e non smettevano di saltare uno sull’altro stringendosi tra loro sempre di più, fino a formare una massa agitata bionda-giallastra e pigolante dalla quale emergeva di tanto in tanto qualche testolina e qualche zampetta. In disparte, che li guardava un po’ stranito, ci stava un pulcino più piccolo degli altri e piuttosto spelacchiato. Forse era cosciente della sua debolezza e non osava entrare nel mucchio.”

Anche il “papà” di Montalbano è stato un bambino, e ha voluto festeggiare i suoi novantuno anni – compiuti lo scorso 6 settembre – con una favola dal sapore antico, che con la memoria ci porta a quando eravamo bambini e trascorrevamo le vacanze estive dai nonni.
Andrea Camilleri, in “Topiopì” (Mondadori, settembre 2016), rievoca la sua infanzia, con i colori e i profumi della sua Sicilia, ed in particolare la bella amicizia che si sviluppa fra un bambino – Nenè, alter ego di Andrea – e il pulcino Piopì.
“Questa non è una favola ma una storia vera”, esordisce l’autore. E infatti, nelle parole di questo breve testo, illustrato dalle colorate immagini di Giulia Orecchia, quasi fossero anziché dipinte intagliate nella stoffa, si sente tutto l’affetto per quei fatti lontani nel tempo, che non mancano di rinnovare un’emozione.
Nenè va alle scuole elementari, ed è solito trascorrere le vacanze estive dai nonni, in campagna. Qui, adora accompagnare la contadina Rosalia che, di buon mattino, si reca a dar da mangiare agli animali. Sono i tempi in cui non c’è ancora l’elettricità e la notte i nonni accompagnano i nipoti nella loro stanza con la sola luce di un lume.
Giornate trascorse ad arrampicarsi sugli alberi, a mangiare albicocche e ciliegie; a rincorrere lucertole o bisce – per i più coraggiosi. Un giorno, Nenè scorge nella cesta dei pulcini, un piccolo batuffolo giallo, solo e spelacchiato. Piopì, così come il bambino lo chiama all’inizio, si mette immediatamente a seguirlo dappertutto, tanto che il “padroncino” chiede alla nonna il permesso di portarlo nella sua stanza.
Sarà l’esordio di uno stretto legame fra i due, fino a quando un incidente domestico, occorso all’interno del “baglio” – ampio cortile circondato da mura – ad opera di un asino, involontariamente, causa una menomazione al pulcino. Nenè e lo zio Massimo faranno di tutto perché l’animale possa ovviare alla sua menomazione, e crescere spensierato accanto al bambino.

“E come avrei fatto io, senza il mio Piopì?” si chiede, infatti, quest’ultimo. Piopì, dal rumore che può fare una piccola protesi di legno, da quel giorno viene nominato “Topiopì”, mentre la storia suggella uno dei legami più importanti che possano esserci. Quello fra un bambino ed il suo animaletto domestico, perché quando si è piccoli tutto è più puro, e gli eventi si vivono in maniera totalizzante.
Come Andrea Camilleri, personalmente ancora ricordo gli animali che hanno avuto un ruolo importante nella mia infanzia. Chi per anni, chi anche solo per poche ore. Ma hanno contribuito alla mia crescita, alla mia felicità e al tempo stesso alla mia disperazione.
E come me, credo sia per ognuno di voi. Benvenuto quindi, questo nuovo racconto di Andrea Camilleri. Se leggerlo, fa scaturire in noi la nostra parte più umana. Quella che non muore mai, ma rimane racchiusa in un angolo segreto fino a quando un ricordo non la porta in superficie.
Written by Cristina Biolcati