Greg Gibbs: il nuovo che avanza, rock e poesia in una fusione perfetta

Greg Gibbs è americano. Greg Gibbs è nato a Roswell – New Mexico. Greg Gibbs è un genio. O un pazzo, a seconda di alcuni. Polistrumentista, Gibbs sa coniugare generi musicali apparentemente inconciliabili dando vita a piccoli capolavori.

Greg Gibbs

Con ben 6 dischi all’attivo (“Infinite Lute Presents Greg Gibbs”, “The Lights “, “Raincoat”, “Hemogloblin”, “Scary Spider”, “The Glow of Love” registrati dal 2012 ad oggi) e vari mini album, l’artista made in USA è, nel continente nuovo, abbastanza conosciuto.

Da noi arriva grazie a Soundcloud ed al suo sito dove è possibile acquistare i cd in formato liquido. Siti, i due nominati in precedenza, dove possiamo reperire ed ascoltare i suoi maggiori successi come “Facing The Tree – preziosa la versione semi acustica del brano -, o la melodica rockeggiante “The Least I Could Do“.

Pezzi dalle sonorità mai eccessive, difficili da catalogare in un unico genere, quelli di Greg, che sa farci sognare, trascinandoci in un universo fatto di amore, passione, sentimenti e… cibo. Non poche sono, infatti, le ironiche composizioni presenti nel suo repertorio, dedicate a cibo prettamente americano (Chips and salsa“, “Carne en su Jugo“, “You don’t know what i like on my pizza” su tutte).

Repertorio che conta principalmente composizioni originali e pochissime cover (forse la più famosa è quella che omaggia Luther Vandross “Never too much”, suonata all’Illinois Lottery Sound Stage durante il Taste of Chicago nel 2008).

Mr Gibbs sa trattare argomenti seri con ironia tagliente e mai sopra le righe (“Missing – Sarah Palin has an imaginary friend” “Give a Shit” “Take it to the bank Frank” “Rollin’ like a buddy”) e prendere icone USA, poetizzandovi – o smitizzandole, se è il caso – sopra, tanto da dedicare loro un’intera composizione (vedasi la preziosa “Raincoat“, ad esempio).

Pezzi ironici, si diceva – su tutti la rude “Petrified Rock“, la beffarda “Shark food” e la folle “Paininmyhead – o la melodica e sognante “The Universe is fine“. Altri brani importanti sono “Wasted Plans” e “Paint the walls” che sembrano usciti direttamente dalla colonna sonora di un film di Apatow o di Linklater, come l’altrettanto piacevole “2 Come Undone“, dal ritmo quasi spagnoleggiante.

Greg Gibbs

Da segnalare anche la “beatlasiana” “More Guitars Are Made of Tree“: in questo pezzo, sonorità vecchie e nuove si mixano alla perfezione, dando vita ad un brano senza tempo che entra dentro e batte nel petto dell’ascoltatore con passione e vigore.

Ascoltatore che difficilmente vorrà lasciarlo andare via… Last but not least: ascoltate la versione acustica de “1+0=10 ad occhi chiusi. Provate l’emozione ad ogni scorrere delle dita sulle corde. Vibrate con esse. Lasciatevi andare e sognate. Vivete le parole del testo.

Non meno bella la versione – parzialmente improvvisata – della stessa, riproposta assieme al gruppo dei Lizards of Seitan in un arrangiamento particolarmente azzeccato e vibrante. Tutti i brani sono composti e suonati interamente da Greg in persona. Piccoli capolavori made in USA. La (buona) musica non è morta: grazie Greg!

P.S.: “I don’t mind” è una piccola perla rara… da ascoltare e riascoltare all’infinito in un loop di quiete, pace e brividi. Così come “Do not believe a thing” dal testo irriverente e potente: in una parola… dopo il primo ascolto sfido chiunque a fare a meno di Gibbs!

 

Written by Stefano Labbia

 

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